He does what the night does to the day.

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"Alex, dobbiamo andare." scrollo con dolcezza le spalle rilassate sul divano, mentre coricato a pancia in su dorme beatamente.
Mugugna qualcosa, senza aprire gli occhi.
"Alexander-napper-Turner, alza il culo." gli sussurro nell'orecchio, provocando una risatina sulle labbra chiare. Allunga le mani verso di me, stringendomi i fianchi. "Vieni qua."
Lo accontento, sedendomi accanto a lui e baciandogli la fronte. "Svegliati, dobbiamo andare da Nick."
"Cinque minuti."
"Sono già stati conteggiati prima di svegliarti."
"Cosa stavi facendo?"
"Correggendo bozze."
"Come va?"
"Non rilascio anteprime a chi dorme da due ore."
"Che palle." brontola "Sono il tuo ragazzo."
Mi fermo, impietrita al centro della stanza, con le gambe tremanti, mentre questa creatura meravigliosa che a tratti mi intimorisce con la sua strafottente bellezza, si stropiccia gli occhi lasciando penzolare una gamba fuori dal divano. Sì, è vero. Sei il mio ragazzo.
"Alza il culo, Turner. Io vado a cambiarmi."
Lo sento lamentarsi a mezza voce, mentre io sgattaiolo in camera da letto piantandomi davanti all'armadio, fissando le ante aperte. I passi stanchi e strascicati di Alex giungono poco dopo, insieme a una risata. "Ah, non sai cosa metterti!" mi indica con l'indice teso.
In effetti ha ragione, come quasi sempre, non so cosa mettermi. Oggi andremo a trovare Nick, insieme alle restanti Scimmie Artiche e a un paio di amici per stare tutti insieme e festeggiare il quarto mese del piccolo O'Malley, una creaturina vispa e sorridente che ha conquistato il cuore di tutti dalla sua nascita.
Alex apre con decisione le ante del suo armadio rimirando compiaciuto i suoi vestiti, ordinatamente disposti per colore. Sbirciando, come quando a scuola cerchi di copiare il compito di matematica dal vicino, intravedo la sua camicia arancione e una delle tante camicie a fiori che ha. Storco il naso, mentre si avvicina a un paio di jeans, che lancia sul letto alle nostre spalle. "Jeans e t-shirt, oggi."
Guardo quel paio di jeans scoloriti e la t-shirt bianca accartocciati sul lenzuolo e subito sento le sue parole, mentre seduto sul letto mi osserva tormentarmi davanti all'armadio "Ricordi quando venivo a trovarti? Passa il tempo eppure siamo sempre così... Io sul letto a guardarti, tu a non trovare mai cosa mettermi."
Dolcemente gli lancio uno sguardo di comprensione e una strana malinconia mi riporta a pensare a quei giorni in cui compariva alla mia porta e io "dovevo ancora trovare il vestito giusto". Lui, paziente, si sedeva sul mio letto e cercava sui muri i miei poster, le fotografie che avevo scattato, allungava il collo verso la scrivania per vedere se avevo scarabocchiato qualche foglio che mi chiedeva di leggere. "No, Alex, non puoi." fermavo la sua mano a mezz'aria.
Afferro un paio di shorts e un top sotto lo sguardo attento di Alex che mi guarda muovermi. Poi, fulmineamente, lancio un'occhiata al suo armadio, mi avvicino e prendo una gruccia, un sorriso spontaneo sul volto.
Mi guarda corrucciando la fronte. "Non posso metterlo stasera, quello." indica ciò che ho tra le mani.
"Chi ha detto che lo devi mettere tu?"
Un lampo di sfida nei suoi occhi, forse qualcosa di più. Si alza rapidamente raggiungendomi e tirandomi per i fianchi, avvicinandoli ai suoi, e baciandomi a lungo.
"Sono la tua ragazza." sussurro.
"Sì, lo sei." risponde a fior di labbra.


Il mento appoggiato alla portiera e una mano tesa verso di me, mi aiuta a scendere dalla macchina, intrecciando le mie dita alle sue. Dall'orlo dei miei shorts compare la fenice tatuata sulla coscia, alla quale Alex sorride, immerso nei suoi pensieri.
"Non abbiamo più paura dei paparazzi?" domando.
"Mai avuto paura dei paparazzi."
Alzo gli occhi al cielo, suonando al campanello di casa O'Malley. Il cancello si apre dopo poco, dal giardino provengono risate allegre e Kelly ci aspetta sulla porta di casa in un vestitino rosa e i capelli raccolti sulla nuca. "Ciao ragazzi e... Wow, Beth!" mi guarda dalla testa ai piedi prima di stringermi in un forte abbraccio "Sono felice siate qui."
"Dov'è il big boy?" chiede Alex prima di darle un bacio sulla guancia.
"In giardino, con il suo papà."
"Conneeeeell! Vieni qui!" una voce mi chiama sovrastando le altre e proviene da uno scricciolo in pantaloni color panna e canottierina a righe blu scure, i corti capelli scuri e gli occhiali da sole sul naso. Mi salta al collo come solo lei sa fare, tra i sorrisi e i saluti dei presenti. "Ciao, sweetie."
"Finalmente, Beth. Stavo per chiamarti per sapere dove diavolo foste."
"Alex stava facendo un riposino... Durato due ore."
"I'm a napper." si passa una mano tra i capelli, allungando un braccio e circondando le mie spalle "Ma la signorina Connell mi ha svegliato prontamente."
"Birra per la signorina Connell, allora." Matt mi passa una bottiglia di birra, ridendo divertito.
Ringrazio e, dopo aver coccolato il piccolo che se ne sta seduto sulle gambe di Nick, vado a sedermi vicino alle ragazze. Katy mi sorride radiosa, indicando con il mento Alex che sta sorseggiando un cocktail "Niente più tempesta tra voi, eh."
"Sembrano quasi una coppia normale, no?" ride Breana.
"E' così bella la normalità." sospiro voltandomi verso di lui. Lo vedo avvicinarsi al piccolo, con un sorriso dolce e allungare verso la sua manina l'indice, prontamente afferrato. Molte altre fidanzate in questa situazione immaginerebbero di avere dei figli, di essere madri, fantasticando sulla dolcezza che anche una rockstar possa avere davanti a un bimbo di quattro mesi. Eppure io, eccezione in tutte le regole che ho incontrato nella vita, provo solo una pace immensa nel poterlo osservare. Nel poter cogliere tutta la semplicità che ha, ma che spesso nasconde. Quella di un sorriso, un bicchiere in una mano e un indice rivolto a un bimbo, la maglietta bianca e un ciuffo davanti agli occhi. Sono ancora troppo estasiata dalla sua vista, per fantasticare su un ipotetico futuro, perché la mia fantasia al futuro non ci arriva: rimane lì, inerme, a guardarlo.
Ci lanciamo in una discussione sulla moda, per spostarci ai film e ai videoclip trovandoci poi, prima di cena, ad avvicinarci al gruppo degli uomini che sta discutendo animatamente di moto. Mentre cammino verso i ragazzi, Alex si accorge di me, alzando lo sguardo e fissandomi intensamente. Ride alle battute che si avvicendano intorno a lui, ma gli occhi sono solo per me. Fissi, meravigliosi, pieni di segreti che solo noi conosciamo. Mi fa l'occhiolino, battendo la mano aperta sulla sua coscia invitandomi a sedermi in braccio a lui. Lo accontento e il suo braccio mi cinge la vita, le sue labbra si appoggiano sul mio braccio nudo.
"Ti sono mancato?" chiede in un sussurro.
"Tantissimo." lo sfotto premendo le labbra sulle sue.
"Non vorrei sembrare petulante –"
"Lo sei, Breana." la interrompe Alex con una risata.
"Simpaticone." gli mostra la lingua "Non vorrei sembrare petulante, ma qui ragazzi mancate solo voi a fare il grande passo. O vi sposate o ci sfornate un piccolo Turner."
Ci guardiamo negli occhi, sorridenti, forse strafottentemente felici. "C'è tempo, Breana. C'è tempo." affermo rafforzando il concetto con la mano aperta "E' solo due giorni che non litighiamo."
Suscito una risata in tutti, mentre Alex continua a osservarmi "Ora c'è il progetto di Beth da sostenere. Toccherà a me fare il groupie in giro per il mondo."
"Poteva andarti peggio." commenta rivolto a me Jamie afferrando una patatina davanti a sé.
Avverto il fresco della sera scendere su di noi e prendo dalla borsa il pezzo di vestiario rubato dall'armadio di Alex, il suo kimono nero. Lo infilo sentendo la seta scivolarmi leggera sulla pelle, il suo profumo indelebile stringermi.
"Ommioddio," incomincia Breana sventolando le mani vicino al viso "ommioddio, sei f-a-n-t-a-s-t-i-c-a. Dovresti fare un servizio fotografico così."
"Potrei pensarci."
Seguo lo sguardo di Breana che ci guarda sorridendo, il viso piegato di lato. Guarda me, Alex e Matt, tutti e tre vicini, tutti e tre con Sheffield sulla pelle. Il venticello tiepido si intrufola tra i suoi capelli scuri e corti e gli occhi sono ridotti a due ridenti fessure.
"Sono stata contattata per un'intervista, ieri." annuncio.
"Parlerai del nuovo libro?" Lucille, una delle migliori amiche della padrona di casa, gioca con uno stuzzicadenti.
"Non proprio... Sembra sarà un'intervista più ampia... Su di me, sui miei progetti..."
"Su di me, ovviamente." Scherza Alex, nascondendo il viso dietro la mia spalla.
"Ovviamente." Gli faccio eco.
Prendo in braccio il piccolo O'Malley e passeggio un po' in giardino, le sue manine morbide appoggiate al collo e qualche mugugno divertito. Rimaniamo solo io e lui, all'esterno, mentre tutti si spostano all'interno di casa preparandosi per cena. Sento la voce divertita di Jamie che prende in giro Alex, e Matt che solleva Breana di peso facendole fare una giravolta.
Guardo in alto, il cielo che al suo culmine è ancora azzurro, verso l'orizzonte sbiadisce nel giallo, arancio, sfuma verso il rosa facendo risaltare le sagome di ciò che ci contorna, che contemporaneamente sembra diventare più scuro. Un ditino si posa sulla mia guancia, premendo appena e istintivamente stringo il piccolo a me, per condividere con lui la meraviglia del tramonto di questa domenica. Il corpicino piccolo sembra per una strana empatia essere in sintonia con me, e un dolce risolino colora l'aria.
"Entriamo." sussurro avviandomi verso la porta lasciata socchiusa. I rumori lontani della città sembrano inchinarsi al silenzio di un tramonto meraviglioso, pieno di quella calma che mai ho conosciuto prima d'ora.
La cena, oltre a essere abbondante e prelibata, è anche ricca di racconti, com'è nostra abitudine. Questa sera la mente vola lontano, agli anni in cui ci siamo conosciuti, in cui le Monkeys diffondevano le loro demo su internet e su cd gratuiti quasi per caso. Quando iniziarono a fare sul serio, avevo sempre un paio di cd nella borsa, da lasciare a qualche conoscente o da dimenticare fortuitamente su un tavolino del bar. Il sostegno doveva essere quello totale e incondizionato al raggiungimento del loro sogno.
"Poi un giorno è arrivata in classe quella bionda lì," mi indica Matt "che scriveva dei temi da paura e se ne stava sempre in silenzio."
Sorrido, portando alle labbra il calice di vino. Alex si volta a cercare il mio sguardo, annuendo. "E noi da dietro la vedevamo, quando prendeva appunti e scriveva, scriveva..."
"E spostava la ciocca di capelli che le cadeva davanti agli occhi con la matita." termina, prendendomi la mano "Adesso la bionda rilascia interviste sui suoi libri."
"I casinisti in fondo alla classe suonano a Glastonbury."
"E' bello che non vi siate persi," interviene Katie "lo dico sempre. Siete persone fortunate."
"Lo siamo." annuisco.
Porto un braccio al costato, stringendo il kimono tra le dita e sentendo il profumo della seta farsi più forte sotto il mio movimento.
"Quando hai lasciato l'Inghilterra, Beth?"
E' Eddie a rivolgermi questa domanda, compagno della sopracitata Lucille. Qualcosa in me si irrigidisce, Alex sposta lo sguardo sulle posate, Matt allunga le braccia verso l'alto stiracchiandosi.
"Nel 2006, sono stata per un periodo a Parigi dai miei genitori e poi sono sbarcata negli Stati Uniti."
Alex sospira, continuando a guardare davanti a sé ed è Kelly a prendere in mano la situazione, sviando l'attenzione dei presenti "Ragazzi, chi vuole il dolce?"
