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«posso..sedermi accanto a te?»

Sento un groppo in gola.
Non se n'era andato, era davanti a me.
Ma complimenti Sherlock.
«s-si..certo» e gli sorrido. Faccio praticamente solo quello quando è nelle vicinanze ultimamente.
Mi sposto di qualche centimetro per farlo sedere difronte a me così da non dargli le spalle, ma lui si siede comunque dietro di me, quindi decido di mettermi di profilo.
Non potrò guardare il cielo, ma ho uno spettacolo migliore delle stelle questa notte..caspita se lo è.

La fioca luce della luna e dei lampioni che circondano il posto illuminano la sua figura.
È intento a frugare nel suo zaino, da cui tira successivamente fuori un pacchetto di gomme alla fragola e una penna.
«vuoi?» mi dice porgendomi il rettagolino incartato in un involucro rosa-argento.
Sapendo di essere in difficoltà con le parole come al mio solito, mi limito a scuotere leggermente la testa, e riprendo il mio scarabocchio.

Ogni tanto mi giro per guardarlo, aveva cominciato a disegnare su quel pezzetto di carta che conteneva la gomma.
Incuriosita e talmente presa dai tratti del suo viso continuo a guardarlo, convinta che sia tanto concentrato sul suo foglio da non distogliere lo sguardo da quest'ultimo.
Ma si sa la convinzione fotte, e i nostri sguardi s'incontrano ricreando quella solita atmosfera di silenzioso imbarazzo.
Cerco di migliorare la situazione con un
«cosa disegni?» ma ottengo l'effetto contrario rendendolo ancora più imbarazzato. Si gratta la nuca «ehm..niente» scoppia in una risata nervosa «n-non l'ho neanche finito» e poi mette il pezzetto di carta in una tasca del suo zaino.
Chissà cosa ci ha disegnato.
«e tu?» mi chiede curioso sbilanciandosi in avanti.
Io porto la superficie disegnata al petto per non farglielo vedere.
Al centro è raffigurato il suo profilo mentre più in basso uno schizzo delle sue mani... non poteva vederlo, anche io da sola mi definivo pazza non oso immaginare cosa avrebbe potuto pensare lui.
«niente» e infilo lo Sketchbook nel mio zaino, azioni che aveva fatto precedentemente lui.
Alza le mani e si rimette diritto «touché»

Mi chino verso la chiusura lampo dello zaino per tirare fuori il cellulare e controllare l'orario.
Stavamo la da circa mezz'ora.
La sua voce mi distoglie dai miei pensieri.
«posso...» e sento le sue mani sulle mie spalle, mi aveva poggiato la sua felpa.
«tremavi» mi spiega, sfoggiando un sorriso più dolce dei precedenti.
In quel momento, del freddo così come del resto del mondo non me ne frega niente.
Mi basta lui, lui che con quel gesto mi ha fatto smuovere qualcosa nello stomaco, e non mi riferisco alla cena a base di sushi di qualche ora fa.
Possibile che mi senta così?
«g-grazie»
«Ti va di andare a fare una passeggiata?» mi chiede, io annuisco con ancora quel sorriso da ebete stampato sul viso. Forse ora riesco a capire Andrea e il suo continuo essere allegra dopo un minimo contatto o accenno a Lorenzo.
Metto lo zaino in spalla e, l'uno di fianco all'altra, iniziamo a scendere le scale.

«come mai eri qui?» gli chiedo. Subito dopo mi mordo la lingua, magari questa domanda gli ha dato fastidio e-
«esco spesso a quest'ora, adoro la notte»
Mette una mano nella tasca dei suoi pantaloni, poi la toglie sfregandosi l'altro braccio. Sta sentendo freddo.
«sai, la gente a quest'ora è di meno e c'è più tranquillità, riesci ad apprezzare veramente quello che ti circonda» si volta verso di me
«tu invece?»
Io non ho una spiegazione come la sua, ero solamente scesa per fare una passeggiata..
«avevo voglia di uscire a fare un giro...prendere una boccata d'aria»
Poi, minuti di silenzio.
Ma non quel tipo di silenzio fastidioso che si necessita di interrompere. Questo è un silenzio confortante che come si suol dire, parla più di mille parole.
Durante il tragitto non potevo far a meno di notare quanto freddo avesse il ragazzo che camminava accanto a me. Per questo allungo la mia mano sulla sua, lui sussulta al contatto e mi guarda «è fredda» affermo.

Mi tolgo lo zaino da una delle spalle per potermi sfilare la larga felpa nera che mi aveva tenuto caldo fino ad ora, ma lui mi riafferra la mano, bloccandomi.
«non togliertela» intreccia le sue dita alle mie, per impedirmi di togliermi l'indumento comunque.
«sto bene» e mi sorride.
È qui che arriva la parte in cui mi sveglio?
«sicuro? Non voglio che tu stia male per col-» dico velocemente, ma lui mi interrompe.
«sono sicuro» e ride, vedendo come cercavo di convincerlo.
Alza il polso destro per controllare l'ora sul suo Casio in rame.
«io devo andare» toglie la mano dalla mia e sfila lo skate che aveva appoggiato tra la schiena e lo zaino «e conviene anche a te, non si sa mai chi potresti incontrare a quest'ora» mi raccomanda poggiandolo a terra.
«persone tipo te?» parlo, riferendomi allo strano incontro fatto al museo.
Una flebile risata esce dalla sua bocca «tipo me» continua a ridere.
«allora mi conviene eccome»mi unisco a lui
«parte gli scherzi, non preoccuparti per me, me la cavo» mi avvicino e avvolgo le mie braccia attorno al suo collo, stringendolo a me.
«buona notte» dico sciogliendo l'abbraccio.
«b-buona notte anche a te» balbetta sorpreso dal mio gesto e mi sorride ancora un'altra volta, per poi andarsene.
Devo ammetterlo, questo Tancredi mi piace più di quanto dovrebbe.

Torno sulla strada per casa mia, recuperando cuffiette e cellulare facendo partire una delle mie playlist. Canticchio le parole di 5 More Drinks mentre le mie Adidas sbattono ripetutamente contro una bottiglietta d'acqua vuota trovata mentre camminavo qualche metro più in dietro.
Inizio a giocare con le maniche della felpa che ho addosso, è così morbida e pesante, il freddo non mi tocca ed è una sensazione piacevolissima. E poi è la sua, incredibile no?
Che dico..no, non lo è. È solo una felpa data in segno di cortesia, non facciamoci castelli in aria.

I minuti passano e, tornando con la testa qua sulla terra invece che dispersa chissà dove, posso notare in lontananza casa mia.

Prendo le chiavi e apro il cancello, salgo le scale e una volta arrivata davanti alla porta d'ingresso inserisco cautamente la chiave nella toppa, stando attenta a non fare rumore.
Fortunatamente mia madre e mia sorella dormono, evitandomi una lunga ramanzina e una fiotta di domande sul "dove fossi stata", "cosa mi fosse saltato in mente"..le classiche domande.
Mi lascio quindi scappare un sospiro di sollievo, dato non avrei dovuto sopportare nulla di tutto ciò.
Metto piede nella mia camera, butto lo zaino a terra accanto alla soglia della porta e mi lascio cadere sul materasso a peso morto. Avevo camminato parecchio e si sentivano le conseguenze, le mie gambe chiedevano pietà.

Bubble Gum ;; tg (sospesa) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora