Capitolo 2: la festa di Beltane

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Il vento le accarezzava il viso e i capelli che fluttuavano leggeri, così come leggera si sentiva Evelyn mentre cavalcava libera in un immenso prato, e una sensazione di benessere mai provata prima d'ora si impadroniva di ogni fibra del suo corpo. Procedeva con sicurezza ed entusiasmo quando in lontananza notò qualcosa; all’inizio non le era ben chiaro di che cosa si trattasse, ma poco a poco che si avvicinava aveva sempre più il presentimento che fosse una persona. Si avvicinò sempre di più rallentando il passo e l’immagine le divenne più chiara; aveva visto bene, si trattava di una persona girata di spalle che indossava un mantello e un cappuccio.
“Buongiorno!”, esordì Evelyn. Di tutta risposta, la figura incappucciata  si mise a correre; la ragazza partì al galoppo per cercare di raggiungerla, ma questa svanì nel nulla e al suo posto rimase solo un enorme masso.

Evelyn si svegliò di soprassalto e rimase un momento immobile con il pensiero rivolto al sogno appena fatto. “Che sogno strano. Che vorrà dire?”, commentò la ragazza. Fece un profondo respiro e si alzò dal letto, ancora un po’ scossa dal sogno.
Pensierosa, si diresse verso la finestra e aprì la tenda; fu abbagliata da un caldo raggio di sole che penetrò attraverso i vetri irradiando luce nella stanza. Rimase per un momento a contemplare il paesaggio, poi si avvicinò al catino e si rinfrescò il viso. Dopodiché, con il pensiero sempre rivolto al sogno, andò verso l’armadio, lo aprì e tirò fuori alcuni vestiti tra quelli che la ispiravano maggiormente; dopo un momento di indecisione, optò per un abito, dalle fattezze morbide, di raso rosso cremisi bordato con ricami in pizzo nero. Dopo aver indossato il vestito, pensò all’acconciatura e scelse qualcosa di semplice; fece due trecce con le ciocche che cadevano ai lati del viso e le tirò indietro sulla nuca a formare una sorta di corona.
Si diede un’ultima occhiata allo specchio e stava per uscire dalla sua stanza quando, all’improvviso, si fermò, si diresse verso la scrivania, aprì il cassetto, prese la lettera di suo zio, se la mise in tasca e dopodiché uscì. Mentre si avviava al piano di sotto, la sua mente vagava alla ricerca di un significato al suo sogno, ma per quanto si sforzasse non riusciva a dargli un senso. Giunta nell’ampio atrio, i suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di Daron che proveniva dalla sala da pranzo. “Buongiorno signorina. Dormito bene?”, esordì l’uomo. “Buongiorno Daron. Sì, grazie”, rispose Evelyn abbozzando un sorriso. “I vostri genitori sono in sala da pranzo e ho già servito la colazione”, aggiunse Daron. “Perfetto. Allora vado immediatamente”, disse la ragazza.
“Buongiorno”, replicarono all’unisono Arinne e Idwal non appena videro entrare Evelyn. Con fare allegro, la ragazza replicò, “Buongiorno a voi”. Prese posto a tavola e iniziò a riempirsi il piatto con le uova strapazzate e la pancetta. “Ti trovo allegra stamattina”, le fece notare sua madre. “È un giorno di festa, perciò è normale che sia allegra”, rispose prontamente Evelyn. “O forse è perché domani partirai per la Terra di Mezzo!?”, domandò suo padre. “Quello sicuramente contribuisce a rendermi allegra”, dichiarò la ragazza abbozzando un sorriso al quale i suoi genitori ricambiarono. Rimasero per un po’ in silenzio, intenti a consumare la colazione, quando Evelyn esordì dicendo, “Pensavo di chiedere a Kaytria di venire con me nella Terra di Mezzo. Potrebbe essere una bella esperienza anche per lei”. I suoi genitori la guardarono un po’ straniti e, dopo un momento di smarrimento, Idwal replicò, “Non so se Kaytria avrà voglia di affrontare un viaggio del genere”. “Non preoccuparti, troverò il modo di convincerla”, rispose Evelyn sicura di sé. Suo padre guardò Arinne che fece spallucce e dopodiché disse, “E va bene, tu convinci Kaytria ed io e tua madre parleremo con i suoi genitori”.
Terminata la colazione, senza ulteriori indugi, tutti e tre insieme si avviarono per andare alla Sala della Magia dove aveva luogo la festa di Beltane. Le strade erano già gremite di persone che, alla vista di Evelyn e dei suoi genitori, rivolgevano loro ossequi e rispetto, e con coloro con cui avevano più confidenza si fermarono a scambiare due parole.
