Quando ero piccola, mio nonno mi raccontava sempre una storiella, una di quelle storielle che lui aveva sentito da sua madre, che a sua volta l'aveva sentita dalla nonna, la quale l'aveva imparata dalla zia, e così via. È una di quelle storielle che sanno di fatica e di sudore delle donne che le raccontavano lavorando nei campi, quelle storie malinconiche e affascinanti. Insomma, mio nonno mi raccontava questa storiella sul tempo e concludeva sempre con una frase: il tempo dipende da chi lo vive.
Sinceramente non ero mai stata d'accordo! Per me il tempo era sempre lo stesso, quello scandito dalle lancette della sveglia o dai rintocchi pesanti dell'orologio sul campanile in piazza. In realtà ho scoperto che il tempo è un principio molto molto malleabile! In classe, come un cavallo frenato dal suo fantino, rallenta improvvisamente, quando esci con gli amici accelera decisamente, in vacanza corre, corre veloce come un taxi newyorkese nell'ora di punta. Il mio tempo in California mi sta decisamente superando, tanto che non riesco più a seguirlo: all'improvviso guardo l'ora ed è già finita un'altra giornata. Che ansia! Rallenta! Cosa ti costa? Chiedo solo qualche ora in più in questa città multiforme, ma il tempo non sembra volermi ascoltare granché, anzi, non mi ascolta proprio! Così prendo il mio orologio e lo chiudo in un cassetto: ho deciso di godermi ciò che resta della vacanza.
E quale posto migliore per non pensare al tempo se non Venice Beach?
Venice Beach. Tanto amata quanto odiata. È un posto particolare, sicuramente, ma si trova come immersa in una bolla tutta sua che la estranea dal resto del mondo. Appena si arriva, l'attenzione è catturata dalla scritta a led "Venice Beach", proprio come l'insegna delle fiere di paese e poi, spostando lo sguardo a destra, si apre uno spettacolo mozzafiato: graffiti che coprono l'intera facciata di un palazzo. Questi disegni non sono il gioco di un pittore scadente, ma una vera e propria opera d'arte, con la Venere di Botticelli in chiave moderna che ti dà il benvenuto in quella strana parte di Los Angeles. Ed è solo l'inizio perché, passata la scritta a led, si apre una via di negozietti coloratissimi e bancarelle particolari. La via è un carnevale di persone: persone che fanno jogging, chi usa i pattini, chi sfreccia spedito con lo skateboard, turisti di ogni etnia e tantissimi surfisti abbronzati. Soprattutto surfisti...
"Io mi trasferisco qui! Chi rimane con me?!" Camilla, una ragazza alta, castana e dalla voce allegra, mi prende sottobraccio. "Io so che Sele si ferma con me. Con me e qualche surfista abbronzato!" La sua risata è come un insieme di campanellini ed è estremamente contagiosa.
"Certo che si! Direi di iniziare a conoscere i nostri futuri vicini di casa partendo da quelli in spiaggia..." Devo ancora finire la frase che la ragazza, dopo avermi fatto l'occhiolino, mi prende la mano, urlandomi di correre, e si avvia verso la spiaggia bianca.
STAI LEGGENDO
Wanderlust: Storia di un'aspirante viaggiatrice
AventuraWANDERLUST. C'è chi dice che sia un modo di sprecare tempo, chi un'ossessione e chi la definisce una vera e propria sindrome. Per me? Per me non è nulla di tutto ció, ma un modo di vivere, di vedere e di capire. Viaggiare è da sempre parte di me e...