Capitolo 12

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Ancora udii quel frusciare di foglie, poi, sentii una presenza alle mie spalle. Mi stavo quasi per voltare, quando due mani guantate mi afferrarono e una mi tappò la bocca. Cominciai subito a scalciare e a dimenarmi, ma sembrava più forte di me e non riuscivo a liberarmi da quella ferrea presa.


Fui trascinata fino a bordi del sentiero, dietro un albero.

«Ssssshhhh!» sibilò una voce al mio orecchio. Continuai a scalciare, cercando di liberarmi da quella presa.

«Sta t-tranquilla.» sentii una voce parlare vicino al mio orecchio. «Non urlare.» disse, poi allentò la presa su di me, permettendomi di liberarmi. Mi voltai di scatto e sgranai gli occhi, stupita, di trovarmi di fronte allo stesso ragazzo che mi aveva aggredita meno di due giorni fa, nel bosco.

Avrei voluto dire qualcosa, ma la voce mi era rimasta intrappolata tra le corde vocali. Poi, rabbrividì nell'istante in cui vidi le due accette, sporche di sangue rattrappito, ancorate alla cintura dei suoi jeans.



[Toby's P.O.V.]

Nei suoi occhi potevo leggere il terrore che aveva di me. La cosa mi urtava in qualche modo, perché non avevo la minima intenzione di farle del male. Beh, forse dovevo solo cambiare il mio approcio.

«Non ho intenzione di farti del male.» dissi in tono tranquillo e sollevando entrambe le mani. Si stava avvicinando troppo al nostro territorio di caccia e volevo solo riportarla indietro, in un posto più sicuro.

«Che cosa hai fatto a Ethan?» domandò con la voce spezzata dalle lacrime. Probabilmente, si stava riferendo a quel bambino...

Scossi con la testa per dire di 'no' e allo stesso tempo, un tic al collo mi tradii. Dannazione alla mia stupida sindrome di Tourette!

I suoi occhi verdi erano diventati blocchi di grigia cenere e qualche ciocca bionda le era sfuggita dalla coda in cui erano stati legati. Sembrava di avere la fotografia di Lyra di fronte agli occhi e questo, mi stava facendo tornare in mente tutti i belli e brutti ricordi del passato che avevo cercato di cancellare.

«N-non puoi stare qui». Dissi con voce più o meno decisa.

«Non posso andarmene... io devo trovarlo, capisci?» e detto questo, rimase davanti a me per qualche secondo, forse, aspettando che le dicessi qualcosa; ma quando si accorse che non avrei detto nulla, provò a superarmi.

Avanzò qualche passo, prima che io le bloccassi la strada col braccio.

«Non andare avanti». Questa volta, ero stato ancora più deciso.

«Devo trovarlo...» disse lei, quasi con un filo di voce «... lui è importante per me».

E mentre nella mia testa avevo iniziato a chiedermi perché quel moccioso fosse tanto importante per lei, avevo cominciato a sentire qualcosa lacerarmi dall'interno. Che cos'era? Che cosa mi stava succedendo?

- CROCK! -

Un tic nervoso mi fece scrocchiare il collo in una maniera inquietante, tanto che lei sobbalzò indietro per lo spavento. Mi afferrai la testa con entrambe le mani e feci di nuovo scrocchiare il collo dall'altra parte.

- CRACK! -

«Stai bene?» domandò lei.

«S-sì.» balbettai.

Poi, quando realizzai che mi aveva appena fatto una domanda che non mi sarei dovuto aspettare, men che meno da una persona che avevo tentato di uccidere, rimasi sorpreso e sentii ancora quella sensazione al petto.

La stessa che avevo provato l'ultima sera che avevo lasciato casa sua.

Era...

Nostalgia.


«Ti aiuterò». Dissi alla fine, anche se non mi stavo rendendo conto di quello che avevo appena detto.

Lei si illuminò quando le dissi così e... ormai, sentivo che non potevo più tornare indietro, anche se, sapevo bene che ci sarebbero state delle conseguenze e giuro, che l'ultima cosa che volevo, era coinvolgerla.

Sono stato un'incosciente.


Emily's P.O.V.

Il ragazzo si voltò di spalle e iniziò a procedere lungo un sentiero immaginario, che ovviamente solo lui conosceva. Rimasimo in silenzio per diverso tempo e anche se non era il momento migliore per una conversazione, sentivo il bisogno di fargli qualche domanda, anche solo per allentare la tensione.

Alla fine, presi coraggio e mi buttai.

«Come ti chiami?». Chiesi, un po' incerta se mi avrebbe risposto o meno.

«Tobias, ma preferisco solo Toby».

Finalmente il ragazzo con le accette aveva un nome.

«Quanti anni hai?» Lui ci pensò un po', prima di darmi la risposta.

«Adesso... ne ho ventitre».

«Tu... non sei finlandese, vero?». Domandai, dal momento che avevo notato uno strano accento nella sua lingua.

«Sono americano».

«Parli molto bene la mia lingua, dove l'hai studiata?»

Passò ancora più tempo prima di darmi una risposta.

«L'ho studiata al college». Notai che ebbe una leggera contrazione alla spalla e mi diede come l'impressione che mi stesse nascondendo qualcosa.

Neanch'io davo molta confidenza agli estranei, ma non mi sembrava una domanda su cui ci fosse bisogno di mentire...

«E tu?» ribatté Toby, con mia sorpresa. Mi sentii cadere dalle nuvole.

«Io cosa?»

«Qual è il tuo nome? Quanti anni hai?»

«Oh! Emily e ho diciassette anni».

In quel momento, lo stavo guardando in viso o quel poco di viso che potevo vedere, dato che il resto era coperto dalla maschera e dagli occhialetti arancioni. Mi sembrò di vederlo abozzare un sorriso.

Un attimo dopo, si fermò.

Alzai lo sguardo e notai che eravamo finiti davanti a una larga radura, al centro della quale, c'era qualcosa.

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