Capitolo Uno

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Erano le 7.23 del mattino quando la mia sveglia cominciò a suonare ininterrottamente per farmi capire che dovevo alzarmi una volta per tutte.

Fino a quel momento, nulla di particolarmente interessante o straordinario era ancora accaduto nella mia vita.

Ogni giorno mi alzavo, andavo a scuola, e trascorrevo tutto il mio pomeriggio fra sport e studio fino a sera. Occasionalmente, mi dedicavo alla lettura di qualche libro, tanto per scuotere la mia vita tranquilla.

Non che mi lamentassi, sia chiaro.

Amavo la mia monotona routine, le quattro mura protettive della mia stanzetta, e soprattutto la sicurezza che mi dava una giornata fatta di certezze. Le mie letture erano per lo più una sorta di svago, ma al contrario di molti lettori non avevo MAI invidiato i protagonisti nelle loro avventure.

Non ero certamente il tipo da andare in giro alla ricerca di incredibili imprese. L'essere costretta ad affrontare un' intera giornata scolastica era già abbastanza emozionante per i miei gusti. L'unico compito che mi si potesse affidare era quello di andare a cercare un cancellino in giro per scuola (un'avventuroso viaggio attraverso i corridoi alla ricerca del personale ATA).

Era il 15 Maggio 2016, ed anche quella giornata si prospettava come tutte le altre.

Ero puntualmente in ritardo di cinque minuti sulla preziosa scaletta di mia madre (cosa che la irritava ogni giorno a tal punto da farmi andare a piedi), mio fratello si era addormentato davanti alla tazza del latte per aver fatto tardi la sera precedente, e mio padre aveva acceso a tutto volume la musica dei Beatles per casa.

"E' un modo per svegliarsi col piede giusto", diceva.

Nulla da togliere ai Beatles, ma la mattina presto potevo appena sopportare il suono della mia voce figuriamoci quello della musica.

Alle 7.35 ero pronta con lo zaino in spalla per correre ed entrare in classe precisamente alle 7.50.

Prepararsi in così poco tempo era diventato ormai una sorta di competizione con me stessa, e nonostante i risultati fossero sempre molto discutibili, la mia era sempre una vittoria. Certo, i miei capelli castani rimanevano un groviglio di nodi, e gli abbinamenti dei miei vestiti si limitavano a jeans neri e una maglietta casualmente presa dal cassetto, ma tutto sommato il mio scopo era quello di essere notata il meno possibile, e il mio "neutral look" (questo era come lo definiva mio padre, e preferisco non inserire gli aggettivi che utilizzava mia madre) era assolutamente perfetto per la missione.

Dopo aver scambiato un paio di grugniti con la faccia di mio fratello ancora immersa nel latte (che significavamo più o meno "idiota, ho io le chiavi se rimani un'altra volta chiuso fuori casa ti lascio lì" ) ed aver salutato i miei con un altro paio di cenni poco umani, uscii di casa a passo spedito per evitare l'ennesima nota disciplinare per ritardo.

Il fatto era che tendevo facilmente a distrarmi per strada ed a volte, mentre osservavo una nuvola o un fiore particolarmente strano, mi scordavo addirittura dove stessi andando.

Tuttavia, quel giorno ero piena di buoni propositi ed ero decisa ad andare dritta a scuola senza imprevisti, ed a muovermi velocemente a testa bassa per evitare che un albero catturasse ancora una volta la mia attenzione.

Era in media un percorso di dieci minuti a piedi, ma a velocità sostenuta sarei addirittura potuta arrivare in anticipo.

La mattinata era abbastanza fredda pur essendo primavera inoltrata, e le goccioline di umidità che cadevano dagli alberi erano l'unico rumore che si potesse sentire nella strada desolata. Vivevo leggermente fuori dal centro della città, e sebbene questo potesse comportare un bel po' di problemi per quanto riguardava avere una vita sociale (cosa che già avevo abbastanza difficoltà ad avere da sola), mi rendeva estremamente felice poter passeggiare nel silenzio più assoluto senza che nessun automobilista irritato suonasse il clacson all'impazzata.

The Masterpiece - Il viaggio attraverso i mondiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora