Parte 4

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La casa di Tom era enorme. Si articolava su due piani, aveva una stile moderno ed era luminosa. Il parquet brillava sotto la luce della luna che entrava dalla grande finestra al centro del salone. Il divano scuro era in contrasto con la pareti chiare e pallide.

Il camino acceso le sembrò irreale.

Rosie cercò di alzarsi dalla sedia a rotelle che l'aveva portata fin lì. Il proiettile non era andato a fondo nella sua carne, non avevo preso organi vitali, e sotto anti-dolorifici il dolore era sopportabile. Si alzò titubante sentendo la pelle tirare e bruciare, ma si alzò. Fece due passi e si appoggiò sulla grande finestra, al centro della stanza mentre si sorreggeva l'addome.

Era un appartamento al diciassettesimo piano, e da quella finestra si veda quasi tutta New York immersa nel nero della notte.

Rosie aveva sempre avuto paura della notte, perché poteva accadere di tutto; ma guardare la sua città da un diciassettesimo piano la rasserenò, le diede quella sensazione di appartenenza e sicurezza che forse non aveva mia provato, se non da bambina quando non si rendeva conto dei problemi e c'era qualcun altro a risolverglieli.

La sensazione scaturita dall'osservare il panorama senza esserci dentro la rapì.

Tornò a guardare la sua città, perché infondo, era più sua di quanto non fosse di Tom. Lei la conosceva come il palmo della sua mano, mentre lui non si era mai avventurato al di fuori dei ricchi quartieri.

Rosie ci era nata forse, non lo sapeva con certezza, ma di  sicuro ci era cresciuta. E crebbe in fretta come una ragazza non dovrebbe fare.

Si chiese molte volte perché non aveva il desiderio di cambiare città, allontanarsi dal tugurio in cui viveva; sempre se possiamo definirla vita; e trovava la risposta nelle stelle. La sera, quando aveva paura, le guardava e le riconosceva. Non era mai andata a scuola, quindi si creò delle costellazioni tutte sue.

Ogni sera le ritrovava, sempre lì, che la guardavano. Aveva paura che allontanandosi le avrebbe perse e non poteva permetterlo.

Rosie non riusciva più a stare in piedi. Così si lasciò scivolare a terra accompagnando il movimento da un leggero lamento. <<Stai bene?>> le domandò Tom afferrandola e aiutandola a sedersi. Rosie lo guardò e sorrise. <<E' bellissimo>> disse semplicemente continuando a guardare fuori.

<<Vieni, ti porto a letto>> <<posso rimanere qui?>>. Tom aggrottò le sopracciglia mentre mostrava un leggero sorriso sulle labbra, <<non è strano dormire su di un pavimento?>> domandò divertito, <<no, per chi non ha mai avuto un letto>>.

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