Fine

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Faceva male; più la guardava e più faceva male.

La stava lasciando andare via per sempre, perché sapeva che non l'avrebbe più rincontrata.

Davvero sarebbe stato lì a non far nulla, a rimanere fermo e guardarla scomparire?

Lo fece.

Rimase accanto al padre; perché lui era Timoty Simonson, proprietario del The Simonson e non poteva innamorarsi; figuriamoci se si poteva innamorare di una vagamondo.

Perchè il suo non era mai stato un sentimento, era solo attrazione fisica. Voleva fotterla; ecco; l'aveva detto a se stesso, o forse lo stava imparando a memoria.

Lui velava scoparla anche quando l'ha vista per terra immersa nel sangue, o quando l'ha vista in ospedale tra le lenzuola bianche, o quando ha passato l'intera serata a guardare cenerentola. Non c'era sentimento, era solo libidine.

Guardò l'uomo che aveva accanto, guardò ciò che sarebbe diventato: un ricco imprenditore immerso nel lavoro e nei soldi; un uomo che non avrà mai tempo per i propri figlio o per i sentimenti.

E Tom, lasciando andare Rosie, era pronto a divenire la fotocopia di suo padre.

Ma che cazzate si stava raccontando? A cosa voleva credere?

Lei lo aveva cambiato, gli aveva insegnato cose che non si imparano sui libri.

La voleva accanto a se per guardarla ogni mattina, per prepararle la colazione sperando che lei non lo facesse mai per lui, perché non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle che quelle uova erano troppo salate ed il bacon bruciato. Voleva guardarla mentre si osservava allo specchio la cicatrice e voleva stare li per dirle quanto è perfetta nella sua imperfezione.

Voleva continuare ad imparare da lei, perché lui il mondo non l'aveva mai conosciuto.

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Scese di corsa le scale perché l'ascensore ci mise troppo tempo a raggiungere l'attico.

I polmoni gli bruciavano, ma non importava perché per la prima volta stava provando a lottare per qualcuno a cui teneva.

Arrivò all'atrio e nello stesso punto dove la vide il mese scorso, immersa nel suo sangue; lei era li, con in mano le sue scarpe.

Rosie si voltò e vide Tom, <<non serve>> disse da lontano.

Tom la raggiunse troneggiando sulla sua esile figura, <<mi dispiace>> sussurrò ansimando, <<non c'è bisogno che ti scusi>> <<devo farlo. Non voglio che tu esca da quella porta>> disse indicando il vetro che li avrebbe divisi per sempre se Rosie l'avesse sorpassato.

<<E che faremo Tom? Ha ragione tuo padre, dobbiamo tornare alla realtà>> <<rimani con me>> sussurrò avvicinandosi ancor di più.

La guardò negli occhi. Non poteva più trattenersi. Le lasciò un leggero e delicato bacio solo per vedere come avrebbe reagito, per capire se poteva dargliene un altro, per capire se poteva toglierle il respiro; ma non fece in tempo che le labbra di Rosie furono sulle sue.

Lo baciò con passione, assaporando ogni centimetro della sua bocca bramata da così tanto.

Le mani di Tom scesero sui fianchi di Rosie e li strinsero per trasmettergli calore. Le dita di Rosie si infilare tra i capelli di Tom e li tirarono leggermente provocandogli un gemito.

Fu Rosie ad allontanarsi per prima. <<Non possiamo>> disse respirando sul collo di Tom. <<Guardami. Questo non è il mio mondo, e quello la fuori non è il tuo>> continuò indicando le porte di vetro dell'edificio.

<<Potrebbe diventarlo>> disse Tom con una voce profonda, <<diamoci un'occasione>> la supplicò.

Rosie sorrise, lo guardò e decise. Rosie avrebbe dato un'occasione a Tom e Tom avrebbe dato un'occasione a Rosie.

Insieme si diedero quell'occasione che non si erano mai concessi. Quella possibilità che la vita aveva negato ad entrambi.

Chissà come andrà a finire?

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