CAPITOLO TERZO

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Gerard era pronto. L'abito nero da cerimonia era perfetto. I suoi capelli neri erano pettinati meticolosamente: più lunghi e ritti in alto, rasati sui fianchi e dietro la nuca. Ogni ciuffo era in una posizione studiata attentamente.

Diede un' ultima occhiata soddisfatta al suo riflesso nello specchio prima di scendere le grandi scale di marmo.

Suo padre, sua madre e suo fratello gli rivolsero un grande sorriso, poi presero i cappotti e tutti insieme si avviarono verso l'università, per partecipare alla cerimonia di laurea di Gerard.

Frank aveva due giorni di vacanza.

Esatto, dopo mesi di duro lavoro finalmente gli era stata concessa una piccola tregua, ma non era convinto del fatto che questa gli fosse stata data per generosità.

No, Frank sapeva che il capo era davvero in difficoltà e forse aveva bisogno di un paio di giorni per risistemare le cose.

Non aveva grandi progetti per quella piccola libertà: pensava di far visita ai suoi genitori e magari di guardarsi in giro per trovare il famoso monolocale che da tempo aveva iniziato a desiderare molto ardentemente. Il motel in cui passava le notti cominciava a stancarlo, ormai era troppo stretto per lui.

Se avesse lavorato ancora un paio di mesi avrebbe potuto affittare qualcosa. Certo, avrebbe dovuto tirare la cinghia per un po', magari saltare qualche cena, ma avrebbe potuto farcela.

Decise quindi di recarsi subito alla casa paterna. Per togliersi questo peso. Sì, perché quello di mandare loro soldi e di tener loro compagnia ogni tanto, Frank lo considerava un dovere.

Attraversò la città sotto un limpido sole primaverile e dopo un'oretta di cammino, finalmente arrivò davanti alla porta della sua vecchia casa. Più che altro era una baracca, pensò.

Bussò tre volte e aspettò.

Dopo circa due minuti si affacciò uno dei suoi cuginetti, il più piccolo, Charlie.

"Hei ciao Charlie! Come stai campione?" lo salutò subito Frank prendendolo in braccio.

"Quando torni a casa Frankie?"

"Io non vivo più qui, ora ho un lavoro tutto mio e cerco di inviarvi un po' di soldi per... " A Frank si strinse un po' il cuore alla domanda del bambino e resosi conto di aver parlato troppo, cambiò discorso. "Come sta papà? "

"Non bene, vieni a vedere"

Frank seguì il piccolo dentro casa. Sua madre doveva essere al lavoro, perché in casa vi erano solo i suoi cuginetti e il padre malato a letto.

"Ormai dorme tutto il tempo. Non si sveglia mai. Solo qualche volta, e quando succede la mamma lo obbliga a mangiare, però lui non vuole" lo informò il bambino più grande, che aveva undici anni.

Fu in quel momento che Frank si rese conto di quanto fosse felice di essere andato via di casa. Non poteva davvero più sopportare quella situazione: sua madre che obbligava suo padre a mangiare negli unici istanti in cui era cosciente. Ormai era una specie di carcassa, lì buttato sul letto, magrissimo e sporco.

Si sentiva in colpa di essere felice per la sua nuova vita e anche un po' egoista, ma sentiva che era l'unico modo per fare davvero qualcosa della sua vita.

Incapace di rimanere lì più a lungo, diede un po' di soldi a ognuno dei suoi cugini e salutandoli si tirò dietro la porta.

Aveva bisogno di svagarsi in quei due giorni di libertà, doveva riprendersi dal duro lavoro dei mesi precedenti e non aggiungere preoccupazioni alla sua testa già strapiena di problemi.

SCARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora