The Hardest Part Of This

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Hello questo è l'ultimo.
Ce l'ho fatta. Ho finito una storia. Sarebbe stato bello riuscirci quando c'era ancora Obama a dare medaglie.
Prima di lasciarvi al capitolo, volevo ringraziare chiunque abbia apprezzato e ha dato una possibilità a questa storia. Con il mio carattere moooolto ottimista e proprio per niente egocentrico, non penso che avrei continuato se non avessi avuto nessuno che dimostrasse interesse, che votasse, che commentasse e che mi facesse ridere tanto da farmi venir voglia di postare un altro capitolo. E poi un altro. E un altro ancora. Lo so, non è una delle storie più popolari su wattpad e davvero non mi interessa che lo sia, ma non posso evitare di impressionarmi dopo aver visto il numero di fianco a quell'occhietto crescere capitolo dopo capitolo.
Per chi mi segue da più tempo sa che questa non è la mia prima "storia seria", e che l'altra l'ho eliminata per ragioni che non sto qui a spiegare. Ma adesso voglio impegnarmi davvero. Perciò, se vi va, andate a dare uno sguardo a Mine (il secondo capitolo sarà meglio giuro). E mi raccomando di commentare, di farmi sapere se siete confusi o arrabbiati o delusi o fenicotteri su qualcosa. In questo modo mi aiutate più di quanto pensiate. Grazie ancora.

"Desidero continuare a vivere"

È questo quello che dissi.

Non esattamente quello che feci.

Continuai a respirare, il mio sangue continuò a fluire nelle mie vene, su quel prato.

E lì aspettavo, aspettavo che tornasse.

Ma se fosse tornato avrebbe potuto avere grandi problemi a trovarmi. Chissà dove si sarebbe ritrovato dopo che ebbi espresso l'ultimo desiderio.
E a volte mi chiedo se si sia ritrovato da qualche parte. Insomma, non era più un illusione quando se ne è andato. Non era più un fantasma. il suo petto si muoveva e le sue spalle si alzavano e abbassavano: respirava. Respirava davvero. Il cuore gli batteva. Era caldo. Era vivo.
Me lo sento.
In quel caso, se se ne fosse andato per sempre da questo mondo, se non fosse più legato a delle catene, penso che sarei dovuto essere felice per lui.
Beh non lo ero.
Era tutto uno schifo.

Una giacca, l'unica cosa che mi restò di lui. Non so perché non si dissolse come cenere al vento come il resto del suo corpo.
Su quella giacca è rimasto il suo profumo, un odore che non mi ero mai accorto avesse fin quando non è sparito con lui.

Mikey vieniva a trovarmi, a volte. E anche quel giorno, sentii il rumore della sua auto nel vialetto mentre ero sul divano a guardare la televisione. Lo lasciai suonare al campanello un paio di volte, prima che mia madre, dal piano di sopra, iniziasse ad urlarmi di aprire la porta.

"Vado... Vado..." ma appena mi alzai, sentii dei passi che scendevano le scale in cucina. Ed eccolo lì. Il nuovo uomo di casa. Simon.
Simon è un uomo alto, curvo, uno di quegli adulti che si comportano come novantenni, con la camicia e il cardigan che leggono il giornale sulle panchine nei parchi.
Lui e mia madre si sono sposati 4 anni fa. E non l'ho mai chiamato "papà". Salgo le scale mentre lui e Mikey si salutano. Ma Mikey riesce a raggiungermi prima che riesca a chiudere la porta della mia stanza.
"Hey, hey." Si infila nella porta mentre io ignoro che ci sia e continuo a spingerla. "Hey, fratellone, potresti..." alla fine mi arrendo e lo faccio entrare, con uno sbuffo.
Mi siedo sul letto e lascio che la mia schiena precipiti e il mio corpo affondi tra le coperte.
Strano come passa il tempo.
Sembrava ieri che doveva cantare una filastrocca anche solo per allacciarsi le scarpe, e adesso è uno di quei tizi con la cravatta stretta al collo che si guardano l'orologio in continuazione.
Io non ero cresciuto per niente. Sembra una fortuna, ma, anche con i documenti, non era facile convincere le persone a lasciarti comprare un pacchetto di sigarette o una confezione di birra quando hai la faccia di uno che fa le superiori.
"Cosa vuoi questa volta?" Sfogliavo il catalogo delle opzioni mella mia testa, cercando di indovinare quella del giorno. Lavoro in un altro paese? Annuncio di un appartamento economico? Una ragazza a cui aveva parlato di me?
Ma tacque.
Vidi con la coda dell'occhio che si avvicinava alla mia scrivania, trafficò con il disordine su di essa, spostò qualche tubetto di colori e prese un malloppo di fogli in mano.

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