Rosie si svegliò all'ospedale, con una flebo in vena, su di un comodo letto.Non c'era nessuno nella stanza, era sola, come sola era cresciuta. La camera era candida, forse troppo bianca e c'era un profumo; un odore di pulito; che la rese calma.
Passò un dito sull'ago che aveva nel braccio ma nel suo movimento una fitta la fece rabbrividire. Aveva paura di guardare il punto da cui si diffondeva il dolore, ma lei era coraggiosa. Tirò giù le coperte; quel che poteva; e osservò l'addome fasciato. Esercitò una leggera pressione sulla piccola chiazza di sangue che macchiava la fasciatura, proprio sopra il foro del proiettile e un gemito sfuggì dalle sue labbra.
<<Non devi toccarti>> disse il medico entrando nella stanza. La sua figura fu seguita da quattro uomini in giacca e cravatta. Rosie squadrò i loro volti e riconobbe quello di Tom. <<Io sono Peter Simonson, proprietario del The Simonson, palazzo in cui lei si è presentata due giorni fa>>. L'uomo le porse la mano. Rosie la strinse con titubanza. <<Loro sono i miei due avvocati, e lui è mio figlio, Timoty Simonson>>.
Quando le mani dei ragazzi si incontrarono Rosie si domandò se poteva parlare, dirgli "ti ricordo di me?" ma rimase in silenzio. <<Qual'è il suo nome?>> le chiese uno dei due avvocati. <<Rosie>> <<per intero prego>> <<non lo so, non l'ho mai saputo>>.
Gli uomini si guardarono, <<non ha un certificato di nascita?>> le chiesero, <<no>> rispose con semplicità.
Rosie non aveva mai avuto una casa, non aveva mai avuto un'infanzia, non aveva mai avuto una madre.
L'uomo che la tenne i primi anni di vita non le disse mai dove l'aveva travata. Era morto da tempo e lei non ricordava neanche più il suo volto, ma ricordava il bene che provava nei suoi confronti. Da allora crebbe in strada. Rubava per vivere ma non era una ladra, prendeva solo ciò che gli era strettamente necessario, solo a chi non serviva poi così tanto.
Quel giorno; la prima volta che conobbe Tom; gli avrebbe preso l'orologio se solo avesse saputo la sua identità sin dall'inizio. Glielo avrebbe sfilato mentre lo aiutava a rialzarsi e avrebbe infilato un bigliettino nella tasca per chiedergli scusa, perché era fatta così, lei era buona.
Vorrei elogiare anche Tom con un lungo monologo, ma su di lui non c'è molto da dire. Guardava Rosie con una certa indifferenza, non che mi potessi aspettare molto da lui, ma per una piccola parte; con mia sorpresa; c'era anche qualcos'altro, forse compassione.
<<Perchè sei venuta nel mio palazzo?>> chiese Peter. <<Perchè ero sicura che li, qualcuno avrebbe chiamato l'ambulanza>> disse la verità, perché oltre ad essere buona era anche sincera.
Cresciuta dal marcio del mondo, ma pura come l'ossigeno.
Tralasciò il fatto che quel qualcuno era Tom; lui la voleva portare in ospedale per un labbro rotto, era sicura che ce l'avrebbe portata per un proiettile.
<<Sai chi ti ha sparato?>> le chiese l'avvocato. <<No, non ho neanche visto da dove è partito il colpo. Non ho sentito il proiettile che attraversava la carne. Ho sentito solo il calore; il calore del sangue che colava e mi bagnava il costato e la gamba>>.
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Il medico annunciò che Rosie doveva andarsene. Non aveva un'assicurazione e non poteva rimanere un giorno in più.
Peter immaginò la ragazza per strada, ferita, tra le braccia del gelido inverno, <<la ospiteremo noi>> <<ma Peter>> disse il figlio sottovoce chiamandolo per nome, perché non lo aveva mai chiamato "papà".
<<Starà da mio figlio>> disse sicuro, annunciando la notizia ai due avvocati.
Si, a Tom faceva pena Rosie, ma non la voleva in casa.
Per un momento rimpianse di avergli dato il biglietto da visita quel giorno.<<No>> disse Rosie, rassicurando i pensieri di Tom, <<non posso accettarlo>> continuò. <<Non starai li senza far nulla. Lavorerai appena potrai, pulirai casa, ti offriremo un salario; giusto quel che ti serve per mangiare; e un letto su cui dormire>> sorrise, <<la tua casa è così grande, e ti farà bene la sua presenza. Magari ti renderà più umano>>. Disse Peter rivolgendosi al figlio.
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La Vagamondo
Short StoryFaceva male; più la guardava e più faceva male. Non credeva possibile questo dolore, un dolore così forte da lacerarlo dall'interno. Come aveva potuto lasciarla andare? Come? Si domandava.