Tenth

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Jodie mi chiamò.

Mesi fa.

Sentivo le sue lacrime scorrere

dall'altra parte del telefono.

La sua voce tremava,

la lieve interferenza di linea

mi fece pensare che non riuscisse

a respirare.

Era molto tardi.

Le tapparelle della mia finestra erano chiuse,

la porta della mia stanza

lasciava intravedere

il sottile raggio di luce

blu

emesso da una lucina da notte.

Mamma le metteva sempre

in corridoio.

Così che se mi fossi svegliato

in piena notte,

avrei potuto vedere dove mettevo i piedi.

In quelle settimane però

non mi ero addormentato mai.

Così guardavo il riflesso

della lucina da notte

blu

contro le assi di legno del pavimento.

"L'ho sognato"

il respiro le si impigliò in gola.

Io non risposi.

Pensai velocemente a qualcosa

qualsiasi cosa

per rassicurarla.

Le avrei voluto dire di chiudere gli occhi,

di dimenticare.

Ma mantenni il silenzio.

Il ronzio della linea aperta

si interruppe un paio di volte.

Tre.

"Anche io".

Chiuse la chiamata.

Credetti davvero di aver rovinato tutto.

Pensai ad un modo

per farmi perdonare

qualunque cosa avessi fatto.

Le avevo detto la verità,

tu dicevi sempre che una verità

seppur dolorosa

è meglio di qualunque bugia.

Così io le avevo detto quella verità,

seppur dolorosa.

Ti sognavo

anche se non mi addormentavo.

Bastava un sospiro,

un pensiero,

e mi comparivi davanti come un fantasma.

In quel periodo riuscivo quasi

a sentire la tua voce.

Ricordavo chiaramente

ogni cadenza

del tuo timbro.

Adesso riesco solo a rammentare

un tono roco e basso,

parole lasciate a metà

riprese in fretta

perse tra una frase e l'altra.

E delle tue canzoni.

Quelle tue poesie,

potrei recitarle

anche adesso.

Potrei cantarle

ovunque.

Quelle tue canzoni,

che parlavano di noi.

-Sempre tuo, Michael.

Always Yours, Michael // 5sos (3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora