Dream.

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Lo sognai, quella notte. Lo vidi in sogno come non osava farsi vedere nella realtà.
Ali di fumo nero si aprivano ad incorniciarne il corpo cadaverico Metre sullo sfondo il paesaggio si congelava e diventava grigio. Il mondo tormentato dal sibilio del vento, che muoveva le ciocche dei suoi capelli neri come una madre quelli del figlio, mostrandone il volto.
Un volto spento.
Un volto morto.

••••

Lo ammetto.
Ci ho pensato.
Fu un attimo, fu solo per un attimo.

Una silenziosa frazione di secondo, un momento che sfrecciò nella mia mente come un uccello che si sporge sull'orlo dello stormo, e poi ci si rituffa immediatamente, spaventato dall'immensità del cielo.

Ma ci ho pensato.
E mi sono odiato per averlo fatto.

Ho sempre criticato Aladino. Vivere la povertà sulla pelle, soffrire la fame, sapere cosa significa, ma appena ha in mano poteri immensi, li usa per conquistare una donna di cui non sa nulla.

Ma le sue azioni mi sembravano più che giustificate quando la guardavo.

Con la frangia bionda che le andava inevitabilmente davanti agli occhi quando leggeva, con la sua pelle lucente, il sorriso radioso da far invidia alle stelle, il rossetto color fragola di cui a fine giornata non c'era traccia. Probabilmente le piacevano le fragole.

"La vuoi, eh?"

Eh, sì, ci ho pensato.

Sobbalzai, portandomi una mano al petto.

"Dio santo, Frank. Potresti evitare di sbucare così all'improvviso, la prossima volta?" Urlai sottovoce.

Fece spallucce.

Eravamo in biblioteca, lui aveva assunto la sua forma "normale", come aveva fatto davanti Mikey. Restai a guardarlo qualche secondo, l'unica cosa che non era cambiata, così come l'ultima volta, erano suoi guanti, neri e con la stampa dello scheletro di una mano.

Mi arresi in partenza dal chiedergli come facesse ad assumere "sembianze umane", frenando la mia curiosità. Ormai sapevo che non avrei ottenuto risposta.

"Comunque... io non 'la voglio'."
Sputai borbottando, sottolineando le ultime parole con tono di disprezzo.
Mi misi a giocherellare con il dorso delle copertine sgualcite del libri, sentendo lo sguardo di lui su di me, cercando di non rivolgere i miei occhi a lei.

Come poteva rivolgersi a lei in quel modo? Come poteva supporre che potessi chiedere una cosa del genere? Era così egocentrico. Inoltre, aldilà del fatto che volessi custodire quei desideri per cose ben più serie, non avrei mai chiesto una cosa simile.

"Beh, è carina."
Mi voltai e piantai due occhi piatti e stretti su di lui, come se volessi neutralizzarlo con lo sguardo. Ottenni solo una risatina in risposta, e capii che avevo solo fatto il suo gioco, ma soprattutto capii che ero un idiota.

"Sai, puoi averla, basta chiedere."

"Sai, sei più basso quando non svolazzi a mezz'aria."

Alzai un lato della bocca in un mezzo sorriso, soddisfatto di vedere la sua espressione più dura.

E con quella stessa espressione imbronciata, mi sorpassò, velocemente, e il mio sorriso si affievolì sempre di più.

Si stava dirigendo verso di lei.

E i suoi passi diventavano sempre più sciolti, e più sicuri, mentre i miei muscoli si irrigidivano di più e sentivo le punta delle dita fremere dalla voglia di afferrarlo e tirargli un pugno su quel sorrisetto sfacciato.

Ma ormai era troppo tardi.

Ormai era davanti a lei.

Ormai lei ridacchiava. Coprendosi le labbra con tocco leggero delle dita. Ridacchiava.

E ormai lui si era seduto, gambe larghe e scomposte, un braccio dietro lo schienale della sedia e l'altro disteso sul tavolo che li divideva.
Come se volesse accorciare quella distanza.

E lei ridacchiava.

E lui ridacchiava.

E lei mi guardò.

Sì, lei mi guardò e io, come l'idiota che ero, non fui nemmeno in grado di distogliere lo sguardo in tempo, tanto ero stato catturato da quel contatto visivo che lei mai, prima di quel momento, aveva instaurato con me.
Come fossi in apnea in acqua tiepida.

Le ha parlato di me?

Fissai lo sguardo sulla punta delle scarpe, cercando di concentrarmi sulle macchie e le crepe di cui erano martoriate, ma non potevo fare a meno di sentire, in lontananza, il mischiarsi del loro ridacchiareche.

Non ne posso più.

A testa bassa e passo spedito, me ne andai. Sperando di sentire allontanarsi quelle risatine.

Cosa le ha detto? Perché mi ha guardato?

"Hey! Gee!"

Un sonoro "ssh" eccheggió in un coro per i corridoi della biblioteca.

E i miei piedi si fermarono.
E me ne sarei pentito per tutta la vita. Avrei dovuto ignorarlo, andare avanti, ma ormai ero fermo a fissare il pavimento di cedro, i suoi chiari disegni circolari, pregando che uno di essi si aprisse sotto di me e mi lasciasse precipitare sotto terra. E sentivo degli occhi da cerbiatta scrutarmi, dietro di me.

"Gee."
Sentii urlare sottovoce alle mie spalle.

Mi voltai, e vidi Frank agitare la mano in aria, facendomi cenno di raggiungerlo al tavolo. Dietro di lui, Lynz sorrideva.

Feci un passo verso quel sorriso.
Scappa.
Ne feci due.
Non ti conosce, nè ti conoscerà mai. Non si offende mica se ti volti e scappi.
Ormai non ero molto lontano dal tavolo.
Corri.

"Gee, lei è Lynz. Lynz, Gerard."

Lei allungò la sua mano verso di me, sporgendosi sul tavolo, e solo in quel momento potei osservare quanto le dita delle sue mani fossero sottili, prima di soffermarmi una frazione di secondo sulla scollatura.
Puntai lo sguardo sul corridoio alla mia sinistra, sfilando la mano dalla tasca e passandola un paio di volte sui jeans, cercando di asciugarla dal sudore, in un movimento veloce che sperai non notasse.

"P-piacere" quasi sussurrai, con il volto in fiamme, il collo che mi pizzicava e la gola secca.

Con la coda dell' occhio potei vedere quelle labbra color fragola schiudersi, e al contempo volevo sparire e fremevo dal desiderio di sentire il suono della sua voce.

Ma non fu la sua quella che sentii.

"Tu e Lynz potreste uscire, questo weekend, non credi, Gee?"

Lo guardai ad occhi sbarrati, le orecchie che traboccavano della risatina della ragazza, la mente ricolma di pensieri.

Boccheggiai.

"Per me va bene."
Mi voltai verso di lei, e la sua voce sembrava così naturale e spontanea, e io ero così impacciato e idiota, e il mondo sembrava così fottutamente rumoroso in quel momento che non riuscivo ad elaborare un solo pensiero.

Sentii una pacca sulla schiena, e fu come svegliarsi con una secchiata di acqua gelida.

"Beh, noi due andiamo. Ciao, Lynz!"

Sentii prendermi per un braccio e i piedi che facevano passi all'indietro senza controllo, il precedente calore sostituito da un forte e agghiacciante gelo.

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