Capitolo XIV

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* Ecco qui un altro capitolo. Spero vi piaccia, al solito e spero che qualcuno possa lasciare un commento, facendomi sapere cosa ne pensa, oppure una stellina. La storia inizia a intrecciarsi sempre di più e ovviamente succederanno ancora un bel po' di cose. Non ho altro da dire, quindi al prossimo capitolo! Kiss *

- Tomlinson, sveglia! E' l'ora della colazione - sbattei lentamente le palpebre stanche e gonfie e mi alzai dal lettino. Avevo cercato di riposare, ma mi ero svegliato un paio di volte, durante la notte, urlando a causa di alcuni incubi. Alla fine avevo rinunciato al sonno, appoggiandomi alla parete accanto al letto e fissando il muro di fronte come un automa. Mentre tutto accanto a me scorreva, così come la notte aveva lasciato il posto al giorno, quello che avevo dentro mi si era completamente bloccato, perfino il cuore.

La guardia al solito aprì la porta, ma sembrò stupito di vedermi già in piedi di fronte ad essa. Solitamente ci mettevo qualche minuto a svegliarmi, ma in quel momento non ne avevo bisogno, considerato che ero già sveglio. Tremai un po' per il freddo, stringendomi il busto con le braccia e cercando di riunire lo squarcio della tuta provocato da Manuel, la sera prima.

- Cinque minuti per usare i bagni. Puoi fare la doccia, ti ho procurato una nuova tuta - quasi avrei riso al fatto che avevo consumato più tute io che tutti i detenuti presenti in quel carcere, ma restai in silenzio e annuii. Con la coda dell'occhio notai Styles fissarmi in modo strano. Cosa? Si aspettava che gli rivolgessi la parola, un sorriso o che magari scherzassi con lui? Come dovevo fargli capire che mi aveva sbriciolato l'ultima parte a cui potevo aggrapparmi per sopravvivere all'inferno? Mi aveva scopato per un ordine di Mike. Mi aveva scopato per svuotarsi le palle. Mi aveva bellamente preso in giro con stupide bugie. E ciò che più mi feriva era avergli creduto per tutto il tempo. Aver creduto di aver fatto l'amore... ma la guardia non sapeva nemmeno cosa significasse amare.

Entrai nei bagni e mi guardai furtivamente attorno. C'era una doccia libera con una tuta arancione accanto e un paio di boxer e calzini. I detenuti che stavano usando il bagno non avevano nemmeno fatto caso a me, così ne approfittai per lavarmi di corsa, prima che Manuel o chissà chi altro potesse entrare. Il cuore batteva a mille per l'ansia e posso giurare di non essermi mai lavato così velocemente in tutta la mia vita. Dopo cinque minuti, ero di nuovo fuori dai bagni, a sospirare perchè mi era andata bene, ero sopravvissuto a quel momento della giornata.

Styles mi afferrò il braccio, dirigendomi verso la sala mensa. Avanzai senza ancor proferire parola. Forse mi si erano sbriciolate anche le corde vocali dopo tutte le lacrime di dolore versate, che come acido mi avevano corroso la gola.

Lascai che al solito mi raccomandasse di non fare casini, poi afferrai un vassoio vuoto e mentre aspettavo che la cuoca mi versasse il cibo, mi guardavo attorno alla ricerca di un tavolo vuoto. Sospirai felicemente, quando ne notai uno. Mi sedetti, poggiando il vassoio di fronte a me. Pizzicai un po' il cibo, assaggiando qualcosa, ma senza nemmeno gustarla. Sapevo di non avere appetito, che perfino lo stomaco rifiutava di collaborare con me, eppure cercavo di mangiare qualcosa per non indebolirmi. In quel luogo, potevo fare affidamente soltanto sulle poche forze che mi rimanevano.

Piano piano, la mensa, così come si era riempita, prese a svuotarsi. Notai Liam insieme ad alcuni amici, ma senza Zayn. Mi guardai attorno e corrucciai la fronte. Nemmeno Manuel e il suo amico erano nella sala. Possibile che se ne fossero andati prima ancora che potessi vederli? Fui tentato di alzarmi, raggiungere Liam e chiedergli che fine avesse fatto l'amico, ma ancor prima di pensarci una seconda volta, Harry mi aveva adocchiato e mi aveva fatto un gesto della mano. Sospirai rassegnato. Quella mattina una parte di me aveva sperato che al posto della guardia Styles, ci fosse Niall Horan. Almeno, il biondino, non aveva ancora fatto nulla per distruggermi, rispetto al collega dai capelli ricci.

- E' arrivato il momento di andare nella cella zero. Mike ha saputo che hai tentato di fuggire ieri sera. Una guardia è riuscita a bloccarti prima di Niall. Sai di aver fatto una cazzata, vero? - deglutii e il petto mi si infuocò. Avevo dimenticato, almeno per un po', l'esistenza di quella dannata cella. Era da più di una settimana che non ci mettevo piede e avrei voluto riavere la febbre, pur di starci lontano per altro tempo.

- Ti ho fatto una domanda! - sbottò la guardia, scuotendomi per il braccio. Fissai la sua mano, poi salii lentamente fino al suo viso e con sfida staccai il mio braccio dalla sua presa.

- Si, so di aver fatto una cazzata - dissi con la voce rauca per non aver detto nulla dalla sera prima. Dovetti schiarirmi la voce per farmi capire meglio.

- Bene, vedi di evitare queste cose. Se non vuoi essere punito, devi stare lontano dai problemi -

Lo ignorai, camminando al suo fianco. Harry fermò i suoi passi e innervosito mi prese per le spalle e mi trascinò fino a scontarmi con il muro.

- Non mi piace essere ignorato, quindi se non vuoi peggiorare la tua situazione, ti conviene rispondermi e smetterla di fare quello offeso -

- E' dal primo giorno che cerco di tenermi lontano dai problemi, purtoppo sono loro che mi vengono addosso e mi mettono con le spalle al muro! - sputai fuori, con le lacrime agli occhi. Harry capì la metafora e mi lasciò andare. Lui era uno di quei problemi.

- Pensi che sia stato io a voler essere portato in quella cella? A voler perdere la verginità con uno stupro? Mi hanno costretto Harry, io ho cercato sempre di evitarlo! - un singhiozzò si fece largo nel petto e asciugai quella piccola lacrima, che velocemente, aveva raggiunto le mie labbra.

- Sei stato tu a fare di tutto per farti portare qui, in galera. Se non avessi ucciso, adesso te ne staresti a casa tua, tranquillo. Invece, dato che non ci hai pensato due volte a far fuori tuo padre, adesso sconti la tua pena, secondo dopo secondo. Devi capire quello che hai fatto. Non puoi passarla liscia o uccideresti di nuovo -

- No, non lo farei! -

- Tu dici? Se tutti i criminale qui trovassero la bella vita, commetterebbero continuamente crimini pur di venire qui! Invece in questo luogo devono trovare l'inferno e scottarsi con le fiamme, così l'unico crimine che commetterebbero sarebbe quello di mangiare di nascosto il cibo nella dispensa della propria casa - sibilò infuriato. Decisi di tapparmi la bocca. Una parola sbagliata avrebbe remato contro di me, e mi trovavo già in una situazione delicata.

- Non ero lucido quando ieri ho corso via. Non l'avessi fatto, se fossi stato consapevole del gesto, ma... -

- Non cercare scuse Louis, non servirebbe a nulla. Devo portarti alla cella zero, devi essere punito, punto e basta. Adesso cammina, anche arrivare in ritardo è a tuo sfavore - afferrò con due dita la manica della tuta e mi strattonò in avanti. Camminai a testa bassa, strisciando le scarpe sul pavimento e torturandomi le mani. Avevo voglia di urlare, rompere tutto quello che avevo a tiro e sfogarmi. La rabbia che giorno dopo giorno accumulavo dentro, mi avrebbe seriamente portato a commettere un omicidio.

La guardia aprì tutte le porte che conducevano a quella di ferro. Ad ogni passo il battito cardiaco mi si accelerava. Avrei perso il cuore ancor prima di mettere piede in quella stanza con le pareti in pietra.

- Mike... mi punirà... molto? - sperai di aver usato le parole giuste. Osservai la guardia sollevare le spalle in modo indifferente.

- Dipende dal suo umore. Poco fa era molto incazzato - deglutii. Bene.... molto bene.

-Mike - urlò Harry, richiamando l'attenzione dell'uomo che stava usando il frustino su un detenuto. Altre lacrime mi annebbiarono la vista. Non volevo di nuovo essere punito. - Ti ho portato il detenuto Tomlinson, come richiesto -

- Eccellente Styles. Fammi il favore di legargli le braccia alle corde che pendono dal soffitto della camera bianca -

La guardia girò lo sguardo in fondo alla sala, adocchiando la camera bianca, poi mi posò una mano sulla spalla e strinse la presa, spingendomi un po' avanti. Cercai di incollare i piedi al suolo, di porre resistenza, ma l'occhiata truce che mi riservò Harry servì a farmi camminare.

- Ti p-prego... portami via da qui... - sussurrai. Harry si irrigidì per qualche secondo, poi tornò rilassato. Aprì la porta e mi fece entrare nella camera bianca che descriveva perfettamente la stanza, dove ogni cosa era di quel colore. Come poteva, quel luogo, avere il colore della purezza?

- Perchè non ti opponi? Perchè non stai dalla mia parte? Non ti ho fatto nulla, non merito nemmeno di stare qui, ti prego, perchè non mi porti via? - singhiozzai. Harry mi ignorò, legandomi con le braccia alle corde che pendevano dal soffitto. Mi si avvicinò al viso e rabbrividii quando sentii le sue labbra sul mio orecchio.

- Tu meriti di stare qui - tremai, abbassando il viso verso il basso.

- E' davvero quello che pensi? O lo fai solo perchè te l'hanno ordinato? Harry io non sono l'assassino che ha ucciso tua madre, non puoi punirmi come se lo foss... - la guardia mi assestò un pugno in piena pancia. Sgranai gli occhi e sentii il fiato mancare per un po'. Mi piegai in due, per quanto mi fosse possibile a causa delle braccia legate e tossii.

- Stai zitto - sibilò. Mike entrò nella stanza, godendosi a pieno la scena.

- Che succede qui? - chiese, arrancando passi e affiancando il suo ragazzo.

- Ha detto qualcosa di troppo. Qualcosa che non doveva assolutamente sapere -

- Ci penso io a dargli quello che si merita - ridacchiò, afferrando il volto del riccio e baciandogli le labbra. Osservai con sdegno la scena, sentendo un dolore non solo allo stomaco ma anche al petto. Gelosia. Ero terribilmente geloso. Faticai un po' a riprendere fiato, ma ci riuscii.

- M-Mike cosa...? - chiese la guardia, quando l'uomo iniziò a baciarlo sul collo, proprio di fronte a me.

- Shh è tutto okay. Voglio fargli capire a chi appartieni -

- Non voglio farlo davanti a qualcuno! - sbottò il riccio, scostandosi un po' dalla presa.Mike però lo afferrò con più forza.

- Si, invece lo farai - avevo voglia di piangere. Già sapevo che Harry non potesse essere mio, ma quello era troppo. Non poteva farselo davanti a me. Non potevo reggerlo. Che mi picchiasse pure! Quello sarebbe stato un dolore che in tempo di una settimana sarebbe sparito. Ma i tagli inflitti al cuore, sarebbero rimasti per sempre.

Notai solo dopo che le mani di Mike erano finite a sbottonare l'uniforme di Harry. Lo aveva fatto indietreggiare fino al letto, che solo dopo mi ero accorto fosse proprio di fronte a dov'ero legato io. In poche parole, era inevitabile fissare la raccapricciante scena che si stava svolgendo davanti a me.

- Fagli sentire che sei mio - gli ordinò l'uomo, mordendo una porzione di pelle del collo di Harry. Quest'ultimo gemette, respirando con la bocca aperta. Le guance arrossate e l'espressione eccitata.

Non farmi questo. Ti prego, non farmi questo. Pensai.

- Diamo inizio ai giochi, piccolo - disse ridendo Mike, iniziando a spogliare il suo ragazzo.

Harry aprì gli occhi e per qualche secondo mi fissò, proprio nell'esatto momento in cui un lacrima mi stava tagliando il viso.

Come puoi distruggermi pur sapendo che io non ho fatto altro che amarti?

Come puoi non accorgerti di quanto male mi faccia non poterti avere? Non saperti mio?

Come puoi contribuire a ridurre a brandelli quell'unica parte di cuore che avevo saputo donarti?

Dovresti amarmi e invece non te ne accorgi... ma mi stai uccidendo.

E la consapevolezza di non poterti avere Harry, manda al diavolo quelle poche forze che mi spingevano verso di te.

Adesso... adesso sono sicuro di non avere più nulla a cui aggrapparmi per andare avanti.

Perchè senza volerlo, io dipendevo da te.

La mia innocente dose quotidiana di droga.

E come l'effetto della peggior droga, ci stai riuscendo benissimo ad uccidermi.

Ti avevo chiesto di salvarmi... ma tu hai deciso di ferirmi.

La cella zero. L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora