Rings.

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"Buongiooorno. Qualche desiderio per oggi?"

Lo squillante, martellante, caotico suono della sveglia non avrebbe mai superato in spregio e fastidio quella tiritela che subivo ogni mattino, già da qualche tempo.

Potresti andartene a fare in culo?

Pensai molte volte, con emozionante, estrema voglia e sentimento, di pronunciare queste parole. Ma poi, incontravo sempre un promemoria che mi ricordava che il fatto che Frank fosse capitato nella mia vita non fosse stata spietata sfortuna, al contrario.
Infatti fu il mio angelo, il mio miracolo, la mia gioia. Fu tutto ciò che avevo e mi importava di avere.

Ma per il momento lo odiavo, con cuore ed animo, e sapevo che quell'odio era reciproco. Glielo leggevo in quegli occhi che mi guardavano sempre -e a volte letteralmente- dall'alto in basso, con un espressione come di disgusto, lo capivo da ogni risatina spregevole, lo percepivo da ogni affermazione sarcastica.

E benchè nutrissi un profondo interesse per lui, rendendomi conto della stranezza di quella situazione, non ero riuscito ad estrapolare una singola informazione da quando lo avevo visto, oltre al suo nome.

E al fatto che fosse snervante quanto misterioso.

"Mi chiamo Frank. Non saprai di più."

Raccolsi la forza per allungare il braccio e spegnere la sveglia. Sentivo i muscoli atrofizzati come se avessi dormito coperto da mattoni al posto delle coperte.
Ma lo preferivo al non dormire affatto.

Iniziai a scendere gli scalini, per andare in cucina e mangiare un cornetto e del succo d'arancia.

Mai più latte e cereali.

"Ma perché diamine ti svegli sempre così presto?"

Chiese, stropicciandosi gli occhi in uno sbadiglio, fluttuante al mio fianco con le braccia a penzoloni e le gambe leggermente piegate e molli.

"Perché, i morti dormono?"

"No -chiuse gli occhi e rivolse il volto verso l'alto, distendendosi su una coltre di fumo nero che si formò improvvisamente sotto di lui- ma è così bello..."
Trascinò le parole, io alzai gli occhi e saltai gli ultimi due gradini, deciso a non fare tardi a lavoro quel giorno.

Ed eccolo lì, puntuale come sempre, uno dei miei promemoria più vistosi.

Una mano esile lasciata cadere a peso morto oltre l'orlo del divano.

La luce calda e arancione del mattino colpiva appena quel dettaglio, risplendendo su due anelli dorati sull'anulare, luccicanti come appena tirati fuori da un cofanetto di velluto davanti ad un altare.

Come sempre, cercai di non fare rumore, ma dopo qualche passo quella mano fu mossa da un leggero spasmo, come un pesce fuori dall'acqua, facendo per un istante luccicare lo smalto rosso parzialmente scrostato.
Emerse un braccio, che lentamente trascinò allo scoperto un disordinato tuppo biondo cenere.

"Buongiorno, mamma."

Mi guardò accigliata, lo sguardo instupidito dal sonno le dava un espressione ancora più esausta, incorniciata dall'aria trasandata del camice azzurro stropicciato.
La targhetta da infermiera era ancora saldamente attaccata al petto.

"Donna Lee Way."

Lesse Frank su di essa, facendomi sobbalzare dalla velocità con si era materializzato dal mio fianco a quello di mia madre.
E gli avrei detto di allontanarsi da lei, di staccarle gli occhi di dosso, se solo mia madre non riuscisse a sentirmi così come non percepiva lui.

"Quante volte devo dirti di smettere di fare questi lavori..."

Sciolse il tuppo, liberando una cascata di ciocche che spostò col movimento di una mano sulla spalla sinistra.
Vidi in quel gesto un estrema stanchezza.
La stanchezza che nascondeva sotto fondotinta e correttore, immancabili sul suo viso, forse la speranza di una donna ormai avanti con gli anni di trovare qualcuno.
Qualcuno che contribuisca a portare il cibo in tavola.

Annuii, e mi allontanai per fare colazione, seguito da un sospiro.
"Dovresti pensare solo allo studio, adesso."

Disse cercando di assumere un tono vivace, accarezzandomi i capelli.
"Sì"

Notai l'assenza della figura di Frank che mi gironzolava intorno, accadeva raramente.

••••

Non era un lavoro che mi piaceva da impazzire, nè era molto prospicuo, ma era pur sempre... qualcosa. E qualcosa è sempre meglio di niente.

"Sicuro di non volere una mano? Basta chiedere."

Cercavo disperatamente di tenere stretti nelle dita la marea di guinzagli, che sembravano volermi trascinare sotto terra.

Mi guardai intorno. Ovviamente, a quell'ora, le strade erano deserte, se non per qualche anonima auto che viaggiava in lontananza. Potevo parlargli.

"Posso sapere perché insisti così tanto per farmi esprimere un desiderio?"
Dissi, con voce roca e respiri affannosi, cercando di sovrastare i ringhi e i latrati dei cani.

"Beh, mi pare ovvio che una volta espressi tutti i desideri, potrò smettere di servirti."

"E dove andrai dopo?"

Ignorandomi, si inginocchiò davanti alla nicchia di cani che gli ringhiava contro, chi ululava, chi con la coda tra le gambe emetteva pietosi stridolii.

Era come se i cani riuscissero a percepirlo, alzando il muso verso l'alto, rizzando le orecchie o trottando freneticamente avanti e indietro.

Mise un ginocchio sull'erba del parco e sospirò. Quando si avvicinò alla nicchia, i cani iniziarono ad abbaiare più forte, a tirare più forte in tutte le direzioni. Sentivo come se mi si stessero staccando le braccia.

"Sai, una volta mi piacevano cani..."

In quel momento, un guinzaglio mi scivolò dalla mano, sentii come se mi avessero acceso un fiammifero sul palmo.

Mi sembrò di vedere a rallentatore il guinzaglio grigio, come un onda, volare davanti ai miei occhi.
E così come appariva ai miei occhi il mondo in quegli istanti, così anche il mio battito rallentò, se non si fermò del tutto.

Quasi urlai, quando vidi uno dei cani, un rottweiler, alzare da terra le zampe anteriori e spalancare la bocca, mostrando i canini davanti a due neutre e immibili X nere.

Ma il grido mi morì in gola quando l'animale fu immerso da un immensa e compatta nube nera.

"Adesso li trovo una seccatura."

Alzai lo sguardo.
Fluttuava sul mio capo, sostenuto da un soffuso cuscino di fumo scuro, inespressivo, mentre guardava la bestiola ritirarsi con la coda fra le zampe e le orecchie basse dietro le mie gambe, emettendo stridolii come quelli di un giradischi rotto.

Chiunque fosse, qualsiasi cosa fosse, per quanto fosse irritante, immaturo e prepotente, più di tutto questo, in quel momento, Frank mi fece paura.

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