7. ASHLEY

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Mi sono rinchiusa in camera mia dopo l'episodio del raviolo killer, cercando di non sprofondare nella vergogna assoluta.

Voglio dire, davvero? C'è chi rischia la vita lanciandosi da un aereo o scalando montagne, e poi ci sono io, che quasi muoio soffocata da un gyoza giapponese. Ma che storia assurda sarebbe stata per l'epitaffio?

Mi lascio cadere sul letto, affondando la faccia nel cuscino. Avrei voluto che la terra si aprisse e mi inghiottisse proprio lì, in quel momento. Perché, insomma, non è che Keith fosse stato proprio l'uomo più gentile del mondo durante la serata, ma non avrei mai voluto che mi ricordasse come la ragazza che ha quasi tirato le cuoia a cena.

E poi, quando mi ha presa fra le sue braccia... magari in altre circostanze l'avrei gradito di più, ma con me che tossivo come un tricheco in agonia invece? Ottimo lavoro, Ashley, davvero fantastico.

Ecco il problema: ho quasi visto tutta la mia vita passarmi davanti agli occhi. Peccato che sia durata tipo due secondi. Mi sono resa conto di quanto poco materiale ci fosse.

Non posso morire così, ho pensato in quel momento di puro panico. Mi sono immaginata al mio funerale – tutti i miei amici, la mia famiglia, lì seduti, chiedendosi perché la mia lapide dicesse qualcosa come: "Morta tragicamente per un raviolo malefico." Non è esattamente quello che intendo per un'uscita di scena epica.

Scherzi a parte, c'era un istante lì, mentre lottavo per respirare, in cui ho davvero provato una paura folle. Non tanto la paura di morire, ma quella di non aver ancora vissuto. E non parlo solo di cose banali come andare a Parigi o baciare uno sconosciuto sotto la pioggia – anche se, certo, quelle cose le voglio fare. Ma mi riferisco ai miei veri sogni. Diventare una sceneggiatrice famosa, vivere di cinema, esplorare le mie idee più folli e, sì, scrivere storie a luci rosse che facciano arrossire chiunque le legga. Come potevo lasciarmi tutto questo alle spalle così, senza nemmeno una possibilità di provarci davvero?

Mi giro nel letto, fissando il soffitto. Certo, finora la mia vita non è stata proprio un film d'azione, ma almeno ora sono a Los Angeles. Ho lasciato Maysville, ho cominciato l'università e sto cercando di realizzare i miei sogni. Non posso morire soffocata da un raviolo senza aver scritto almeno un blockbuster o senza aver vissuto un po' di più.

Alla fine, l'unica cosa che posso fare è cercare di non pensarci troppo. Ma adesso, forse è meglio evitare i ravioli per un po'.

Qualcuno bussa alla porta riscuotendomi dai miei pensieri. Attendo qualche secondo e poi riconosco la voce incerta di Keith che mi chiede se può entrare.

Rimango immobile, il cuore che batte un po' troppo veloce. La mia mente va in tilt. Per un attimo il silenzio è totale, tranne per il mio respiro che sembra essere improvvisamente troppo rumoroso. Perché vuole entrare? Perché proprio ora?

Non bastava la figuraccia col raviolo, ora devo pure affrontare Keith faccia a faccia, dopo che ha praticamente passato tutta la sera a evitarmi e lanciarmi occhiate come se fossi una fastidiosa mosca da scacciare?

Non mi muovo di un millimetro. Forse, se resto immobile abbastanza a lungo, penserà che sono svenuta o, meglio ancora, che sono già morta di vergogna.

Mentre cerco di decidere il da farsi, il mio cervello inizia a rimescolare tutti i pensieri confusi su di lui.

A quella maledetta festa, qualche giorno fa, l'ho praticamente assalito. Okay, forse ero un po' troppo diretta, ma non pensavo di essere tanto insopportabile da fargli desiderare di non vedermi mai più.

Durante la cena, sembrava quasi scocciato di essere lì. Larry, tutto entusiasta di flirtare con Lynn, e Keith... be', Keith sembrava voler scappare dall'appartamento il più in fretta possibile. È ovvio che non voleva essere qui stasera. Larry l'ha costretto. Si vedeva da come cercava di non incrociare mai il mio sguardo.

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