Uno sguardo

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Appena irrompo nella centrale di polizia inizio a sudare freddo. La polizia di Barcellona (notare: Barcellona, una delle città più grandi e movimentate della Spagna) avrà mai anche solo il tempo di cercare il mio inutile libretto? Potrei sempre provare a piangere! Magari facendo pena a qualche poliziotto...
"Signore! La prego! Lei non sa che importanza abbia quel quaderno per me! Era di...mia nonna...si, di mia nonna! Lei me l'ha regalato e mi ha detto di realizzare il mio sogno e diventare una scrittrice in futuro! Per lei! Perché lei credeva in me..."
Sbuffo. Ridicolo. Faccio pena a me stessa. Una storia più banale non avrei potuto inventarla! E poi non so piangere a comando! Quella è Liliana. Per non dimenticare il problema della lingua: chi lo sa lo spagnolo? Io no. Però potrei dirlo in Inglese...
Ma mentre io sto letteralmente andando alla deriva, sento la voce del mio salvatore: Guillermo. È lui che, mantenendo il sangue freddo, chiede (guarda caso in spagnolo) gentilmente aiuto al poliziotto a capo della centrale.
Per mia fortuna il capo parla un inglese perfetto e mi dice che hanno trovato un vecchio quaderno di cuoio nella felpa del ladro. Mi accompagna in un'altra stanza e mi mostra un pacchettino di carta. Aprendolo mi sembra di sentire i nervi che si distendono uno ad uno: è il mio taccuino. È il mio brutto taccuino dalle pagine gialle e spiegazzate, dalla copertina graffiata e scolorita, dal segnalibro sfilacciato e dalla forma strana.
"Thank you, thank you so much...".
Il poliziotto, un uomo brinzzolato sulla cinquantina, mi fa l'occhiolino.
"Scusi, posso farle una domanda? Forse non può neanche rispondermi, ma ho un dubbio..."
Lui mi guarda pensieroso e mi dice paternamente di fare qualsiasi domanda voglia.
"Chi è il ladro che mi ha rubato lo zaino?"
"La tua domanda è più che lecita, ma purtroppo non posso risponderti: il ragazzo non aveva documenti. Probabilmente era il primo ladruncolo di strada che passava di lì..."
Ascolto attentamente e sento il peso che mi ricade addosso, il peso di non sapere chi sia quel ragazzo dalla felpa nera.
"Peccato, ma grazie lo stesso."
Il poliziotto deve aver letto la delusione nei miei occhi, perché mi ferma, con la stessa presa decisa sulla spalla.
"Ascoltami ragazza, lo conosci?"
Balbetto:
"Ecco, in realtà non l'ho neppure guardato in viso, ma ho l'impressione di aver già visto la cicatrice che ha sulla mano.
"Non l'hai visto in faccia? Davvero? In questo caso vieni con me."
"Scusi...scusi, dove andiamo?"
Il poliziotto si gira verso di me e si calca il cappello blu sulla nuca.
"A vedere il ladro. Non avendo nessun documento è ancora trattenuto qui in centrale. Potresti aiutare nel riconoscimento perchè il furbastro si rifiuta di dire qualsiasi cosa!"
Esce dalla stanza a passo spedito e io gli saltello dietro. Attraversiamo diverse stanze e corridoi finché non arriviamo ad una zona interna alla centrale. Un poliziotto armato fa la guardia ad una pesante porta in ferro, ma appena vede il capo si sposta e ci lascia entrare. La stanza è buia e umida e i miei occhi non sono abituati alla debole luce che proviene dalle inferiate. Sbatto gli occhi, brancolando nel buio.
"Tu, principino!" Il capo della polizia avanza a passi lunghi verso il ladro e lo afferra per il cappuccio. "Fatti vedere in viso!" Il cambio di tono della voce è quasi spaventoso.
Il ladro prova ad opporsi alla forza dell'uomo sopra di lui, ma alla fine si arrende e alza la testa verso di me. I suoi occhi fissano i miei e mi sento trapassare improvvisamente da quello sguardo che ho tanto sognato.
"Bryce?" Urlo.

Wanderlust: Storia di un'aspirante viaggiatriceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora