XXXIII - Lights

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Jean lo vide accadere a rallentatore, orribilmente filtrato dai suoi occhi: il corpo di suo padre che, in una parabola discendente, crollava al suolo circondato da fiotti scarlatti, sospesi nell'aria per un battito di ciglio e poi improvvisamente giù, a impregnare il terreno, già zuppo del sangue delle altre vittime.
Era stato così veloce che quasi non se n'era accorto, aveva capito la portata dell'accaduto solo all'ultimo istante, quando aveva visto la smorfia d'orrore che aveva corrucciato il volto di Jonathan e aveva fatto posare lo sguardo sul buco che gli si stava allargando nel petto, apparentemente comparso dal nulla.
Per un secondo, solo un singolo e infinitesimale secondo, rimase bloccato a sua volta, la figura a terra che si sfocava e la mente che ritornava indietro, mostrandogli immagini che si era ripromesso di non ricordare mai più.

Ian sospirò di contentezza, affondando la testa albina nel soffice cuscino: È proprio bellissimo, non è vero? mormorò, coprendosi col lenzuolo per nascondere un timido sorriso.
Isabelle scoppiò a ridere, finendo di piegare i vestiti che aveva lasciato ammassati sulla sedia accanto alla scrivania, e si sedette sul suo letto: Sì, lo è. rispose, sporgendosi per accarezzargli i capelli affettuosamente: Ti piace molto, eh? domandò, trattenendo un'altra risata. La prima cotta di Ian. Era esilarante, considerando che fino ad allora non aveva nemmeno dato sentore di sapere cosa fosse, l'amore romantico.
Ian arrossì, diventando di un bel rosso pomodoro che risaltava splendidamente sulla sua pelle chiarissima: Non proprio così tanto, è che... Insomma... È così...
Fammi indovinare, bellissimo? concluse lei, sogghignando.
Sì! rispose precipitosamente il Cacciatore, per poi spalancare la bocca: Cioè... È alto, e simpatico, e divertente, e intelligente, e ha questi occhi...
Occhi bellissimi, e un sorriso bellissimo, e dei capelli bellissimi, e delle mani bellissime, e un culo bellissimo...
Papà! urlò scandalizzato Ian, lanciando un'occhiataccia all'uomo appena appoggiatosi allo stipite della porta: Smettetela! borbottò poi, guardando trucemente anche Sebastian, che gli faceva le boccacce sporgendosi dalle braccia del padre e ripetendo: Ian ha una cotta, Ian ha una cotta!
Il quattordicenne scivolò ancor di più sotto le coperte: Siete degli stronzi! si lamentò, imbronciandosi.
Jonathan tossicchiò per coprire una risata, ed entrò nella stanza: Andiamo, non fare così, ti stiamo solo prendendo in giro. tentò di rimediare, mentre Sebastian si slanciava in avanti, ansioso di essere poggiato accanto al fratello per strisciare sotto le coperte e abbracciarlo.
Soltanto due o tre ore dopo, nel cuore della notte, Ian si destò lanciando un urlo straziante, così forte da graffiargli la gola.
Era il dolore peggiore che avesse mai sentito, la peggiore tortura a cui potesse mai essere sottoposto, l'incubo peggiore in cui potesse mai essere intrappolato.
Si gettò in avanti, annaspando e incontrando il corpo ancora addormentato del suo fratellino, che stava iniziando a svegliarsi a causa del rumore.
Non riusciva a pensare, non riusciva a fare nulla, men che meno a sfuggire da quella morsa che gli stringeva sempre di più le ali, trascinandolo indietro.
Voltò il capo per quanto poteva, incontrando lo sguardo assolutamente freddo di uno dei tre uomini che lo tenevano saldamente ancorato al letto.
Da lì in poi era tutto un tremendo caos, qualcosa che era riuscito a ricostruire soltanto grazie a vaghi frammenti, sogni e conoscenza più o meno inesatta di quello che era successo.
Sapeva esattamente cosa gli avevano fatto, ma non lo ricordava.
Strillava e strillava e strillava e non riusciva a capire perché nessuno lo aiutasse, perché suo padre non avesse già sfondato la porta e il cranio di quei pazzi.
Invece no, nessuno l'avrebbe aiutato, c'era solo lui che con il suo peso schiacciava a letto Sebastian, che piangeva terrorizzato.
AIUTO! AIUTO! Quelle parole furono seguite da mugolii insensati e grondanti di dolore. Erano passati dodici anni dalla sua permanenza nelle celle di Melchizedeck, e forse nemmeno quello era paragonabile alla tortura a cui lo stavano sottoponendo. PAPÀ! PAPÀ, TI PREGO!
Altri buchi neri, altri pezzi mancanti. Il nulla più assoluto.
Lui tirava da un lato e i suoi aguzzini verso l'opposto, poteva fisicamente sentire le piume staccarsi dalle sue ali come se qualcuno gli stesse strappando via ciocche di capelli dalla testa, ma quello non era nulla.
Avvertiva i muscoli che tiravano sempre di più e i due arti che iniziavano millimetricamente a staccarsi, l'affondare di una lama abbastanza pericolosa da affettare le ossa.
Pensò di essere già morto, e in effetti avrebbe dovuto esserlo davvero, non fosse stato per una frase di troppo di uno degli assalitori: Va' ad occuparti degli altri bambini.
C'era il suo fratellino sotto di lui. Regina e Christopher, se non erano balzati nel letto a causa del loro udito sopraffino, stavano ancora beatamente dormendo nella stanza di fronte.
Probabilmente fu quello che gli diede la scossa, l'energia necessaria a reagire nonostante volesse solo far terminare quell'agonia il più velocemente possibile.
Ringhiò, e al posto di continuare ad opporsi si gettò indietro, cogliendo di sorpresa gli uomini in nero - ibridi, avrebbe riconosciuto in un secondo momento - e sbalzandoli appena, il tempo necessario per raccogliere Sebastian e schizzare fuori dalla porta, fiondandosi in quella di fronte.
Se s'impegnava, ancora oggi riusciva a rievocare il dolore provato, sebbene non perfettamente, ma ciò che più aveva impresse nella mente erano le espressioni dei gemelli, che all'epoca avevano soltanto dieci anni.
Non avrebbe saputo dire se le loro facce fossero completamente vuote, spoglie di ogni emozione, o cariche del terrore più nero.
Non era mai stato un asso nelle questioni emotive, e con il panico che gli attanagliava le viscere lo era ancor meno.
Reg! Chris! Alzatevi e infilatevi le scarpe, ADESSO! ordinò, cercando di mantenere il sangue freddo, mentre allo stesso tempo Christopher osservava con una calma che sarebbe risultata inquietante, non fosse stato che si trattava di un bambino non proprio normale in una famiglia per nulla normale: Ian, sei tutto sporco di sangue.
Il ragazzo posò Sebastian tra le braccia di Regina, che aveva finito a tempo record di infilarsi un paio di stivali: Non lo devi mollare, capito? Per nulla al mondo.

Shadowhunters - City of MarbleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora