TOM
Raggiunsi finalmente l'uscita dell'aeroporto a gambe levate, iniziò a battermi forte il cuore, non sapevo se dall'ansia o dalla fatica di tutta quella fretta, che giornata psicopatica.
Chiamai d'istinto Ariel per sapere come stava ma una donna in preda al parto, in preda al dolore corrispondente a mille ossa in frantumi non mi avrebbe mai risposto; così digitai il numero di Joanne, sua madre, per sapere come procedeva:
<< Dove siete? >>
<< Ciao Tom, in sala travaglio, Ariel è dentro da più di un'ora, Angelika non vuole uscire >>
<< Dannazione! Sto raggiungendo l'ospedale con un taxi! >>
Staccai la chiamata sentendomi peggio di prima: ero tranquillo in parte per il fatto che Ariel fosse insieme a dei dottori competenti, ma dall'altra parte stavo per avere un attacco di panico al solo pensiero che la bambina non riuscisse ad uscire.
La stava sicuramente lacerando e io non potevo starmene con le mani in mano, dovevo assicurarmi che la mia donna e mia figlia stessero bene.
Presi il taxi in servizio nel parcheggio e gli indicai la direzione. Quando arrivai corsi dentro l'ospedale, abbastanza vuoto nei corridoi, e senza passare dal pronto soccorso andai diretto all'ascensore per il terzo piano, ginecologia.
Non solo ero agitato per l'avvenimento, lo ero per le fans che avrebbero irrotto immediatamente nell'ospedale se avessero avuto la vista aguzza per notare me e la famiglia di Ariel; uscii dall'ascensore e appena a sinistra vidi mamma, papà e sorella della mia fidanzata bianchi e pallidi.
Solo Lucy, sorella maggiore di Ariel, pareva essere più tranquilla, forse perchè era mamma da poco e riusciva a capire la situazione dolorosa meglio di Joanne, che ormai era da vent'anni che non provava un parto.
Salutai senza far troppo rumore e notai che nel corridoio eravamo soli.
Vidi un'infermiera avvicinarsi a noi con un'aria abbastanza disinvolta:
<< Signori, vostra figlia si trova nella porta a fianco a questa stanza, la sala parto. Stiamo facendo il possibile, restate tranquilli qui, grazie >>
Poi si girò verso di me:
<< Signor Kaulitz che piacere vederla di persona! Lei è un ragazzo meraviglioso sia musicalmente che personalmente io.. Io.. >> Si interruppe e io rimasi sbigottito due secondi pensando a cosa diamine centrasse in quel momento.
<< Scusi sto uscendo fuori binario, lei è il padre giusto? >> Mi disse correggendosi con la mano in segno di imbarazzo.
<< Si sono io, credo... >> Esclamai per rompere il ghiaccio, ma non ottenni una risata di approvazione alla battuta da parte di nessuno.
L'infermiera mi fece segno col dito di seguirla e io mettendo le mani in tasca e mordendomi il mio solito piercing mi diressi nel corridoio dietro di lei.
ARIEL
Era da più di un'ora che ero chiusa lì dentro, in quell'inferno bastardo. Ero sudata ormai come se avessi fatto un bagno ed addosso avevo solamente un camice bianco che mi avevano fornito i dottori.
Mi trovavo in piedi con le mani poggiate contro il muro, dietro di me un'ostetrica mi massaggiava i lombi per distrarre la mia attenzione dal dolore delle contrazioni.
Erano sempre più vicine, ogni minuto adesso.
Ruppi le acque circa mezz'ora prima e fu un'esperienza terrificante, non credevo che una donna perdesse così tanti liquidi.
<< AAAAAAH >> Un urlo uscii dalla mia bocca e mi fece piegare in due dal dolore. Non avevo più forze, sentivo le gambe formicolare e rammollirsi mentre io continuavo ad irrigidire il bacino per rimanere concentrata.
I dottori mi misero sul letto di nuovo. Mi fecero cambiare posizione almeno dieci volte per poi tornare a rimettermi sdraiata con le gambe divaricate sull'apposito poggia-piedi.
Sentii di stento la porta aprirsi al mio lato e afferrando il lenzuolo e urlando mi voltai a malapena per vedere chi fosse.
Tom.
L'amore della mia vita era lì, sulla soglia di quella porta. Non riuscii a vedere i vestiti ma vidi una treccina spuntare dalla cuffia che le avevano dato e dall'altezza e il portamento dedussi che si trattava di lui.
Mi voltai di nuovo tornando a concentrarmi sul bacino e dal poco controllo che avevo riuscii a farmi anche la pipì addosso, cosa normalissima.
Tom senza parlare ma ad occhi spalancati da sotto la mascherina, mi strinse la mano zuppa di sudore.
Mi sentii in un attimo più protetta ma non abbastanza da anestetizzare il dolore atroce che mi stava praticamente squarciando a più non posso.
Arrivai al punto in cui il male al ventre era diventato secondario: sentii parlare il primario con l'ostetrica che a sua volta mi disse:
<< Se lei non spinge seguendo la respirazione dovremo farle un cesareo d'urgenza, signorina >>
Non vedevo i visi ma solamente le maschere solite dei dottori, e anche Tom era tutto avvolto dall'uniforme a causa dell'igiene.
A quelle parole mi spaventai a tal punto di spingere con una forza sovrannaturale che penso che mi regalò Dio in quel momento. Sarei svenuta o morta se la bambina non si fosse decisa ad uscire e quindi sfruttai quella scarica di adrenalina che mi era venuta in quel preciso istante.
Vidi l'ostetrica avvicinarsi con le mani nella parte bassa di me come per afferrare un qualcosa e capii che la bambina aveva già oltrepassato la vagina.
Feci un ultimo sforzo toccandomi la testa con una mano e notando che ero bagnata fradicia di sudore e poi un ultimo urlo prima della nascita.
Sentivo il pianto dolce di una neonata, quella era mia figlia.
TOM
Ero seduto vicino ad Ariel che in quel momento sembrava la bambina dell'esorcista, ingestibile.
Cercai di darle conforto aiutandola con la stretta di mano e qualche parola di incoraggiamento ma lei in preda al dolore non riusciva a darmi retta e forse nemmeno mi aveva sentito.
Quando la vidi in quella stanza mi sentii completamente strano, diverso. Un uomo. Un padre.
Il suo pancione era gonfissimo e non si vedeva neanche più i piedi secondo me, ma non era ingrassata più di tanto. Era sempre una gnocca.
<< Signor Kaulitz vuole avvicinarsi a me e mettersi di fronte alla ragazza per assistere al parto? >> Mi domandò l'ostetrica socchiudendo gli occhi da sotto la mascherina in segno di un sorriso e io annuii senza capire troppo bene cosa stava per succedere.
Mi posizionai davanti al lettino e deglutii, davanti a me vidi ciò che non avrei mai voluto vedere. Un trauma.
C'era solo del sangue e la sua cosa, beh la sua cosa era dilatatissima e sembrava deformata. Stavo per vomitare e piano piano sentii le voci allontanarsi quando la testa di mia figlia iniziò ad intravedersi ed io caddi all'indietro come un sacco di patate. Da quel momento non ricordai più niente.