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Il cielo era scuro, da lì a poco avrebbe iniziato a piovere.
Dinanzi a me vi era un cimitero, un gruppo di persone era raggruppato davanti ad una tomba, ma ero troppo lontana per capire di chi si trattasse.
Mi avvicinai cautamente, per paura di essere cacciata o roba del genere.
Mi misi a correre quando intravidi Raven e Erik in mezzo alla massa, erano entrambi vestiti di nero, in lutto.
Non appena fui di fianco a loro li richiamai, ma era come se non mi sentissero. Mi posizionai davanti a loro, ma era come se non mi sentissero. Mi venne un colpo quando posai una mano sulla spalla della mia amica e questa la trapassò, come un fantasma.
Lei teneva una mano sulla bocca, con gli occhi pieni di lacrime. Mi sentivo triste per lei, ero preoccupatissima, volevo aiutarle in qialche modo, ma non mi era concesso a quanto pare.

<< Perché? Perché proprio lui? >> continuava a farfugliare, rivolta a Erik. Quest'ultimo le mise un braccio intorno alla spalla, consolandola a modo suo.

In lomtanaza intravidi anche Sean, Alex, Hank e persino l'agente McTaggert, Moira.
Un dubbio mi salì in mente, facendomi salire la preoccupazione e la paura.
Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, voltandomi lentamente verso la tomba, con il terrore a mille.
Aprii lentamente gli occhi, scoprendo che le mie paure divennero realtà.
Mi portai le mani alla bocca, accassciandomi pian piano al terreno, incapace di muovermi, di parlare.
Sentii un dolore al petto, il mio cuore si sgretolò, come granelli di sabbia.
Bruciava, era insopportabile.
Mi sentivo impotente, incapace di far niente.
Le lacrime uscivano ininterrottamente, bragnandomi tutto il viso, mentre songhiozzavo come se non ci fosse un domani, non per me, non per lui.
Sulla lapide c'era inciso un nome:

Charles Fancis Xavier

***

Mi svegliai di soprassalto, urlando spaventata.
Cercai con una mano Charles alla mia sinistra nel grande letto, ma ero sola.
Continuavo a guardarmi in giro spaesata con il respiro affannoso, chiedendomi dove fosse finito. Alcuni istanti dopo mi ricordai della missione a Cuba.
Non erano ancora tornati.
Mi coprii la bocca con una mano, sbadigliando stanca. Con il cuore in gola mi ricoricai, sperando di riuscire a prendere sonno. Chiusi gli occhi, e ricaddi tra le braccia di Morfeo.

***

Il divano era particolarmente comodo quel pomeriggio. Ero stravaccato su di esso e stavo cercando un modo per distrarmi.
Il pensiero che Charles fosse in pericolo continuava a girarmi per la testa, e non potevo neanche accertarmi se fosse vero o no, causandomi irritazione.
Il sogno di quella notte non migliorò di certo le cose; anzi, la paura salì.
Accesi la televisione, per vedere se ci fosse qualcosa che mi potesse aiutare, ma niente.
Mi feci uno chignon alla ben e meglio e mi alzai di controvoglia, avvicinandomi alla libreria piena zeppa di romanzi. Diedi un'occhiata alla veloce, per vedere se ci fosse qualcosa che stimolasse il mio interesse, quando il mio occhio cadde su un titolo: Ventimila Leghe Sotto I Mari.
Estrassi il volume con cautela, sapendo quanto ci tenesse ad essi, esaminai la copertina vedre scuro, e tornai al mio posto. Tolsi le scarpe e misi i piedi sopra il divano, pronta a calarmi nella lettura, quando sentii qualcosa suonare. Sobbalzai per lo spavento, ci misi due secondi per capire che si trattasse di un clacson.
Mi avvicinai alla finestra, e non appena vidi la chioma chiara di Alex non potei che sorridere. Erano tornati.
Corsi più veloce che potei in giardino, desideriosa di rivedere tutti quanti. Soprattutto il ragazzo dagli occhi azzurri.
Sembravo letteralmente una pazza, più del solito, ma la felicità fuoriusciva da tutti i pori.
Aprii il grande portone e mi precipitai verso la macchina, buttandomi su Alex, stritolandolio in un abbaraccio.
Anche se mi prendeva sempre in giro, gli volevo bene. Lo lasciai andare dopo diversi istanti, cercando con lo sguardo Charles.
Era seduto al sedile del passeggero, indossava una semplice camicia azzurra e dei pantaloni neri.
Non ci pensai due volte e mi fiondai tra le sue braccia, circondandogli il collo e appoggiando la testa nel suo incavo. Le sue mani vagavano sulla mia schiena, stringendomi gelosamente, come spaventato che potesse succedermi qualcosa.
Misi le mani sulle sue guance e premetti le mie labbra sulle sue.
Era lì, non stavo sognando, era proprio lui. Potevo smetterla di preoccuparmi, era sano e salvo.

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