Capitolo Sei

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Cameron's point of view:

- Nash?-
Dall'altra parte del telefono, sentii il silenzio più assoluto.
Sbuffai, portandomi una mano tra i capelli e scompigliandoli un po'.
Sapeva benissimo che non sarebbe riuscito a tenermi nascosto quello che sapeva, non ci riusciva mai. E allora perché esitava tanto?
- Cazzo Nash, parla! Cosa c'è di tanto segreto che non puoi dirmi? Sono il tuo migliore amico, è inutile che cerchi di tenermi nascosto qualcosa, lo scoprirò sempre e comunque, lo sai- mormorai, continuando a torturare i miei poveri capelli. - Si tratta di Rachel. È stato Xavier a parlarmene, gli è scappato e non avrebbe dovuto dirmelo...-
- Avanti, spara- risposi, improvvisamente immobilizzatomi sul posto.
- Ecco, io... Okay, posso farcela- asserì lui, probabilmente mordendosi le labbra come era solito fare quando era nervoso. - Hai presente quando ti ha inviato la prima mail e ti ha parlato della sua famiglia?- mormorò, insicuro.
Annuì anche se non poteva vedermi e poi mormorai un piccolo sì.
- E ricordi anche di chi ti ha parlato? Io sì. Suo padre e sua sorella. Nessuna madre, e sai perché? Beh, quello che non ti ha detto è che sua madre è morta a Miami qualche anno fa per un tumore e da quel momento Rachel non ha voluto più sentir parlare di quel posto che le ha portato via una delle persone più importanti della sia vita. Dopo la morte di sua madre, lei e la sorellina hanno frequentato per un po' uno psicologo che le aiutasse a superare il lutto ma per Rachel è stata fin troppo duro questo percorso e Xavier, che le è stato accanto per tutto quel periodo, ha paura che ricada in una specie di depressione, una volta arrivata a Miami o che, troppo scossa, non riesca nemmeno a metter piede sull'aereo. Lei non te ne ha parlato solo perché, a detta dello psicologo che la curò anni fa, il suo cervello ha cercato di rimuovere questa parte del suo passato ma qualcosa potrebbe innescarsi di nuovo. Tienilo d'occhio, Cam... lei non è come sembra, non lo è affatto.-
La voce di Nash si spezzò più volte mentre mi diceva quelle cose.
Rimasi a bocca aperta, non aspettandomi una cosa del genere. Non ci avevo mai riflettuto... Rachel non mi aveva mai parlato di sua madre, ma solo di Cass e del padre. Ero stato così cieco da non notare che evitasse l'argomento o che cambiasse umore quando parlava di Miami? Che stupido.
Mi maledii mille volte e diedi un pugno sul cuscino in preda alla rabbia verso me stesso e la mia indifferenza e stupidità.
- Non avrei dovuto dirtelo..- si lamentò, Nash. - No, hai fatto benissimo! Sono io qui lo stupido che non ha prestato attenzione agli atteggiamenti di quella ragazza.-
- Non avresti potuto saperlo, non ti colpevolizzare, Cam; Non è colpa tua - disse Nash. - Questo non cambierà quello che provi per lei, sta' tranquillo.-
- E cosa provo per lei? Dimmelo tu visto che sai molte più cose di me!- gridai, arrabbiato.
Silenzio.
- Nash, scusa, non avrei dovuto..-
- No, non avresti dovuto; ma ti perdono.-
Aprii la bocca per ribattere ma il mio amico fu più veloce di me. - Lei ti piace-
Ci riflettei su un momento e poi annuii. - Sì, mi piace. E anche tanto.-
Cazzo se mi piaceva. Non ci eravamo nemmeno mai visti e già mi aveva fottuto il cervello.

~

Rachel's point of view:

Era notte fonda, più o meno le tre e mezza. Mi rigiravo nel letto senza sosta, non riuscendo a dormire serenamente senza sognare e risognare sempre la stessa scena che ormai mi tormentava da tre notti.
Erano passati tre giorni, venti ore e quarantadue minuti circa. Non li avevo contati.
No, okay, senza volere l'avevo fatto, ma era normale, giusto?
Una vocina nella mia testa mi disse 'No, non è affatto normale. Tu non sei normale, Rachel' e, come sempre, cercai di scacciarla senza molto successo.
La verità era che da quando non parlavo più con quel ragazzo, avevo cambiato completamente atteggiamento e tutti se ne erano accorti. Ero diventata disattenta, scostante, perennemente nervosa e lo sapevo benissimo.
Caitlin e Xavier erano preoccupati. Di solito, quando mi succedeva qualcosa, correvo a raccontarglielo ma questa volta non l'avevo fatto; C'era solo una domanda che mi frullava in testa: Perché?
Ero troppo confusa, dovevo assolutamente fare chiarezza nella mia testa e fare pace con il cervello.
Mi alzai di scatto dal letto e iniziai a camminare per la stanza con fare isterico.

Respira.

Uno, due, tre, inspira.

Uno, due, tre, espira.

Dopo aver ripetuto l'esercizio più volte, ripresi a incamerare aria ed espellerla nel modo corretto.
Allora, una volta calmatami, tentai di ragionare sui perché di quella reazione.
Beh, ero rimasta scioccata da quello che Cameron mi aveva detto, ma questo non bastava a spiegare il mio comportamento assurdo. Sì, era assurdo, me ne ero resa conto.
Mi morsk le labbra quasi fino a farne uscire del sangue e chiusi gli occhi.

Uno, due, tre, inspira.

Poi c'era lo stress causato dalla scuola, dalla popolarità, dagli allenamenti, dagli sforzi che facevo ogni giorno per essere la migliore, per sentirmi all'altezza.

Uno, due, tre, espira.

E poi c'era quel fatto, il fatto.
Non volevo ammetterlo, ma l'idea di mettere piede in quella città che mi aveva distrutto l'anima e il cuore in mille pezzi e rimanerci per tre settimane, mi faceva troppa paura.
Miami. Quella città era stata la sua rovina. La mia e di mio padre perché, per fortuna, Cassandra era troppo piccola allora per poter davvero comprendere quanto dolore ci avesse inflitto quella città.
Lo psicologo me lo aveva detto che ero ancora instabile e io non l'avevo ascoltato.
Stupida, stupida, stupida.
Mi maledissi mille volte, mentre afferravo il mio viso con le mani e sentivo le dita bagnate dalle lacrime che sgorgavano dai miei occhi.
Mi abbracciai le gambe e piansi a lungo, buttando fuori tutto il dolore che quella perdita mi aveva causato, con la consapevolezza che mai sarei veramente riuscita a riempire quel grande vuoto che avvertivo nel petto.

Oh, mamma... perché sei andata via?
Perché ci hai lasciato qui?
Perché non mi hai permesso di salutarti e di starti vicino?
Ero solo una bambina ma avrei preferito vederti chiudere gli occhi per l'ultima volta che sentire la discussione tra il dottor Mitchell e papà, il giorno in cui tu te ne andasti per sempre e io caddi nel vuoto più totale.
Perché il destino ti ha fatto questo? La vita ci ha fatto male, ti ha abbandonata proprio quando sembrava che ti stessi riprendendo, dopo averti fatto soffrire tanto.
La vita è ingiusta. Lo è stata con te, con papà, con Cass e con me.
La vita è bastarda.
La vita si prende tutto ciò che hai costruito con fatica e lo distrugge come un castello di carte spazzato via dal vento.
La vita è fatica, sofferenza, lavoro.
È tutto ed è niente. Dona tanto e ti toglie di più.
Ma tu questo me lo avevi già detto, con altre parole ovviamente, eppure il concetto era questo e io avrei dovuto capirlo prima.

Chiusi gli occhi, buttandomi sul letto, e mi addormentai, avvertendo un grande vuoto farsi spazio nuovamente dentro di me.

Angolo autrice:

Buonasera miei cari lettori, non vi spaventate, non è un miraggio: ho finalmente aggiornato!
Vi presento il sesto capitolo di questa storia che, rispetto a come l'avevo immaginata inizialmente, sta prendendo una diversa strada.
In ogni caso, vorrei spendere qualche parola in più del solito su questo capitolo: per quanto riguarda l'inizio, non ero e sono molto sicura di ciò che ho scritto perché mi sembra di scostarmi troppo dal cammino che la storia aveva intrapreso però preferisco che sia così.
Per quanto riguarda la fine, invece, sono molto soddisfatta perché penso sia la parte più introspettiva che abbia scritto per questa storia fino ad ora.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a commentare e votare questo nuovo capitolo.
Un bacio, vostra Sarah 💘

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 04, 2016 ⏰

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Strangers || Cameron Dallas ~ Sasha PieterseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora