11.

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se nella vita harry non aveva mai avuto paura di nulla, in questo momento, guardando quel messaggio che brooklyn le aveva mandato, una sensazione di panico e ansia cresceva dentro di lui.

io: mi dispiace per tutto. ti amo, stammi bene harry.

diceva il messaggio che aveva ricevuto pochi minuti prima.
non s'era nemmeno fermato ad assaporare quel 'ti amo' ricevuto, troppo occupato a reprimere quella sensazione di paura che ormai si attanagliava dentro di lui.

harry's pov

non riuscivo a capire perché avessi tutta questa ansia. all'inizio pensai che fosse solo un effetto collaterale dell'alcool che avevo ingerito la notte prima ma, vedendo che nemmeno dopo aver preso una tisana riuscivo a calmarmi pensai che stesse succedendo qualcosa.

le avevo scritto diversi messaggi, e tutti gli erano arrivati solo che, non rispondeva, e questo non era assolutamente da lei.
in più quel 'mi dispiace' rendeva il tutto più complicato da assimilare. così preso da un istinto presi le chiavi della macchina e mi precipitai in strada. decisi comunque di chiamare rose per sicurezza, e non mi importava se mi avrebbe urlato al telefono le peggiori cose, per il momento la salute della figlia doveva essere messa al primo posto, almeno per una volta.

quella bambina, diventata poi una ragazza, era sempre stata trattata di merda dai cosiddetti genitori ed era definitivamente ora di smetterla.

«pronto?» la voce irritante di rose suonò dall'altra parte della cornetta.

«ciao rose, sono harold.»

«cosa vuoi?! non avevo forse detto a te e tua madre di sparire dalla mia vita eh?!» era inutile che facesse tanto l'incazzata quando era lei dalla parte del torto.

«pensi che mi fotta qualcosa di quello che vuoi tu? cerca di fare la matura rose, non hai più 18 anni.» sbottai. mi faceva imbestialire il suo modo di fare da diciottenne ribelle.

«cosa ti serve, harold!?» stridulò.

«fammi la cortesia di andare a vedere come sta tua figlia. mi ha inviato un messaggio piuttosto strano e ho un brutto presentimento.» non mi prouccupai delle urla che avrebbe potuto suscitare il fatto che io e la figlia parlassimo al telefono.

«cosa?! parli con mia figlia?!» sbuffai, sapendo che tanto avrebbe fatto esattamente quello che stava facendo ora; ignorava il fatto che sua figlia probabilmente fosse in pericolo.

«cazzo ma mi ascolti?! ho appena detto che tua figlia probabilmente è in pericolo e tu che fai? pensi al fatto che parliamo al telefono.» sbraitai. lei in tutta risposta mi chiuse il telefono in faccia.

accellerai di più e in pochi minuti fui a casa di brooke. era esattamente come me la ricordavo, con i suoi muri rosa pallido e il giardino pieno di fiori di ogni tipo.
scesi di fretta e, senza aspettare che rose venisse ad aprirmi presi la chiave dentro un vaso ormai vuoto e mi precipitai in casa. per fortuna le loro abitudini non erano cambiate.

appena entrai un urlo squarciò il silenzio della casa. avevo le palpitazioni e la pelle sudata, lei stava male. ne ero sicuro.

«brooklyn apri!!» dei colpi alla porta e le urla di rose e joseph risuonarono per tutta la casa.
stavo sudando freddo e le mie gambe sembravano fatte di gelatina.

corsi sopra le scale per poi girare a destra dove quelle due merde di genitori sbattevano la porta di quello che ricordavo fosse il bagno.
spostai i loro corpi dalla porta per poi tirare un calcio alla barra di legno che divideva me dalla mia principessa. i cardini partirono fuori dal loro posto e mi permisero di entrare.

quello che vidi fu l'inferno sceso in terra.
il corpo di brooklyn era immerso nell'acqua rossa della vasca con i polsi insanguinati che pendevano fuori.
incurante delle urla da parte dei loro genitori, la presi a mò di sposa constatando che, anche se debolmente, respirava ancora.

«invece di stare fermi, chiamate una cazzo di ambulanza!» urlai.

«l-lei sta bene?» domandò rose. la voglia di prendere la sua fottuta faccia e spaccarla al muro era alta ma, essendo una donna, sebbene della peggio specie, dovetti trattenermi.

«come se ti fosse mai fregato qualcosa di 'tua figlia'» marcai la parola per farle intendere quanto pessima fosse stata come madre.

«ora chiama l'ambulanza se non vuoi perdere tua figlia qui, in questo bagno.»

due ore dopo stavamo aspettando in sala d'attesa l'arrivo dei medici. rose e joseph se ne stavano lì con il volto verso il basso, forse avevano capito che tutto questo era stata solo colpa loro. colpa dei loro cazzo di problemi che, venivano riposti sulle spalle troppo esili di brooke. rose non faceva altro che rileggere una lettera che non potei fare a meno di stracciare dalle sue mani.

«che cazzo è?!» sbottai leggendo l'inizio.

'cari genitori'
era stata scritta da brooklyn, sicuramente prima di tentare il suicidio.

'non so davvero se vi posso definire tali. insomma, avete espresso più volte il vostro odio nei miei confronti. mi ritenete la causa del vostro dolore, un punto nero nella vostra vita. forse avete ragione, forse sono davvero una nullità, forse sono tutto questo. non valgo nulla, ne per voi, ne per harry e a questo punto nemmeno per me. per colpa vostra sono arrivata ad odiarmi, a non sopportare più nulla di me. mi incolpavo di cose che dio, io non mi ricordo. non so cosa vi abbia fatto, ma mi dispiace.
mi dispiace per tutto, per essere nata, per essere una nullità, per essere un essere come dici tu mamma e una puttana come dici tu papà.
fatemi solo un favore, cercate il contatto 'harry' nel mio telefono e chiamatelo. ditegli che mi dispiace, e che sono stata troppo ingenua a pensare che lui potesse essere interessato ad una come me. ditegli che lo amo e che, anche se non ci conosciamo la consapevolezza di conoscerlo già da tempo c'è sempre stata.
statemi bene, spero che la vostra vita sia migliore senza di me.'

le lacrime ormai scendevano dai miei occhi, lei provava tutto questo. per anni era stata trattata come un animale, come una persona inutile. pensava che anche per me fosse così, ma si sbagliava.
era la ragazza più speciale,  fantastica, gentile e bella del mondo. era una di quelle ragazze che si accontentavano di poco e a cui bastava solo un abbraccio per sentirsi importante. donava amore a tutti senza aspettarsi altrettanto in cambio.
ed io, non avevo pensato minimamente che forse il mio comportamento risultava indifferenza ai suoi occhi.
pensava che non mi importasse nulla di lei, pensava che le scrivessi solo per passare il tempo e non perché magari avessi piacere di farlo.
pensava che fosse un essere inutile ai miei occhi ed io, come uno stupido non avevo fatto altro che alimentare i suoi di dubbi con il mio strano gioco.
ma ora basta, lei si sarebbe svegliata e avrebbe ricevuto tutto l'amore che si meritava.

11:11 p.m.→h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora