Capitolo 103

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Tayler's pov

Erano passate un paio di ore dalla litigata orribile con Emily e io ero ubriaco marcio.

Non credevo che l'avrei mai detto o pensato , ma l'odore dell'alcool mi stava facendo venire la nausea.
Ero seduto su quello sgabello scomodo da chissà quante ore. Davanti a me vedevo solo bicchieri andare vuoti e tornare pieni.
E quando dico "marcio", intendo che non mi ricordavo nemmeno il mio nome.
Ma il suo si.
Non ricordavo che cosa fosse successo poche ore prima o perché mi trovassi in quella situazione, ma ricordavo i suoi occhi pieni di lacrime e le sue labbra tremanti.
I pensieri erano offuscati, ma avevo un pensiero fisso che non aveva intenzione di andare nella nebbia come gli altri: l'avevo fatta soffrire tante volte. Troppe. I suoi occhi erano sempre rossi e gonfi, e solo per colpa mia. Meritava di essere felice e io facevo tutto tranne che renderla felice.

E quello fu il pensiero che mi tormentava giorno e notte. Avevo deciso di starle alla larga, volevo solo che fosse felice, magari con Alex.
Praticamente si, l'avevo lasciata, solo non avrei mai avuto il coraggio di dirglielo. Non era colpa di quello che era successo con Alex, avevo frainteso tutto. Semplicemente volevo che fosse felice e io non ero in grado di renderla felice come meritava.

Passai la maggior parte delle mie serate nello stesso bar demenziale che era vicino a casa mia.
Erik ormai aveva rinunciato a tenermi a casa, anche solo per una sera e io continuavo a bere per cercare di dimenticarla.
Ma, più bevevo, e più il suo ricordo diventava nitido. Nitido e terribilmente doloroso.

Una sera come tante altre - dopo quasi un mese - stavo al mio quarto drink e mi si avvicinò una ragazza.
Diamine, sembrava proprio Emily.
Chiusi gli occhi per un po' e, quando li aprii, la ragazza mi sorrise.
Non era Emily, era solo una troia.
Non era il suo sorriso dolce, era quel sorriso da "sono una troia", appunto.

Come pensavo, fece la puttana tutta la sera, mentre io cercavo di trovare qualcosa in lei che mi facesse ricordare Emily.
Nulla, era talmente ricoperta di trucco e talmente svestita, che era impossibile.

Pensai a Emily: era sempre truccata solo con un velo di mascara e, soprattutto, non usciva di casa nuda.
Il suo essere pudica ma sfrontata, era sempre stata una delle cose che amavo di più di lei.

La ragazza nel frattempo, mi provocava, mi toccava, mi sorrideva in quel modo che fa impazzire qualunque ragazzo.
A me non causava nessun effetto ma dovevo assolutamente levarmi Emily dalla testa, allora presi la ragazza, di cui non sapevo nemmeno il nome, e cominciai a limonarmela.
Chiusi gli occhi, ma mi apparve Emily.
Li riaprii di colpo, terrorizzato dal fatto che lei fosse ovunque, presi la ragazza per mano e la portai in bagno. La sbattei contro il muro e continuai a limonarmela.

''Emily'' gemetti mentre mi leccava il collo e mi toccava il cazzo.
''Io mi chiamo Giulia'' disse con una voce da oca inculata.
Avevo fatto un casino.
Emily era tornata nella mia mente quando non avrebbe mai dovuto.
''Idiota'' la ragazza mi tirò un sonoro schiaffo e io non facevo altro che dirmi che me lo fossi meritato.

Come se non bastasse la vita di merda che stavo passando, un giorno mi arrivò una notizia orribile.

Era mattina, avevo un mal di testa che mi stava distruggendo i pochi neuroni che mi erano rimasti, avevo vomitato ogni litro di liquidi che avevo ingerito la sera prima e stavo uno schifo.
Ma, la voce squillante di mia mamma, non fece altro che peggiorare la situazione.
Si, mia madre aveva pensato di darmi una bellissima notizia assolutamente improvvisa ed indesiderata.

Ero fottuto.
La casa era in uno stato pietoso e io non sapevo da dove iniziare per mettere a posto.
Un pensiero mi balenò subito in mente: Emily ci avrebbe messo pochissimo.
Non ne potevo più di pensare a lei. Ogni cosa me la ricordava, mi ci faceva pensare, me la faceva amare sempre di più.
Era come un gioco: "In quanto tempo Tayler crollerà?".
Mi misi di buona volontà, per modo di dire, e misi più o meno in ordine la casa.

''In che stato hai ridotto la casa?'' urlò mia madre dopo poco tempo.
A quanto pare, avevo fallito.

I miei rimasero a casa per circa una settimana in cui io non potevo bere, e mi sentivo uno straccio.
Mio fratello provava a tirarmi su di morale, ma non ci riusciva. Nessuno poteva.

Avevo fallito. Avevo rovinato l'unica cosa buona della mia vita.
Era proprio vero quello che mi diceva sempre mio padre: rovinavo qualunque cosa toccassi.

Pensavo allo stato d'animo di Emily, al tempo passato con lei, alle litigate che potevamo evitare, alle risate e ai sorrisi, al primo bacio in quel camerino con quel vestito bianco, al primo "ti amo", ai suoi capelli incasinati al mattino e alla felicità che provava nel bere il caffè, al modo in cui si accoccolava a me... E stavo solo peggio.
Sentivo come se qualcuno mi stesse infilando coltelli su coltelli nel mio cuore e faceva un male tremendo.

Non credevo che avrei mai potuto stare così male per una persona ma a Emily mi stava davvero distruggendo.

Spero che vi piaccia.
All the love, -M

Un errore bellissimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora