Capitolo 51

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Passai l'intero pomeriggio a fissare il vuoto, a domandarmi cosa avessi sbagliato, cosa avesse da fare di così importante, cosa lo avesse reso nervoso.
E, in tutte queste domande mi ricordai della sua agitazione in macchina: la gamba sinistra non la smetteva di muoversi e continuava a guardare fuori dal finestrino.
Cosa mi nascondeva quel dannato ragazzo?
Per non parlare del cibo: non mangiai assolutamente nulla.
Non riuscii nemmeno a dormire, avevo bisogno della sua ''buonanotte'', avevo bisogno di sentirlo ancora mio, e invece lo sentivo lontano, troppo lontano. Avevo bisogno, soprattutto, di risposte. Risposte che, però, arrivarono troppo tardi.
E quindi mi addormentai così: con le lacrime agli occhi e con mille dubbi per la testa.

Fu una notte decisamente tormentata e al mattino la mia voglia di rivedere il mondo esterno era pari a meno uno.

Di conseguenza, al mattino avevo un umore nero, talmente nero che anche un solo "ciao" avrebbe potuto farmi esplodere.
«Ti prego, non uccidere nessuno oggi. Fatti i cazzi tuoi, coscienza.»

Arrivai a scuola con la voce di Mostro che usciva a gran volume dalle cuffiette, il quale non mi aiutava per niente. Anzi, mi rendeva ancora più incazzata.
«In effetti, anche Dio stesso potrebbe iniziare a bestemmiare sé stesso sentendo Mostro. In questo hai ragione.»
Presi il mio solito caffè e mi incamminai a malavoglia verso la classe fino a quando non mi trovai Erik davanti che mi urlò entusiasta fino a farmi scoppiare i timpani: ''buongiorno!''
Quando vi dicevo che un ''ciao'' mi avrebbe fatto esplodere, figuriamoci un ''buongiorno''.
''Non è un buongiorno, okay!? Non è per niente un buongiorno!'' urlai isterica.
Mi pentii.
Mi pentii nell'esatto secondo in cui pronunciai la prima parola ma ero fatta così e non potevo farci, purtroppo, niente. Quante persone avevo perso per quel carattere e quante ne persi dopo.
''Che cazzo ti prende?'' urlò anche Erik.
Non con cattiveria, però. Lo conoscevo abbastanza bene da affermare che mi aveva rivolto quel tono solo per farmi sfogare.
Erik era uno dei pochi che mi aveva davvero capita fino a quel momento.
''Niente, solo lasciami fottutamente in pace'' me ne andai a passo veloce.
Ero incazzata.
«Non si era capito, cara. Tu stai zitta, non fai altro che peggiorare ogni situazione di merda. È il mio compito. Vai a fanculo.»
Ero talmente incazzata che iniziai a prendere a pugni il muro urlando le peggiori bestemmie mai sentite.
«Se ti vede qualcuno, ti prenderà per psicopatica. O peggio, se ti vede un prof, ti sospenderanno subito. Non mi interessa un cazzo, voglio solo Tayler per tirargli tanti di quei pungni che non si scorderà facilmente. Ammettilo che dopo lo baceresti. Si, hai ragione.»
Ero sconfitta, la mia coscienza aveva ragione. Volevo Tayler, e non mi importava per cosa, a me bastava rivedere quegli occhi.

Le nocche sanguinavano, colava una quantità infinita di sangue, anormale per dei semplici pugni al muro.
Andai in bagno preoccupata e misi le mani sotto l'acqua gelata: dovevo fermare il sangue e alleviare il dolore e il bruciore.
Rimasi minuti indefiniti a fissare le mie mani distrutte per l'ennesima volta. Quanto mi facevo schifo quando mi riducevo in quello stato.

Dopo aver fermato e pulito il sangue, ritornai in classe.
Non entrai. Rimasi immobilizzata poco vicino alla porta. Non avevo il coraggio, nè la forza di entrare lì dentro. Non sarei riuscita a sopportare un Tayler distante, triste forse.

Peccato che trovai un Tayler nè triste, nè distante.
Fu peggio. Fu come ricevere infinite pugnalate nella schiena, al cuore, nello stomaco. Fu come morire.
E forse davvero stava per succedere dato le mie gambe che erano diventate di gelatina, il cuore che batteva troppo velocemente e il mio corpo che sudava freddo.

Una statua.
Rimasi immobile come una statua. Rimasi immobile come una stupida, con le lacrime agli occhi.

«Ehilà, c'è qualcuno? Stai facendo una figura di merda. Riattacca il cervello e muovi il culo. Non in quel senso, nel senso di muoverti per andare al tuo posto» ci provò la mia coscienza, ma era come se fossi stata catapultata in un altro mondo.

Tayler era lì. E quando dico "lì", non intendo al suo posto ossia di fianco a me, bensì di fianco a Allyson.
Si, avete capito bene: Allyson. Quella Allyson, Allyson Barlow in tacchi e minigonna.
Ridevano insieme, forse della figura di merda che stavo facendo, forse in memoria dei vecchi tempi - delle vecchie scopate, in particolare - mentre lei gli faceva i grattini sul braccio.

Nella classe calò un silenzio tombale, struggente. Era come se, con quel silenzio, mi stessi davvero rendendo conto che la mia vita stava andando alla deriva. Era come se anche loro lo avessero capito.
Eccome se lo avevano capito: guardavano me, poi Tayler, poi Allyson, infine di nuovo me.
Da quando mi ero ritrovata in un triangolo amoroso?

Attirati da quel silenzio che si era creato, i due alzarono le teste e posarono gli occhi su di me. Quello di Tayler era indifferente. Fu un'indifferenza che mi paralizzò, più di quanto già lo fossi.
Aveva cancellato tutto quello che eravamo stati con uno sguardo. Uno sguardo gelido, privo di amore.
Cosa diavolo stava facendo? Cosa aveva fatto fino a quel momento con me? Mi aveva mentito e basta?
Quello di Allyson era pieno di odio, cattiveria, sfida e quel pizzico di felicità nell'avere Tayler di nuovo accanto a sè e nel vedere me distrutta.

Spostò la mano sotto la sua maglietta, andando sulla sua schiena, continuando costantemente e insistentemente a guardarmi negli occhi.
Non riuscivo più a sopportarlo.
Stava toccando Tayler. Stava toccando il mio Tayler. Stava toccando il mio ragazzo e non potevo tollerarlo.
«Respira e non fare cazzate. Respira e torna al tuo posto senza fare cazzate.»
Per una volta le diedi retta. Semplicemente feci una piccola deviazione andando verso di loro.
«Perchè sta cosa non mi stupisce affatto?»
Misi le mani sul banco e guardai Allyson con tutto l'odio, il disprezzo, la rabbia, la cattiveria possibile. Tayler fu attirato dalle mie nocche e mi guardò in un modo indecifrabile. Compassione? Dispiacere? Paura? O semplice indifferenza?
Tolsi subito le mani e le coprii con le maniche della felpa per poi fare un respiro profondo e riordinare le mie idee.
"Un giorno, puttana del cazzo, ti prenderò e te ne darò tante di quelle che ti pentirai di essere nata. In quanto a te...'" spostai lo sguardo su Tayler "Ti odio" sbottai.
Volevo dirgli di peggio, ma davanti a quegli occhi non potevo. Non potevo dirgli nient'altro davanti a quegli occhi che, fino al giorno prima, mi avevano trasmesso solo amore e sensazione di casa e di protezione.

Ma mi aveva distrutto come mai nessuno aveva fatto.

Perché? Perché tradirmi con quella? E mi aveva davvero tradita o si era limitato alla scenetta di quella mattina? Cosa avevo fatto? Perché?

«Sai cosa vedo? La tua vita, un minuscolo puntino, che cade in un burrone senza fine. Sola e al buio. È una bella scena, divertente. Sai cosa ti dico io, invece? Che hai ragione e che anche io vedo la stessa cosa. E fa male, tanto male. Terribilmente male, un dolore che ho provato poche volte in vita mia.»

Avevo sofferto tanto in vita mia, sapevo cosa fosse il dolore, sapevo distinguerlo, sapevo "catalogarlo". E quello, diamine, era tra quelli che consideravo i peggiori, i più disastrosi.
Un dolore talmente forte che poche volte avevo provato.

Volete sapere che sia successo a Tayler?
Oh, beh, ci vorrà parecchio tempo, fidatevi AHAH
Spero che vi piaccia.
All the love, -M

Un errore bellissimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora