My favourite worst nightmare.

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Maggio 2013
Allungo le bacchette, abilmente in bilico tra le dita, afferrando un pezzo di salmone dal piatto del mio compagno di serata. Come risposta, solo uno sguardo torvo.
"Vuoi il mio piatto? Ne ordino un altro."
Scuoto la testa sorridendo come una bimba viziata e lo ringrazio per il gesto cavalleresco. "You're welcome, dear." mi sorride di rimando, prima di iniziare con qualche domanda dal tono velatamente curioso. "Sei sempre convinta di andare, più tardi?"
Annuisco convinta, gustando il sapore del salmone in bocca. "Sì. Perché non dovrei esserlo?"
"Perché ci sarà Arielle?" mi chiede muovendo la mano come a sottolineare l'ovvietà della risposta.
Scrollo le spalle, incurante. "Non vado per lui, vado per la festa. E perché Aaron mi ha invitata."
"Ma che ragazza educata." sfotte, agguantando tra le bacchette un pezzo di sashimi.
"Ognuno ha le sue croci da portare. Io ho l'educazione – "
"E io ho te." mi interrompe ridacchiando, i capelli neri gli vanno davanti agli occhi e li sposta con il dorso dell'indice. "Chissà come hai fatto a convincermi a farti venire con te."
"Penso di aver usato la scusa dell'alcol a volontà. O qualcosa di simile."
"Penso anche io."
Versa un po' di salsa di soia nel piattino davanti a sé con un movimento fluido, mentre la manica scura della camicia risale appena lungo il braccio.
"Come va con il lavoro?"
"Sono stanca." sbuffo "L'ispirazione non c'è. Non riesco a scrivere."
"E' solo un momento, vedrai. Non sei il tipo che ha costanza in queste cose."
"Perché, ho costanza in qualcosa, nella mia vita?"
Ride. "Certo. Come mantenere un rapporto di dieci anni con –"
"Stop." lo fermo con la mano aperta "Non provarci neanche."
"Dodici anni che vi conoscete, scusa." porta il tovagliolo alle labbra. "Finisci questo sushi, che ci aspettano."
Alzo il dito medio davanti al mio compagno di serata, che ridacchia in risposta. "Sei proprio la solita milady del nord."
"Tu sei il solito pettegolo."

La villa illuminata da una serie di fasci di luce arancione si staglia prepotentemente davanti a noi, mentre sulla ghiaia scricchiolante cerco di camminare in equilibrio sui tacchi. Una mano appoggiata sul mio fianco mi sostiene silenziosa, entrambi troppo concentrati ad analizzare la situazione in cui ci troveremo tra poco. Il cancello è come sempre spalancato, pronto ad accogliere tutti gli amici degli sposini Paul, coppia ormai consolidata, innamorata e sfacciatamente perfetta.
"Sembra che abbiano già iniziato a divertirsi." è il commento del mio accompagnatore, sincronizzato al corso dei miei pensieri, catturato dallo scoppio di risate fragorose sul retro della villa.
"Sei pronta?"
"Per chi mi hai presa, scusa?" faccio l'occhiolino, avviandomi con decisione verso la porta d'entrata. La scena che si presenta ai nostri occhi, inquadrata dallo scenario della sala in arredamento etnico, è quella di una distesa di persone che parlano, bevono e ridono. Qualcuno, e non è difficile individuare chi, scatta fotografie con il proprio telefono.
"Benvenuti!" Lauren, la proprietaria di casa, ci viene incontro a grandi passi, un vestitino nero che incornicia il corpicino esile e i capelli biondi raccolti in uno chignon. Il suo profumo alla vaniglia mi stringe insieme al suo abbraccio "Come vedete abbiamo già iniziato. Gradite qualcosa da bere?"
Annuisco distratta, i miei occhi corrono da una parte all'altra della stanza, ossessivamente. Cercano, domandano, si interrogano. Si soffermano su un bicchiere, indagano il dettaglio di una giacca, curiosano nell'interstizio lasciato da due corpi che parlano.
Camminiamo seguendo Lauren al bancone del bar allestito all'esterno, quando una voce proveniente da un divano in pelle scura mi ferma. "Finalmente la coppietta Connell-Kane è arrivata."
"Oh, man!" esclama Miles allungandosi a salutare Alex, balzato in piedi dalla sua stravaccata posizione con una tequila in mano e un paio di occhiali da sole sul naso. Liberato dalle braccia di Miles, Alex studia la mia figura, i suoi occhi indugiano sul mio viso e poi sulle mie gambe, con un sorriso. "Ciao, Connell."
"Turner. Sempre in forma, vedo." Appoggio la sua guancia alla sua simulando lo schiocco di un bacio.
"Dove eravate?"
"Ho portato Miles a mangiare giapponese."
"Mmm," annuisce mordendosi un labbro "da quant'è che non ci andiamo io e te?"
Lo guardo perplessa, mentre alle sue spalle una figura longilinea urla verso Miles lanciandogli le braccia al collo. "Oh. My. God. I can't believe it!"
Mentre Arielle emette un urletto di gioia e io mi rivolgo a Lauren facendole segno che la raggiungerò il prima possibile, Alex rimane a guardarmi, mano sul fianco e un sorrisetto sulle labbra. "Un po' troppo." rispondo alla domanda che abbiamo lasciato in sospeso quando solo lui può sentire.
Mostra la dentatura perfetta in un riso, che si spegne sotto l'accento americano che mi saluta. "Ciao, Beth."
"Ciao, Arielle."
Si allunga verso di me fingendo di darmi un abbraccio, poi scrolla il bicchiere. "Vado a fare rifornimento. Tesoro, vuoi qualcosa?"
Alex guarda nel suo bicchiere, scuotendo poi la testa.
"Ok, allora torno qui tra poco."
Le voluminose labbra scarlatte premono prepotentemente su quelle rosee e sottili che sanno di tequila, macchiandole appena. Il suo fondoschiena, dalla cui tasca dei jeans spunta l'immancabile iPhone, ondeggia verso l'esterno della casa mentre numerosi urletti e risate sono dispensati a chiunque incontri sui suoi passi.
"E' di buon umore stasera." commenta Miles guardandola allontanarsi.
"Quando non lo è a una festa?"
In lontananza vedo la figura del padrone di casa e mi dirigo verso di lui incurante dei discorsi riguardanti l'umore di Arielle.
"Science, bitch!" esclamo balzandogli accanto, citando una delle sue più famose battute.
"La mia scrittrice preferita, bitch!" Aaron mi abbraccia forte, il suo profumo che alle mie narici giunge come menta, mi inebria. Sento i muscoli delle sue braccia fare pressione intorno a me. Quando Aaron mi abbraccia, sento che lo sta facendo davvero. Che davvero è presente, qui, con me. E' una persona meravigliosa, un grande uomo prima di essere un grande attore.
"Come stai? Sei bellissima!"
"Come stai tu? E' una vita che non ci vediamo."
"Hai ragione," passa una mano tra i capelli biondo cenere "siamo sempre stati impegnatissimi."
Lascio scivolare le dita sulla sua camicia a quadri, sorridendo. "E' bello rivedere te e Lauren."
"Continuavamo a chiederci se saresti venuta."
"Eccomi qui."
"Stai bene? Dall'ultimo messaggio mi sembravi preoccupata."
Scrollo le spalle. "E' un periodo non troppo facile."
"Sai che quando vuoi, puoi chiamarci e noi ci siamo, vero?"
Annuisco e sento qualcuno richiamare l'attenzione del mio interlocutore, a cui dico non di preoccuparsi e soprattutto al quale consiglio di raggiungere l'invitato prima che lanci in piscina una ragazza dai capelli rossi che alterna una risata sguaiata a delle urla divertite.
Cammino sul giardino ciottolato fino al bancone del bar. "Un gintonic." chiedo al ragazzo incaricato di preparare i drink, che mi sorride.
Afferro il mio bicchiere freddo, saluto un paio di ragazzi conosciuti a queste feste e vedo Miles, le gambe magre e chilometriche stese su un divanetto che mi fa segno di raggiungerlo. Lo accontento, brindando con lui.
"Vieni qua dal tuo amico Miles." mi incita muovendo le mani.
"Eccomi."
"Sbaglio o sei stata un po' fredda con Alex?"
"Sbagli."
"Che novità." mi stampa un bacio sulla guancia, prima di ultimare il suo drink "Vado a prenderne uno anche per te."
Ovviamente, nella sua camminata dinoccolata e impettita non sente il mio "Ne ho già uno!" o forse lo ignora di proposito.
E' un'amicizia nata per caso, quella tra me e Miles. Il rapporto tra me e Alex ha portato inevitabilmente a far sì che ci conoscessimo e ci volessimo subito bene. Ora, anche quando Alex non c'è, noi ci vediamo, passiamo ore al telefono e usciamo insieme. Con Miles posso essere tutto ciò che ho paura di essere, con gli altri o con me stessa.
Stringo le spalle, guardandomi intorno. L'alcol lentamente entra in circolo e in controluce vedo una figura, a qualche metro di distanza, che riconoscerei tra milioni.