Giunsero finalmente di fronte alla scalinata in cima alla quale si ergeva maestoso l’imponente edificio che era la Sala della Magia. Mentre si apprestavano a salire, si sentirono chiamare, si voltarono e videro i genitori di Kaytria. Dopo i dovuti saluti e le solite domande di rito, con relative risposte di cortesia, riguardo lo stato emotivo e fisico, Evelyn chiese, “E Kaytria dov’è?”. “Kaytria è già entrata dentro, la troverai lì”, rispose la madre dell’amica indicando la Sala della Magia. “Bene, allora la raggiungo”, replicò la ragazza e, dopo aver rivolto un saluto di congedo, fece un cenno ai suoi genitori, i quali risposero con un lieve assenso, e si diresse all’ingresso dell’edificio.
La sala, come le strade, era gremita di gente, le tavole imbandite abbondavano di ogni prelibatezza e leccornia e il vino e la birra scorrevano a fiumi. Evelyn cercò di farsi strada tra la folla per cercare la sua amica, ma le risultò un po’ difficile con tutte quelle persone che impedivano la visuale; considerata la difficoltà di muoversi e di avvistare Kaytria, decise di uscire fuori in giardino. Una volta all’esterno tirò un profondo sospiro beandosi dell’aria fresca e poi si guardò intorno nella speranza di avvistare la sua amica, ma l’impresa era resa complicata dall’agglomerato di alberi e cespugli; a quel punto decise di non perdere ulteriore tempo e recitò, “Kaytria rele sou nou. Mennen mi sa mi chache”. Improvvisamente si sollevò il vento e si formò una piccola spirale che iniziò a muoversi ed Evelyn la seguì fino a che non la vide fermarsi in prossimità del gazebo e svanire; si incamminò, ma si fermò appena sentì una voce maschile. Si avvicinò lentamente rimanendo nascosta dietro alle siepi, si sporse leggermente per controllare la situazione e ciò che vide non le piacque per niente; Kaytria era in compagnia di Odhran, seduti molto vicini che parlavano fitto fitto.
Quello che indispettiva Evelyn non era l’aspetto del ragazzo dai lunghi capelli mossi e gli occhi castani, ma il fatto che fosse amico di Jago e, di conseguenza, aveva atteggiamenti e modi simili a lui. Ma cosa ci trova di bello in lui?!, pensò la ragazza disgustata. Non potendo più sopportare quella visione, uscì velocemente da dietro la siepe e andò spedita verso il gazebo chiamando a gran voce la sua amica. Kaytria ed Odhran, presi alla sprovvista, sobbalzarono e si voltarono verso Evelyn che avanzava con fare deciso e con un sorriso malandrino stampato sul viso. “Ti ho trovata finalmente!”, esordì la ragazza rivolgendosi alla sua amica. “Ho bisogno di parlarti…”, proseguì Evelyn, “…da sola”, concluse rivolgendosi poi al ragazzo. I due si guardarono sconcertati, dopodiché Kaytria, riportando l’attenzione su Evelyn, chiese, “Proprio adesso? È urgente?”. “Sì, adesso…è urgente!”, rispose la ragazza con premura.
Kaytria sospirò e poi disse ad Odhran, “Vai, ti raggiungo dopo”. Il ragazzo, un po’ titubante, si alzò e se ne andò guardando Evelyn di traverso mentre le passava accanto. La ragazza,  di tutta risposta, gli fece uno sbeffeggio. Kaytria guardò l’amica con aria di rimprovero e dichiarò, “Spero che sia veramente urgente quello che hai da dirmi. Mi hai interrotta sul più bello!”. “Immagino!”, replicò Evelyn contrariata mentre si sedeva accanto a Kaytria. Dopodiché tirò fuori la lettera di suo zio e la porse all’amica che la guardò con un cipiglio interrogativo e poi chiese, “Cos’è?”. “Una lettera di mio zio…leggi!”, affermò Evelyn.
