Capitolo ventidue

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"Era amore? Odio? Pietà? Questo non lo so, ma una cosa era sicura: con lui mi sentivo a casa."

Da uno, i pensieri diventarono due, tre, cento.

Mirko teneva sempre intrecciata la sua mano alla mia, come se avesse avuto paura che da un momento all'altro sarei scappata, scappata lontano da lui.

Beatrice: Venite, andiamo dove c'è il faro.

Quel faro, quanti ricordi legati a quel faro.

È incredibile quanto un semplice scheletro di metallo possa far riaffiorare in me così tanti ricordi, in quel momento ero un concentrato di emozioni inesplicabili.

Mi ricordo che quando ero piccola mio padre mi portava ogni Sabato mattina davanti a questo faro così imponente.

Mi disse che se di notte avessi avuto paura di qualche mostro o fantasma, il faro mi avrebbe protetta con la luce del suo grande occhio, perché i mostri hanno paura della luce.

Un po' come ora, quando i mostri saltano fuori è la fine, ed era quello che stava succedendo nella mia testa, i mostri erano sempre pronti ad attaccare alla prima debolezza e in questo caso dubito che per scacciarli basti un grande occhio di metallo.

Io: Mio padre mi portava sempre qua, quando ero piccola.

Non so esattamente perché dissi quelle parole in quel momento, forse avevo bisogno di buttare fuori quella piccola parte di nostalgia che andava accumulandosi all'interno del mio stomaco.

Bea: Ricordo che ne parlavi, tuo padre diceva che il suo grande occhio di luce serviva a tenera a bada i mostri della notte.

Sorrisi flebilmente, se lo ricordava anche lei.

Mirko: Effettivamente non ha tutti i torti, è una bella similitudine, suona bene.

Suona bene, eccome se suona bene.

Io: Mi ricordo che sotto questo faro mi raccontava di quando, anche lui da piccolo, aveva paura del buio e delle sue insidie. A quel punto suo padre, nonché mio nonno, inventò questa bella "storiella", e da quel giorno mio padre si lasciò lentamente alle spalle la paura della notte.

Nel mentre che spulciai tra i meandri della memoria, vidi la figura mia e di mio papà.

Eravamo complici di una vita bella, tranquilla e serena.

Ridevamo, dialogavamo, e ridevamo ancora.

Ma ormai i bei vecchi tempi sono passati, non resta altro che il bel ricordo di quelle giornate, e poterle raccontare a qualcuno è sempre bello.

Restammo per qualche ora a parlare e guardare il mare, lasciandoci trasportare dalla sua brezza salina.

Io: È meglio che vada, non ho tenuto da conto il tempo, mi daranno per dispersa a casa.

Dissi senza preavviso, scherzandoci su.

Mirko: Già, sarà meglio anche per me.

Bea: Potete accompagnarmi a casa? Non ho voglia di fare la strada da sola.

Brontolò Beatrice.

Io: Certo, però andiamo.

Camminavamo, prima piano, poi a passo sostenuto e nel frattempo parlavamo ancora una volta del più e del meno.

Dopo all'incirca una quindicina di minuti giungemmo a casa di Beatrice, la salutai con un abbraccio e la ringraziai della magnifica giornata, Mirko seguì a ruota.

Quando fummo certi che Beatrice fosse in casa, ci avviammo lentamente verso casa mia.

Mirko si era imposto di accompagnarmi, e quando quel ragazzo si mette in mente qualcosa, deve farla per forza.

Eravamo entrambi stranamente silenziosi.

Mirko: Aria, sento la necessità di parlarti di una cosa.

Rabbrividii.

Io: Mirko scusa, sono molto stanca. Possiamo parlarne in un altro momento?

Quasi non feci in tempo a terminare quella frase, che mi ritrovai appoggiata ad un muro di una casa che si trovava lungo la strada che stavamo precorrendo. Due braccia forti e tremanti allo stesso tempo, mi stavamo intrappolando contro quel muro così pallido e freddo.

Il suo sguardo magnetico era fisso sul mio, debole e spaventato.

Il suo viso era a pochi centimetri dal mio, sentivo la sua fronte calda a contatto con la mia, fredda. Un mix perfetto.

Riuscii a sentire il suo profumo inebriante, amavo quel profumo a tal punto che non feci nulla per scansarmelo di dosso.

Io: Mirko io

Non mi fece finire la frase.

Mirko: Ascoltami Aria, e ascoltami bene. Tu sai perfettamente che nei tuoi confronti non provo solo una semplice, stupida e ingenua amicizia. Sai benissimo quali sono i miei veri sentimenti, e io non ce la faccio più. Non ce la faccio più a stare a guardare, non ce la faccio più a guardarti ridere senza poterti baciare, non ce la faccio più, punto. Non so cosa mi stai facendo, non so se mi stai facendo del bene o del male, inconsciamente. Ma io ho bisogno di te, ti prego.

Inizialmente nelle sue parole potei percepire solo un senso di rabbia misto a frustrazione, ma andando avanti abbassò sempre di più il tono della voce, quasi sussurrando.

Mi venne da piangere in quel momento, non saprei spiegare nemmeno io il perché.

Io: Mirko sono così confusa, non so più cosa fare e pensare.

Sussurrai cercando di non guardarlo negli occhi.

Lui alzò con un dito il mio mento, in modo che potessi avere una visuale completa del suo viso.

Mirko: Lasciati andare, lasciati andare ai sentimenti e non avere paura ad amare, Aria.

Detto questo azzerò lentamente la distanza tra i nostri volti, e toccò le mie labbra ruvide con le sue, morbide.

Non opposi resistenza, cercai di seguire il suo suggerimento e mi lasciai andare a quella strana sensazione, a quel suo maledetto profumo, mi lasciai andare a lui.


Angolo autrice:

Buona sera, cavolo due capitoli a distanza di poche ore, incredibile! Mi sentivo in dovere di pubblicare almeno due capitoli, data la mia persistente assenza.
Come al solito ditemi cosa ve ne pare lasciando un commento e votate se volete!
Alla prossima❤️

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 24, 2016 ⏰

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