Capitolo 1: una lettera di speranza

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"Questa fortuna, come la chiami te, preferisco lasciarla alle sue spasimanti!", dichiarò Evelyn alzandosi. "Si è fatto tardi...devo andare a casa. Ci vediamo domani!”, e così dicendo se ne andò. Kaytria guardò allibita l'amica andarsene via, agitando la mano in segno di saluto, e quando Evelyn era ormai lontana, mormorò con un tono di resa, "E' proprio senza speranza!".
Evelyn stava percorrendo le stradine affollate di gente indaffarata, quando in lontananza notò una chioma dorata inconfondibile dell'unica persona sulla faccia di Arda per la quale provava una repulsione tale da farle venire la nausea: Jago!
La ragazza d'istinto abbassò la testa e, nascondendosi in mezzo alla folla, riuscì a raggiungere il porticato che fiancheggiava la strada e a nascondersi dietro una colonna. A quel punto, Evelyn si sporse leggermente per controllare i movimenti del “nemico” e si accorse che la direzione presa da Jago non era verso la piazza dove si stava svolgendo il mercato, ma verso casa sua; un atroce dubbio attanagliò la sua mente. Non starà andando a casa mia?! E poi perché?, pensò preoccupata la ragazza.
Senza ulteriori indugi, Evelyn si rimise in cammino mantenendo una debita distanza da Jago, ma tale da permetterle di tenerlo d’occhio, approfittando anche della folla che riempiva le strade per celarsi alla vista del ragazzo; man mano che percorreva la strada il suo dubbio prendeva sempre più forma fino a diventare certezza, con suo rammarico, quando vide Jago di fronte al portone di casa sua.
Il ragazzo bussò e poco dopo gli venne aperto e venne fatto accomodare. Evelyn attese qualche minuto e poi si avviò quatta quatta verso il retro della casa, passando per un viottolo laterale che conduceva alla porta di servizio. Bussò e subito dopo si aprì la porta sulla cui soglia vi era un uomo di mezza età con folti capelli e barba brizzolati. L’uomo guardò sorpreso la ragazza ed esclamò, “Signorina Evelyn! Ma cosa ci fate qui?”. “Daron, abbassa la voce! Non voglio si sappia che sono qui”, lo reguardì Evelyn mentre si apprestava ad entrare. Dopo essere entrata, la ragazza si guardò intorno constatando che erano presenti due delle domestiche intente a preparare la cena; le due donne, vedendo Evelyn, fecero una riverenza alla quale la ragazza rispose con un sorriso.
“Signorina, poco fa è arrivato il signor Jago e ora si trova in salotto con i vostri genitori”, la informò Daron. “È proprio per questo motivo che sono entrata da qui. Non voglio assolutamente vedere Jago e non voglio che lui mi veda”, rispose Evelyn sommessamente.
L’uomo scosse la testa abbozzando un sorriso e dichiarò, “Non le va per niente a genio quel ragazzo?!”. In tutta risposta, la ragazza fece spallucce. Daron sospirò e poi chiese con posatezza, “E allora cosa pensate di fare?”. Evelyn fissò l’uomo per un attimo con sguardo serio, poi si diresse verso la porta, la aprì leggermente e sbirciò al di là. Daron osservò la scena perplesso e talmente concentrato da non accorgersi che le due domestiche avevano interrotto le loro attività e stavano guardando la ragazza con curiosità.
Evelyn richiuse delicatamente la porta e si girò rimanendo appoggiata allo stipite; le domestiche immediatamente distolsero lo sguardo e ripresero con il loro lavoro, mentre Daron fissava la ragazza in attesa che parlasse. “Farò così, andrò in camera mia e starò lì finché Jago non se ne sarà andato”, fece una pausa e poi proseguì, “E quando sarà andato via, tu mi verrai ad avvisare. E mi raccomando, non dire assolutamente che sono tornata a casa, neanche ai miei genitori”. Daron annuì.
Evelyn si voltò e stava per aprire la porta quando l’uomo esordì, “A proposito, mi stavo dimenticando, è arrivata una lettera da parte di vostro zio…l’ho messa in camera vostra sulla scrivania”. La ragazza si bloccò e un ampio sorriso le incorniciò il viso. “Grazie, Daron!” replicò Evelyn mentre si apprestava ad uscire dalla cucina.
Una volta fuori dalla stanza, si guardò attorno per essere sicura che non arrivasse nessuno e poi si avviò con passo felpato verso la scala di servizio. Giunta in cima, si affacciò sul corridoio con circospezione e, dopo aver accertato che fosse tutto tranquillo, corse verso la sua camera; aprì velocemente la porta e si fiondò dentro la sua stanza. Evelyn tirò un sospiro di sollievo sapendo di essere ormai al sicuro e, con calma e con aria soddisfatta, si andò a sedere sulla poltrona di fianco alla finestra; non appena si sedette, le cadde l’occhio sulla scrivania e le venne subito in mente la lettera di suo zio.
Si alzò e si diresse verso la scrivania sulla quale, in bella vista, giaceva la lettera di carta grezza. La ragazza la prese lentamente, ma visibilmente emozionata e tornò a sedersi sulla poltrona. Aprì la busta, estrasse la lettera e iniziò a leggere:

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