Alziamo tutti la mano quasi contemporaneamente, ridendo e rilassando i nervi. Quel pensiero riportato alla mente così tempestivamente, quando Alex mancò il treno per raggiungermi e io me ne andai dall'Inghilterra, è un qualcosa di lontano e doloroso. E' un qualcosa di difficile da guardare negli occhi.
Mangiamo la torta al cioccolato fatta fare per l'occasione, facendo cantare agli Arctic Monkeys al completo una canzone per festeggiare il piccolo.
"Andiamo a fumarci una sigaretta?" chiede in un sussurro Alex vicino al mio orecchio, con urgenza.
Annuisco, alzandomi dopo di lui e seguendolo all'esterno. La notte è ormai giunta e distinguo a fatica i suoi profili, resi più netti dalla sola luce arancione che in uno sbuffo accende la sigaretta.
Alex guarda lontano, dondolando accanto a me. Mi stringo nelle spalle, aspettando che proferisca parola. Prima di farlo alza il braccio, indicando il giardino.
"Ti guardavo, prima."
"Prima?"
"Prima che entrassi in casa, eri là in piedi con il big boy in braccio a guardare il tramonto."
Mi guardo i piedi, come la prima volta è ancora capace di mettermi in imbarazzo. "Ah, sì."
"Pensavo che sei davvero bella."
Arrossisco, e so che in qualche modo mi vede. Lo vede.
"Io guardavo te, mentre allungavi la mano verso di lui." Mi avvicino al suo collo, attorniandolo con le braccia "Ed è stata la visione più pacifica che io abbia mai avuto."
"Quella domanda... Insomma... Scusa per come ho reagito."
"E' sempre la solita domanda che ci fa paura," picchietto la cenere nel posacenere accanto a noi "però ora non dobbiamo più temerla, no? Siamo solo io e te."
Appoggia le labbra sulle mie, premendole con forza. "Io e te." ripete in un soffio.
"E io, Alex, ritornerei da te. Sempre."
"Se quel treno perso ci ha portato fin qua, forse non è così sbagliato."
Annuisco. "Hai ragione."
Mi stringe stretta a sé, sotto la t-shirt posso sentire il costato accarezzato dalle mie dita e il cuore sotto la stoffa battere forte, il rimbombo della sua voce ascoltata attraverso la pelle. E' l'infinita pace del suo respiro e delle sue braccia intorno a me. La tranquillità più intima, quella che finalmente arriva dopo la tempesta, che smette di tormentarti la testa e il cuore e, semplicemente, soffia dolce tra i capelli scompigliandoli un po'.
Non ho più bisogno di scappare, né dalla folla né da me stessa e sono pronta per iniziare qualcosa di nuovo, per ricominciare a scrivere davvero.
"Penso di essere innamorata di te, Alex Turner."
Mi guarda negli occhi, serio. "Vale lo stesso per me, Beth Connell."

Coricati sul letto a pancia in su, guardiamo il soffitto in silenzio. Dalla finestra socchiusa proviene il rumore leggero del fruscio delle foglie e la luce azzurra che filtra dalla tenda colpisce i nostri vestiti a terra. Allungo la mano, stringendo le sue dita calde, la sue labbra baciano la mia fronte.
"A cosa pensi?"
"A me e te. Non so se ti sembra insensibile da parte mia... Ma oggi, guardandoti con quel bimbo, il mio primo pensiero non è stato a dei nostri ipotetici figli. E' stato a quanto sono felice con te."
Sento le sue labbra sorridere appena. "Non sei insensibile. Anche io, quando Breana ha fatto quell'affermazione, ti ho guardata... E ho pensato che non voglio niente di più di te."
"Non ho nessuna fretta. Siamo stati troppo lontani in questi anni... Ora voglio godermi ogni momento con te."
"E' ciò che faremo." mi bacia lentamente, assaporando le mie labbra con studiata calma.
"Dormiamo," gli tiro indietro i capelli, giocando con una ciocca "domani mi aspetta un'intervista."
Annuisce, stringendomi più forte. "Sono fiero di te, ragazza del primo banco. Avevi la faccia di una che avrebbe fatto grandissime cose."
"Anche tu, ragazzo dell'ultimo banco."
Ridiamo insieme, allungo le gambe e le muovo rapidamente.
Il silenzio non fa paura. Il buio non fa paura. Non ci sono più mostri, non c'è più ansia.
C'è Alex.
"Beth?"
"Mmm?"
"I bloody love you."  

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