Capitolo 26

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Mi svegliai e non vidi Antonio nel letto ma, posto suo, vidi un vassoio con una spremuta d'arancia, un croissant, un tovagliolo su cui è appuggiata una rosa rossa e un biglietto.

Grazie per tutto. Ti amo
Antonio

Ho già detto quanto lo amo? Beh, lo dico. Lo amo con tutta me stessa e solamente ora sono riuscita a capirlo. Direi che il mio tempismo fa veramente pietà.

Inizio a mangiare la mia colazione, mentre Antonio entra nella stanza, con solo l'asciugamano per coprire le parti intime.

Santo Cielo! È perfetto! La cosa più bella che abbia mai visto.
Noto che ha un tataggio sulla spalla  e sono curiosa.

"Che cosa hai tatuato sulla spalla?" domando al Detective, che si siede accanto a me per mostrarmi il tatuaggio.

"È il viso di mio figlio Diego da piccolo" mi dice, indicando il disegno.

"È bellissimo" dico riferendomi al tatuaggio, ma in testa mia è riferito ad Antonio.

"Tu sei bellissima" mi dice, dandomi un bacio molto appassionato, finendo sdraiati sul letto come la sera prima, ma suona il campanello.

"Vado io amore. Stai tranquilla. Non saranno i tuoi genitori. Sono ancora a Indianapolis, vero?" domanda Antonio abbastanza preoccupato.

"Certo. Rimangono là fino al 3 Gennaio. A meno che non si sveglino dicendo di voler ritornare qui" dico io, preoccupata come non mai.

Antonio si alza e, intanto, vado a farmi una bella doccia calda.

Si apre la porta e sento una voce familiare.

"Amore! Siamo tornati!"
Sono tornati a casa prima del previsto. Esco dalla doccia e mi metto la prima maglietta che trovo e vedo il telefono. Dieci chiamate perse da 'Mamma' e cinque da 'Annabeth'.

Porca miseria! Mi avevano chiamata per avvertire e io non ho risposto?

Vado verso la porta e intravedo Antonio, mezzo nudo, davanti a mio padre, con una faccia che non gli ho mai visto addosso.

"Valerie Jane Hopkins! Vieni qua immediatamente! Lei, Detective, è meglio che si vesta. Il mio livello di sopportazione è sottoterra" urla mio padre, arrabbiato nero.

Arrivo in salotto, come se dovessi andare al patibolo.

Mi siedo e silenzio tombale. Non una parola. Sono sguardi. Sguardi di rabbia e delusione da parte dei miei, stupidi da mia sorella e di vergogna da parte mia.
Antonio entra lentamente in salotto e si siede accanto a me, davanti al plotone di esecuzione, formato da mio padre e mia madre.

"Annabeth vai in camera tua" dice mio papà, indicando il corridoio.

Ora fissa me, poi Antonio.
Ecco che ora viene fuori il suo animo da Agente della Narcotici, e vedo visibilmente preoccupato Antonio.

Gli prendo la mano, così per tranquillizzarlo, ma le mie mani tremano come un terremoto.

"Qualcuno vuole iniziare a parlare o devo cominciare io?" domanda mio papà seccato.

"Signor Hopkins" incomincia Antonio, guardando fisso mio padre negli occhi, come un vero Detective "io e sua figlia ci amiamo. Certo, forse non sono il ragazzo perfetto per lei" dice, ma viene interrotto da mio padre.

"So per chi lavori. Il tuo amato Sergente ha dei metodi discutibili, lo so perché ci ho lavorato insieme. Chi mi dice che, quando tornerai a casa, non te la prenderai con lei?" domanda mio padre, e io stento a credere che abbia dato del violento a Dawson.

"Guardi che io non sono violento. Non picchiarei una donna nemmeno sotto costrizione. Voight sarà si una persona discutibile sul lavoro,  ma io non sono lui, perciò è inutile che paragoni quelli della sua squadra a lui. Amo sua figlia e, nonostante io sia separato, con figli e molto più grande di lei, starò con lei perché è ciò che voglio e se lei e sua moglie vi opporrete, farò di tutto per stare con lei e nessuno mi fermerà" dice Antonio, molto deciso e convinto, stringendomi la mano.

Mio padre sembra molto irritato e oltraggiato per come ha risposto il Detective e si alza in piedi. Così fa anche Antonio.

Io e mia madre ci alziamo per tenerli tranquilli e mio padre indica la porta.

"È meglio che vada Detective" dice, con tono molto arrabbiato, facendo sentire che l'atteggiamento si Antonio lo ha offeso.

"Ora vado" dice, andando verso la porta. Io lo seguo e lo accompagno alla macchina.

"Ci sentiamo dopo" dico io, baciandolo.

"Ok" ribatte, e parte con la macchina.
M

i sembrava un po' distante. Non era come prima, metri faceva il discorso. Era come se si fosse spento.

Salgo le scale, con la rabbia che sale ad ogni scalino che faccio, entro in casa, sbattendo la porta.

"Ma ti rendi conto di ciò che ti è uscito dalla bocca? Ti rendi conto come l'hai trattato? Ti sembra il modo? Se abbastanza grande da capire che non ci si comporta così, ma come persone civili. Mi fai schifo" urlo a mio padre con le lacrime che mi rigano le guance.
Corro in camera e mi tuffo nel letto, con la testa sotto il cuscino per poter piangere in santa pace.

"Posso entrare?" dice la mia sorellina, entrando in camera con un passo leggiadro, tipico da ballerina.

"Lasciami stare! Voglio stare sola!" dico piangendo e guardando mia sorella negli occhi.

Si sdraia accanto a me  e mi abbraccia.

"Papà è così. Non accetta il fatto che qualcuno ti possa portare via da lui e quindi reagisce così perché non accetta che tu possa essere anche di un altro e non la sua piccola bambina che  a dieci anni di divertiva con le pistole d'acqua e cadeva dalla bici. Lui non accetta il fatto che tu possa crescere" mi dice mia sorella, asciugandomi le lacrime.

Come può una ragazzina della sua età fare questi discorsi così maturi e pieni di significato così?

"Grazie Annabeth. Ora vado a parlargli" dico ma, non faccio in tempo che entra mio padre in camera mia, a testa bassa come se sapesse già che ha sbagliato.

"Vi lascio soli" dice mia sorella, uscendo dalla camera.

"Mi dispiace Val per come mi sono comportato con Dawson. Mi sono sentito minacciato, come quando qualcuno ti porta via qualcuno a cui vuoi bene, e ho agito come facevo alla Narcotici, ma ho sbagliato. Digli che mi dispiace" mi dice, abbracciandomi, e poi continua "mi piace come persona. Sembra un bravo ragazzo che saprà al meglio come proteggerti e volerti bene. Se devo dirlo, quando hai portato Sean non mi è sembrato così".

"Glielo dirai tu. Ora penso sia al lavoro, prova a chiamare questo numero" dico io, dando il biglietto con il numero dell'unità di Intelligence.

Prende il telefono e digita il numero.

CHICAGO || #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora