Capitolo 11

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Alle sette di mattina mi alzai dal letto e scesi di sotto a fare colazione.

Trovai un biglietto attaccato al frigo, su cui era stato scritto: "Scusami tesoro, dopo il lavoro devo passare dall'avvocato e tornerò più tardi del solito. Ci vediamo stasera, mamma."

Sbuffai. Proprio nel momento in cui avevo bisogno della compagnia di qualcuno, tutti si erano dileguati nel nulla.

Presi la mia ciotola e ci versai dentro latte e cereali, poi andai a fare colazione davanti alla tv. Quando la accesi, stavano dando il notiziario e parlavano dello strano fenomeno che stava facendo impazzire tutte le radio della regione. Sembrava che delle cacchio di onde elettromagnetiche stessero creando interferenze con tutte le stazioni radio. La gente del posto si lamentava con i giornalisti di non poter più ascoltare la radio.

- Pppf! Così la gente imparerà a usare i lettori cd. - pensai, cambiando canale. Passai da un canale all'altro, notando che in tutti i telegiornali stavano dando la stessa notizia. Alla fine, riuscii a trovare un canale su cui stava andando in onda Adventure Time.

Sulle nove di mattina, quando ero ancora davanti alla tv a guardare i cartoni animati su Nickelodeon, il telefono di casa squillò. Alzai la cornetta e risposi.

«Pronto?»

Dall'altra parte non sentii alcuna voce. Rimasi un po' in attesa, finché non udii una specie di ronzio. Sembrava il rumore di una tv che veniva lasciata sullo statico.

«Pronto!?» ripetei, e questa volta, oltre al ronzio, riuscii a sentire una voce ovattata.

«Non la sento bene, provi a richiamare in un altro momento.» dissi, poi buttai giù la cornetta leggermente turbata. Tornai a sedermi sul divano, quando il mio cellulare iniziò a squillare.

- Merda, l'ho lasciato di sopra... - pensai scocciata, iniziando a salire le scale per andare in camera mia. Quando entrai nella mia stanza trovai la finestra spalancata. Questa volta, però, non mi allarmai. Fuori stava tirando vento e la mia vecchia finestra, poteva essersi spalancata a causa di questo motivo o almeno, io così speravo...

La richiusi, prima di afferrare il telefono che avevo lasciato sulla mensola e rispondere.

«Pronto?»

«Ciao Emily , sono David.» disse il padre di Ehan trafelato «Senti, volevo sapere se Ethan è da te.» domandò.

«No...» risposi «Perché? È successo qualcosa?»

«Non riusciamo più a trovarlo!»

«Avete guardato in giardino o dai vicini?»

«Stiamo setacciando il quartiere, ma ancora non lo troviamo.»

«Vengo ad aiutarvi!»

«Grazie.»

Riattaccai il telefono e corsi a vestirmi. Indossai le prime cose che mi capitarono sotto mano dall'armadio e presi la mia borsa, poi mi precipitai di volata giù per le scale e uscii di casa.

Corsi più veloce che potei fino alla casa di Ethan e trovai i suoi genitori per strada, che stavano chiamando a squarciagola loro figlio.

«Emily! Grazie di essere venuta!» disse Amelia, non appena mi vide.

«Dove non avete ancora cercato?» domandai svelta.

«I vicini stanno finendo di setacciare il quartiere e in tanto stanno avvisando tutti di chiamarci se qualcuno lo ritrova. Forse, è il caso che andiamo a controllare anche nei boschi qui attorno.»

«Dovremo dividerci... » Amelia mi guardò con gli occhi gonfi dalle lacrime e David annuì. C'erano almeno una dozzina di sentieri che si districavano nei boschi e avremmo impiegato il doppio del tempo se fossimo andati in gruppo.

«Io inizierò dal sentiero dietro casa mia e poi proseguirò verso ovest.» dissi, dopodichè iniziai ad avviarmi, quando sentii una mano sulla spalla frenarmi.

«Hai ragione Emily, ma tu sei ancora minorenne e non posso permettermi che ti succeda qualcosa. Verrò con te.» disse David.

«Io andrò a cercare dalla parte opposta.» disse Amelia, iniziando ad avviarsi.

Non dissi nulla e in silenzio, io e il padre di Ethan, ci dirigemmo verso casa mia. In quel momento, sentii alcune lacrime iniziare a bruciarmi gli occhi. Ero in pensiero per lui e con tutto quello che avevo passato negli ultimi giorni, non potevo che sentirmi in tensione. E se fosse stato rapito? Magari dal mio stesso aggressore? No, non era possibile... lui mi aveva salvata ed ero sicura che fosse una persona buona. Perché mai avrebbe dovuto rapire un bambino di sette anni?

Ethan... mi resi conto in quel momento di quanto fosse stato importante per me. Avevamo giocato, cucinato, chiacchierato, scherzato e dormito insieme... dopo così tanto tempo trascorso insieme, non lo sentivo più come un estraneo, ma lo vedevo più come una sorta di fratellino piccolo. Qualcuno da proteggere, qualcuno a cui insegnare, qualcuno a cui voler bene.

Fu troppo tardi quando mi accorsi che stavo piangendo come una fontana e David, lo aveva notato. Non disse nulla, semplicemente mi diede una pacca di incoraggiamento sulla spalla.

Superammo la staccionata di casa mia e ci avviammo lungo il sentiero che si inoltrava nel bosco per miglia e miglia, continuando a chiamare il suo nome a gran voce. Dopo quasi un'ora di cammino, oltrepassammo la baracca di legno e continuammo per altre due miglia, finché non arrivvammo a un bivio. Non ero mai arrivata fino a questo punto.

«Penso che dovremo dividerci» suggerii a David.

Lui ricambiò il mio sguardo e poi, sospirando, disse: «D'accordo, ma tra mezzora voglio che ci incontriamo di nuovo qui al bivio, per tornare indietro insieme».

Annuii e poi, ognuno scelse una strada e continuai da sola lungo il sentiero.

Evidentemente, avevo scelto il sentiero a destra, il meno battuto, perché la vetegazione aveva strozzato la strada e numerose erbacce erano cresciute sul terreno. Continuai per diversi metri, finché non trovai delle impronte sul fango. Erano le impronte di una piccola scarpa da ginnastica.

Il mio cuore perse un battito. - Ethan! - pensai, continuando a camminare e cercando altre tracce. D'un tratto, affianco all'impronta del bambino, ne trovai un'altra, più grande della sua. Sembrava che Ethan avesse camminato nel bosco insieme a qualcuno. Il cuore prese a martellarmi nel petto e io, iniziai a correre, addentrandomi sempre di più in quella fitta vegetazione.

«Ethan!» gridai il suo nome, sperando di sentirmi rispondere dalla sua voce.

Sentii un frusciare di foglie. «Ethan!?» mi guardai intorno, ma non vidi nulla.

Ancora udii quel frusciare di foglie, poi, sentii una presenza alle mie spalle. Mi stavo quasi per voltare, quando due mani guantate mi afferrarono e una mi tappò la bocca.

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