Kaytria prese la lettera, la aprì e iniziò a leggere. Man mano che leggeva un’espressione di stupore si delineò sul suo viso. Quando finì di leggere si voltò verso Evelyn restituendole la lettera e le domandò, “Non è uno scherzo, vero?”. “Assolutamente no, è tutto vero!”, affermò Evelyn con entusiasmo mentre riponeva la lettera in tasca. “Beh, alla fine realizzerai il tuo sogno. Ovviamente poi mi racconterai tutto e mi dirai se ne è valsa la pena.”, dichiarò Kaytria compiaciuta. “Non sarà necessario perché tu verrai con me!”, rispose Evelyn abbozzando un sorriso malandrino. Kaytria guardò l’amica allibita e chiese, “Scusa, cosa hai detto?”. “Ho bisogno che tu venga con me”, dichiarò Evelyn con serietà. Kaytria stava per ribattere, ma l’amica prontamente la bloccò asserendo, “Avrai letto che mio zio vuole che non dica ai miei genitori certi particolari del viaggio”. Kaytria annuì e dopodiché Evelyn proseguì, “ Il problema è che i miei genitori vogliono che Daron mi accompagni. Ed è per questo che ho bisogno di te. Ad un certo punto del viaggio dovrai dire che non te la senti di proseguire e che vuoi fermarti per qualche giorno in più così tu e Daron vi fermerete e io proseguirò il viaggio da sola”. “E se Daron dovesse insistere affinché proseguiamo il viaggio insieme?”, domandò Kaytria titubante. “Non preoccuparti, magari all’inizio farà un po’ di storie, ma poi si lascerà convincere”, dichiarò Evelyn con convinzione. “Beh, si può fare, però devo parlarne con i miei genitori”, replicò Kaytria. “Tranquilla, lo avranno già fatto i miei genitori e sono sicura che li avranno convinti”, rispose Evelyn sorridente. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo d’intesa e si misero a ridere.
Le loro risate furono interrotte da una voce che provocò in Evelyn un senso di repulsione, “Quanta allegria!”. La ragazza si voltò e vide Jago ed Odhran avvicinarsi. Li guardò con un’espressione irritata, mentre a Kaytria la vista di Odhran provocò un sorriso ricambiato dal ragazzo. Kaytria si alzò ed Evelyn fece altrettanto,  seppur controvoglia, mentre continuava a fissare Jago con astio. Kaytria si avvicinò ad Odhran e, rivolgendo l’attenzione ad entrambi i ragazzi, dichiarò, “È un giorno di festa, è normale essere allegri”, poi voltandosi verso l’amica proseguì dicendo con espressione supplichevole, “Vero, Evelyn?!”. “Oh sì, è vero…certo, sarebbe sicuramente meglio se non ci fosse certa gente!”, replicò Evelyn abbozzando un sorriso malandrino senza distogliere lo sguardo dal suo “nemico”. Kaytria ed Odhran si guardarono sbigottiti e, in seguito, entrambi rivolsero la loro attenzione a Jago che sembrava sul punto di esplodere, allora capirono che era il caso di intervenire e chiudere il discorso prima che la situazione degenerasse. “Beh, visto che siamo qui, cerchiamo di goderci la giornata e divertirci!”, affermò Odhran sagacemente e Kaytria annuì.
“Sì, forse è meglio”, rispose Jago con un tono duro sintomo della sua malcelata rabbia. “Bene, allora che ne dite di andare a mangiare qualcosa ? Inizio ad avere fame”, intervenne Kaytria cercando con lo sguardo il sostegno da parte Odhran. “Buona idea!”, esclamò il ragazzo porgendo il braccio a Kaytria che lo accettò e si avviarono verso l’edificio. Allora Evelyn, senza ulteriori indugi, si incamminò velocemente passando davanti a Jago, senza degnarlo di uno sguardo, mentre il ragazzo continuò a fissarla seguendo ogni suo movimento e incamminandosi a sua volta. La ragazza accelerò il passo, ma nonostante tutto Jago la raggiunse e tentò di fermarla afferrandole la mano. Evelyn si divincolò con uno strattone e sbottò, “Non mi toccare!”. Jago la guardò per un momento sconcertato e poi contestò furibondo, “Ma perché fai così? Io voglio solo parlarti, ma tu non me lo permetti mai!”. Di tutta risposta, Evelyn assunse un’aria minacciosa e intimò, “Non ti azzardare a toccarmi mai più!”. Poiché stavano passando alcune persone e non voleva dare troppo nell’occhio, Jago si diede una calmata e si scusò. Evelyn continuò a guardare il ragazzo con aria di sfida e replicò, “Comunque, domani parto per andare da mio zio nella Terra di Mezzo”. Jago la fissò esterrefatto e questionò, “Cosa!? Stai scherzando?”. “No, non sto scherzando. Ieri ho ricevuto una sua lettera nella quale mi ha invitato ad andare da lui. È da tanto che aspettavo questo momento, perciò ho deciso di partire subito”, rispose Evelyn con tono serio. Il volto di Jago si rabbuiò, mentre Evelyn lo fissava con aria soddisfatta; dopodiché la ragazza si voltò e se ne andò lasciando il suo “nemico” a consumarsi di rancore.

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