Capitolo 9.

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Jason

Tiro un calcio alla sveglia che mi sta spaccando i timpani. Oggi è sabato,la caffetteria è chiusa,quindi posso andare direttamente ai corsi. Sono ancora incazzato per ieri,quella ragazza mi manda in bestia..ma mi fa arrabbiare ancor di più il fatto che mi stia così a cuore l'incolumità di una stupida matricola occhialuta. Mi alzo pigramente:Bren,il mio compagno di stanza,sta ancora dormendo beatamente come un bimbo di cinque anni..non lo sveglierebbero nemmeno le cannonate. Mi vesto in fretta e vado a lezione. Entro nell'aula,è quasi piena:come al solito vedo il gruppo di troiette a destra dell'aula in minigonna e top che mi sorridono e salutano e qualche amico della squadra di football;poi vedo un volto chino sui libri,semicoperto da un paio di occhiali familiari..vado verso i miei amici,ma poi cambio idea e mi avvicino al suo banco. Appena si accorge della mia presenza abbassa di scatto gli occhi,fingendo di concentrarsi sul testo di lettere. È una guerra inutile,qualcuno deve pur rompere il ghiaccio;alzo le mani in segno di resa:"Vengo in pace." dico.
Lei alza lo sguardo e mi guarda curiosa:"Ti ascolto." mi dice.
Mi siedo accanto a lei:"Non posso negare che tu a volte mi stia proprio sulle scatole Quattrocchi,però..ecco,riconosco che ogni tanto so essere davvero uno stronzo..quindi,ehm..mi dispiace."
Chiedere scusa non è mai stato il mio forte,né una cosa che faccio spesso..ma glielo devo,in fondo mi ha praticamente salvato la vita. Lei mi fissa e scrolla le spalle:"Non preoccuparti,l'importate è che tu l'abbia capito."
Sorride leggermente:non vuole farmelo capire,ma le fa piacere che le abbia chiesto scusa.
"Prendiamo un caffè da Starbucks dopo le lezioni?"le chiedo. Non so nemmeno io perché l'ho detto..ma c'è qualcosa in quella ragazza che mi incuriosisce.
Lei arrossisce e si sistema una ciocca dei capelli:"Non so.."
"Dai,non dirmi che vuoi studiare anche di sabato!" rispondo sbuffando "Devo farmi perdonare,altrimenti il senso di colpa mi divorerà." le dico ironicamente. Le prendo una ciocca dei capelli e me la attorciglio tra le dita.
Il rossore aumenta nelle sue guance e comincia a ticchettare con le dita nel quaderno:"Va bene,ma solo se smetti di torturarmi i capelli." dice ridendo.
"Affare fatto."


Entriamo nello Starbucks. Tutti cominciamo a fissarci,ma io ci ho preso l'abitudine ormai. Quattrocchi invece sembra parecchio a disagio. Ci sediamo nel bancone e ordiniamo due frappé,io cioccolato e lei vaniglia.
"Dove andavi ieri sera?" le chiedo. Ho capito che se voglio scoprire qualcosa in più sul Carter che ha incontrato devo usare una tattica diversa. Spero solo che non sia la stessa persona che conosco io.
Lei si soffoca con il frappé e comincia a tossire:"Ehm..niente di che,una pizza con un amico." risponde vaga. Non mi guarda.
"Amico..chi?" chiedo.
"Solo un amico,tranquillo papà." risponde sarcastica lei.
"Ah-ah-ah."
Un ragazzo seduto ad un tavolo vicino mi fa un cenno:"Ehi,Jason! È già la quinta in una settimana che ti porti a letto,non stai esagerando,amico?"
Che idiota.
"Chiudi la bocca,Jencks! Non me la porto a letto.E comunque fatti i cazzi tuoi." Mi giro verso Quattrocchi,che mi guarda con un sopracciglio alzato e l'aria accusatoria.
"Lascia stare,è solo un cretino." rispondo.
"Certo." risponde secca lei. Finiamo il nostro frappé in silenzio,assorbendo l'aria di tensione che si era creata dopo la battuta di quel coglione. 

"Grazie per aver pagato per me." mi dice quando usciamo dallo Starbucks.
"Figurati,Quattrocchi." rispondo spettinandomi il ciuffo.
"Sei proprio fissato! Scommetto che il  mio vero nome nemmeno te lo ricordi."
Eccome se me lo ricordo. È l'unico nome che ho in testa da circa tre giorni.
"Mmm..fammi pensare..Monica?" rispondo ironico.
"Scemo!" risponde lei ridendo,mentre mi dà una sberla sul braccio. Quando ride è proprio carina,le si illumina il viso.
"Adesso vado,devo correre a prepararmi." mi dice allontanandosi.
"Per cosa?"
"Esco di nuovo stasera.." risponde vaga. Arrossisce continuamente.
"Quello di ieri?" chiedo,insospettito.
"Proprio lui. Grazie per il frappé!" mi urla lei,già lontana. 

Guardo l'ora: le 22:30. Il tempo è volato da quando ho salutato Quattrocchi. Sono uscito con alcuni amici della squadra di football,ho portato a spasso il mio pastore tedesco Rupert e mi sono portato avanti con le lezioni. Esco fuori a prendere una boccata d'aria. Vado fuori dal campus e imbocco un viale secondario dove di solito non c'è mai nessuno. Odio i luoghi troppo affollati.
Mi blocco:sento dei singhiozzi sommessi provenire da dietro un cassonetto dell'immondizia. Sembra..no,non può essere lei. Non deve essere lei.
Corro verso il cassonetto e mi avvicino alla figura rannicchiata:cazzo,è proprio lei. Prima sussulta spaventata,poi, appena mi riconosce tira un sospiro di sollievo.
"Quattrocchi..oddio,ma che è successo??" le chiedo stringendola a me.
In tutta risposta lei scuote la testa e si abbandona tra le mie braccia:è svenuta.
Se quel Carter le ha fatto qualcosa giuro che lo ammazzo.
La sollevo e torno indietro,verso il campus,con quello scricciolo in braccio. Vedo le lacrime che percorrono lente le sue guance,fino ad interrompersi. No,non posso tollerarlo.
"Non preoccuparti,Addy." le sussurro. "Adesso ci sono io."

Scusa se ti amo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora