12. ASHLEY

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Forse sono davvero una ragazza squilibrata, o forse sono talmente attratta da Keith che non m'importa di apparire spudorata ed eccentrica.

Ho colto la palla al balzo quando mi ha chiesto di mostrargli un'anteprima delle mie storie piccanti, e quale modo migliore di farlo se non dar vita direttamente a una delle sceneggiature recenti a cui ho lavorato?

È come se qualcosa nella mia testa avesse fatto clic, quindi non potevo semplicemente mandargli un file Word e dirgli "leggi e fammi sapere se ti piace". No, non sarebbe stato abbastanza. Dovevo dargli un'esperienza, qualcosa che lo facesse entrare nel mio mondo folle e assurdo.

Ovviamente non sarà un'interpretazione letterale – non sono così pazza – ma qualcosa di vagamente simile.

Non ho nemmeno avuto il tempo di pensare troppo all'outfit. Ho arraffato quello che ho trovato nell'armadio: un vestitino nero che non indossavo da secoli, con una scollatura davanti non troppo audace ma abbastanza da darmi quella sicurezza che stasera servirà. Ai piedi un paio di sandali con tacco medio, giusto per sembrare un po' più alta e, si spera, più slanciata.

Non sono certamente uscita da una copertina di Vogue, ma funziona. Almeno, è quello che mi è parso di capire dallo sguardo entusiasta di Keith. Finalmente mi vede con qualcosa di decente addosso.

Keith parcheggia la sua Ford Mustang vicino il locale dove abbiamo deciso di passare la serata, e quando scendo dall'auto, mi premuro di non sbattere troppo forte la portiera per non causargli un infarto, visto che durante l'intero tragitto mi ha chiesto di rimanere immobile sul sedile e non toccare nulla all'interno dell'abitacolo.

Ho dedotto che Keith dev'essere uno di quei ragazzi che tengono alla propria auto più di qualunque altra cosa o persona. Ma devo anche ammettere che la sua ossessione è in parte comprensibile, considerando il gioiello prezioso che guida, dalla scintillante carrozzeria blu con strisce bianche sul cofano anteriore.

«Non riesco a credere che sto andando in discoteca», dice Keith mentre ci avviamo verso il locale, un palazzo alto in mattoni fiancheggiato da altri numerosi ritrovi per giovani.

«Perché?» Domando aggrappandomi al suo braccio per non inciampare. Questa è forse la terza volta che indosso i tacchi in tutta la mia vita, e anche se sono bassi, li trovo comunque scomodi.

Keith mi sorregge senza problemi, restando al mio passo e ridacchiando per la mia goffaggine. «Credo di essere ormai vecchio per questo tipo di serate», afferma e io lo guardo sbigottita.

«Hai quarant'anni per caso?»

«No, ventisette».

«Ma dai! E pensi di essere già vecchio?» Lo punzecchio contrariata. «Preferisci forse una serata di bingo?»

«Quasi, quasi», ribadisce in tono canzonatorio. «Comunque dico sul serio, non vado in una discoteca da un po' e sinceramente non mi manca».

«Come sei noioso!», lo addito mentre attraversiamo la strada trafficata e ci immettiamo sul marciapiede del locale, gremito di gente che attende di entrare. «Per me, invece, è la prima volta».

«Non è comune ballare nel Kentucky?» Mi prende in giro.

«A Maysville si balla soltanto durante le feste di paese, e di certo non ci è permesso ubriacarci con il vino e strusciarci addosso al parroco».

Keith mi scocca un'occhiata sbalordita, trattenendo una risata beffarda tra le labbra serrata. «Ashley, più parliamo e più mi viene voglia venirti a trovare a Maysville», dichiara guardandomi e io inciampo ufficialmente in un tombino.

***

Più tardi, quando riusciamo finalmente a entrare nel locale grazie alle conoscenze di Keith, ho la caviglia leggermente dolorante per la caduta, ma riesco a riprendermi abbastanza in fretta nel momento in cui mi fermo ad ammirare la discoteca trendy a bocca aperta.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 25 ⏰

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