La riga verticale dei pantaloni eleganti rende le sue gambe come appuntite, la camicia che ci si infila dentro percorre perfettamente la linea del suo addome. La mano destra sorregge un nuovo bicchiere di alcol, mentre nell'altra medio e pollice giocano con una sigaretta accesa. La porta alle labbra e dopo poco soffia via un leggero fumo che, sovrapponendosi alla luce aranciata, si colora. Annuisce, parlando con un ragazzo dai capelli ricci e ogni volta che beve un sorso, alza il gomito, con un gesto teatrale. Di quando in quando si guarda intorno, cerca le parole da pronunciare indugiando, mugugnando, come se i termini appropriati potessero spuntare all'orizzonte e farsi captare dai suoi Rayban scuri. L'alcol lo riporta a parlare in quell'accento inglese incontaminato dagli yankee che amo tanto.
"Un altro drink per te, dolcezza." un altro accento inglese ritorna vicino a me.
"Cosa guardi?"
Alzo il mento, indicando Alex. Miles ride, annuendo. "E' come una calamita per te."
"Spero di fermarmi in tempo prima che diventi una malattia. Nel caso succedesse, portami dei buoni dischi da ascoltare in rehab. I tuoi, non la prossima merdata commerciale condita da gelatina per capelli." finisco il contenuto del primo bicchiere e passo al secondo.
"Perché sei arrabbiata con lui?"
Scuoto la testa, mentre sullo sfumare della domanda di Miles, il perfetto corpo di Arielle si materializza accanto a quello di Alex. Il suo braccio circonda i fianchi di lei, che si appoggia alla sua spalla sussurrandogli qualcosa. Sembra tesa, ma rimane abbracciata a lui, sorridendo al ragazzo davanti a loro. Dopo poco, prende in mano l'iPhone, voltandosi a fare una foto alla location e per poi iniziare a scrivere. Alex la guarda più volte, come a richiamarne l'attenzione, senza sortire alcun effetto.
"Dimmi cosa ti succede, parla con me."
Miles pizzica la pelle del mio braccio e prima di apprestarmi a confidargli i miei tormenti interiori, finisco anche il secondo bicchiere. "Penso di essere un po' brilla, Miles."
"Ah, che sarà mai!"
Lo guardo in cagnesco. "Non ho più ispirazione, niente. Mi fisso davanti a un foglio vuoto e non riesco a tirarne fuori niente. In più io e quel cretino del tuo amico abbiamo problemi di comunicazione, dato che riusciamo solo a litigare."
"Perché volete entrambi avere sempre ragione."
"Perché è un cretino."
"Don't be silly." rimprovera dolcemente, spostandomi i capelli dal viso "E togliti quel broncio del cazzo, dato che il tuo amico Miles viene a trovarti apposta."
"Poor little Miles." lo sfotto.
Ride. "Tutto andrà bene. Lascia stare quel foglio, non fissarti e non sforzarti. Tutto arriverà al momento giusto."
Annuisco, lo sguardo perso nel vuoto. "Torna tra noi, Beth." Mi sventola una mano davanti agli occhi.
"Per tornare," scuoto la testa "andrò a prendere un altro drink."
Mi alzo, ondeggiando appena sui tacchi, mentre un tornado con i capelli scuri e un top bianco, mi sfreccia accanto. "Matt, I can't fuckin' hear ya!"
Mi domando se Arielle e il suo amico Matt riusciranno a stare lontani dal telefono per almeno dieci minuti nella loro vita.
"Una tequila, grazie."
Afferro il bicchiere, scegliendo di preferire la destinazione dei bagni prima di tornare da Miles, che ha radunato intorno a sé un gruppetto di persone tra cui figurano anche i padroni di casa.
Concentro la mia attenzione sul pavimento, che sembra oscillare appena, e mi dirigo verso il bagno di casa Paul, una stanza che ha le stesse dimensioni del mio salotto di Sheffield. Appoggio il bicchiere sul lavandino, voltandomi lentamente per chiudere la porta. Nel momento in cui poso la mano sulla maniglia, la porta si apre appena.
"E' occupato."
Qualcuno continua a fare forza, spingendo.
"Ho detto che è occupato. Cazzo."
"E io voglio entrare."
"Aspetta il tuo turno."
"Non ne ho voglia."
Gli basta ancora un po' di pressione, per vincere la mia resistenza e entrare.
Gli occhiali scuri, la camicia aperta sul petto da cui spunta la collana che non lo abbandona mai, il suo profumo inconfondibile. Chiude accuratamente la porta a chiave.
"E ora?" domando incrociando le braccia al petto "Che ore sono, soprattutto?"
"Le tre."
"Mmm."
"Alle tre, dopo qualche drink, è più facile farti cambiare idea." ridacchia.
"Togliti quegli occhiali del cazzo."
Ride ancora, con un movimento fluido li sfila appoggiandoli accanto al mio bicchiere.
"Mi stavo chiedendo..." attorciglio una ciocca intorno all'indice "Se per comunicare con la tua fidanzata tu abbia un account apposta."
"Quanto sei simpatica, Connell. Ho sempre apprezzato il tuo umorismo." circonda il mio collo con un braccio "Sei davvero molto simpatica." Sussurra sulle mie labbra.
"Fammi capire a che gioco stai giocando."
"Non sto giocando."
"A me sembra di sì. Stai facendo il coglione viziato."
"Mi va di fare così."
"A me no."
"Perché no, Beth." piagnucola vicino al mio orecchio.
"Perché questo non sei tu. Non siamo io e te."
Mi libero dalla presa, afferrando il bicchiere. "E vaffanculo, avevo voglia di fare la pipì."
Sbatto la porta dietro di me e mentre mi avvicino a Miles termino la mia tequila in pochi sorsi. "Miles voglio tornare a casa."
"Già?"
"Voglio tornare a casa!" alzo appena il tono della voce.
"Ve ne andate già?"
Celo il mio nervosismo nei confronti di Arielle, sbuffando. "Sì, andiamo."
"Cuts dà una festa la prossima settimana, se volete, noi saremo lì!"
"Non so quando tornerò in Inghilterra, ma ti farò sapere." Miles allunga le braccia verso Arielle, che lo stringe sussurrandogli qualcosa all'orecchio.
"Miles, vado a salutare Aaron e Lauren."
Li intravedo vicino alla piscina e mi affretto verso di loro, salutandoli. Aaron mi abbraccia forte, facendomi promettere che lo chiamerò in settimana, Lauren fa qualche passo con me, allontanandosi appena. "Spero che ciò che non va si risolva e... Mi stavo chiedendo se potessimo collaborare, magari scrivere qualcosa per il mio progetto."
Annuisco, sorridendo. "Sicuramente, ci sentiamo in settimana. Vi aspetto per pranzo."
Le poso un bacio sulla guancia e raggiungo Miles, che mi aspetta vicino all'ampia vetrata vicino al bancone dei drink. Lo prendo a braccetto, dicendogli a mezza voce "Ho solo voglia di andarmene. Ti racconto tutto quando arriviamo a casa. Muovi il culo."
Ripercorriamo il vialetto che abbiamo incontrato al nostro arrivo, ma al cancello, una figura piuttosto alta e magra sta aspirando avidamente una sigaretta.
"Andate già via?"
Reprimo un conato di vomito, dirigendomi verso l'auto e Miles, imbarazzato, si ferma a salutare il suo migliore amico promettendogli di scrivergli presto.

Non so come ho guidato fino a casa. Né come sono arrivata qui, nel mio bagno, mezza nuda mentre in camera Miles canticchia melodie dei Beatles sapendo che sono le uniche capaci di tranquillizzarmi.
Non riesco più a scrivere. Non ne sono più capace. La mia ispirazione è fottuta, inizio a pensare che le poche cose che ho pubblicato fossero solo una botta di culo.
E lui... Lui. Che ha stravolto se stesso, che non è più il timido adolescente dell'ultimo banco, che tratta tutto questo come un gioco ubriaco e inutile. Prende ciò di cui ha bisogno e lo lancia via e Beth Connell non è un'eccezione.
Alla fine della serata, rimarrà sempre ubriaco e fatto appoggiato a un muro ridendo sul fatto che io e Miles ce ne andiamo.
Come un incubo.
Prendo un bicchiere di gin terminato e lo lancio contro il muro.
Innumerevoli pezzetti taglienti e brillanti si spargono sul pavimento. Qualcuno raggiunge i miei piedi nudi. Una lacrima solitaria mi riga il volto, vaffanculo, non riesco nemmeno a piangere.
Sento Miles sedersi vicino alla porta del bagno.
"So che sei lì." brontolo.
"So che lo sai. Mi va di stare qui."
Sorrido, asciugando il volto. Ogni singolo frammento di vetro sembra bruciare all'incontro della luce sul velo di gin rimasto.
Vaffanculo, Alex Turner.
Il mio telefono suona, posso sentirlo attraverso la porta, nel silenzio della notte in questo appartamento.
"Mi puoi dire chi è?" domando con tono piatto, lasciando scorrere il dito su un pezzo di vetro.
"Turner."
Deglutisco.
"Lascialo suonare."
You're my favourite worst nightmare.

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