ARIANA'S POV
Mi girava la testa, le mie palpebre erano incredibilmente pesanti, mi sentivo completamente esausta e anche tremendamente debole.
Sentivo stringere la vita, i polsi e le caviglie.
Mi costrinsi ad aprire gli occhi, una luce fioca mi illuminava dall'alto; ero seduta, legata ad una vecchia sedia di legno, avevo un pezzo di stoffa alla bocca, legato dietro alla mia testa per evitare di farmi parlare; ero seduta al centro di una piccola stanza completamente dimenticata dal mondo, non c'era neanche una finestra e non proveniva nessun rumore dall'esterno; l'unico rumore che si sentiva era quello delle gocce di acqua che cadevano ad un ritmo costante da un tubo rotto sul soffitto; sempre lo stesso ritmo, e ogni goccia faceva il suo eco quando cadeva.
Avevo davanti a me una porta rossa rugginosa, di metallo, completamente sigillata, la maniglia dall'interno era stata strappata via, lasciando solamente un buco dal quale si vedeva la maniglia dall'altra parte.
Nella stanza erano sparsi pezzi di fogli strappati, altri erano in parte bruciati; spostai lo sguardo verso l'angolo della stanza alla mia sinistra, c'era un cumulo di cenere, parti di fogli carbonizzati, una tanica di benzina vuota e buttata in terra accanto alla cenere, e un accendino schiacciato evidentemente con i piedi.
C'era un vecchio vassoio di metallo, uno di quei vassoi delle mense scolastiche, ma non era in plastica come nella mia scuola; c'era una vecchia forchetta completamente piegata, e di un coltello rimaneva solamente il manico; nella penombra dell'angolo alla mia destra intravidi un pezzo di intonaco completamente tolto, si riuscivano a vedere i mattoni, e sotto a quella specie di buco fatto a mano c'era un cucchiaio completamente logorato sulla punta.
Qualcuno doveva aver provato a scappare.
Chi aveva bruciato dei fogli in quell'angolo? C'erano state altre ragazze rapite a causa di Justin? Perchè ero stata rapita? Perchè erano state rapite altre persone? Ma soprattutto, erano uscite vive da tutto questo?
Le domande mi affluivano nella testa, aumentando sempre di più il mio mal di testa.
Sentii il rumore di ruote di metallo arrugginite avvicinarsi verso la "mia" stanza.
La porta si aprì lentamente con un fischio arrugginito, e ne sbucò Alex con un carrellino di metallo ammaccato ai lati; tutto in quel posto era arrugginito.
Poggiò un paletto di legno nella soglia della porta per evitare di farla chiudere completamente dietro di se e lasciò il carrellino accanto alla porta.<Finalmente ti sei svegliata bambolina> mi sorrise con voce roca.
Cercai di parlare, ma il panno sulla mia bocca me lo impediva.
<Se te lo stai chiedendo, ti ho rapita 2 giorni fa> sorrise spavaldo appoggiandosi alla vecchia porta.
Infilò entrambe le mani nei suoi pantaloni neri a vita bassa e appoggiò il piede destro sulla porta rossa.
Mugolai qualcosa di incomprensibile persino per me e cercai di muovermi ma feci di peggio, le corde graffiarono la mia pelle ancora di più.
Continuai a lamentarmi finché lui non mi tolse quella specie di bavaglio dalla bocca.<Cosa c'è?> chiese accarezzandomi la guancia.
Girai la testa dalla parte opposta e chiusi gli occhi.
<voglio andarmene...> sussurrai.
<Non puoi> disse lui tornando ad appoggiarsi alla porta.
<perchè?!> urlai guardandolo negli occhi, mi veniva da piangere.
<Perchè ho bisogno di informazioni> affermò lui duramente.
<i-informazioni?> ero confusa.
<Ho bisogno di informazioni su Justin Bieber>
<Di che parli?> chiesi io ancora confusa.
<Piccolina, davvero non sai della gang di Bieber? Eppure ne fanno parte anche il tuo fratellino e il tuo migliore amico> sorrise spavaldo.
<Gang?> chiesi io, non ne sapevo nulla.
<Si, hai presente quelli di cui parlano tutti i telegiornali? I Black Ops> mi chiese.
<C-cosa...no, è tanto che non guardo la televisione...io non...n-non ne sapevo nulla...> balbettai, ero terribilmente confusa, non sapevo più cosa pensare.
<Oh povera piccoletta, non conoscevi tuo fratello e i tuoi amichetti così bene, vero?> rise di gusto guardando la mia reazione confusa.
Si staccò dalla porta per slegarmi i polsi, tagliando la corda con un coltello.
<Lì c'è qualcosa da mangiare, slegati da sola la vita e i piedi, io torno tra un paio di ore> disse afferrando il paletto di legno e uscendo.
<Aspetta!> urlai prima che chiudesse la porta.
Lui si girò a guardarmi con uno sguardo interrogativo, restando sulla soglia.
<C-Come hai fatto a conoscere il mio nome? Chi ti ha parlato di me?> chiesi.
Lui sorrise maliziosamente e si chiuse la porta alle spalle andandosene.
<Alex!> urlai, ma sapevo non sarebbe tornato.
Armeggiai con il nodo della corda alla mia vita e lo slegai, poi, finalmente, riuscii a slegare anche le caviglie.
Ero vestita come quando mi aveva rapita, stessa felpa grigia di Chaz, stessi leggings neri, stessi calzini bianchi; eppure avevo freddo lo stesso, nonostante la felpa mi arrivasse a metà cosce e fosse davvero pesante.
Mi alzai dalla sedia un po' titubante, barcollai leggermente, mi ressi alla sedia; quando la testa smise di girarmi camminai lentamente verso il vecchio carrellino.
Sopra al vassoio di metallo, identico a quello tirato sul pavimento della stanza, c'erano un piccolo piatto con un po' di minestra, un cucchiaio e un bicchiere d'acqua.
Portai il carrellino davanti alla sedia e lo usai come un tavolo; mangiai lentamente quella strana minestra e bevvi la poca acqua che mi era stata data.
Mi alzai, presi uno dei tanti fogli strappati sparsi sul pavimento e cominciai a leggere.
Si poteva solo capire che era un certificato di nascita, il nome del bambino in questione era Alexander Jace Harrison.
Alexander? Quello stesso Alex che mi ha rapita? Perchè dovrebbe strappare il proprio certificato di nascita? Cosa vuole nascondere?
Presi un altro pezzo di foglio da terra, era una prescrizione medica per delle pillole antidepressive; il nome del paziente a cui erano state prescritte era stato strappato via.
Afferrai un piccolo foglietto accartocciato e lanciato accanto alla forchetta arrugginita, lo aprii, era un biglietto da visita: "Dottor Elliot Hastings, psicologo per bambini problematici" e sotto vi era allegato il numero dello studio.
Posai tutti i fogli sul pavimento, rimettendoli al loro posto.Continuavo a chiedermi se qualcuno mi stesse cercando, se si erano accorti del mio rapimento...e i telegiornali? Avrebbero spiattellato la mia foto ovunque dicendo che ero scomparsa?
Avevo paura, paura di non poter più vedere la luce del sole, di non poter vedere mio fratello, la mia famiglia; e, nonostante tutto, paura di non poter più rivedere Justin.
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My brother's bestfriend //Justin Bieber//
FanfictionI CAPITOLI SONO IN FASE DI REVISIONE-STORIA SOSPESA La dolce diciottenne, Ariana, è intrappolata nella sua terribile vita. I genitori completamente assenti. I compagni di scuola che la prendono in giro. Il fratello che non la difende. Il bullo che l...