My name is Frank.

528 69 6
                                    

"Come hai fatto?"
Fece spallucce.

"I soldi sono solo pezzi di carta, relativamente semplici da materializzare."

Parlò disonvolto, sotto sopra, a gambe incrociate, all'altezza dei miei occhi, volteggiando lentamente, con le ciocche che ricadevano in basso e si muovevano come se fossero immerse in acqua.
Le mani ben strette alla tracolla che teneva la chitarra immancabilmente ancorata alla sua schiena.
Io ero a mia volta seduto a gambe incrociate, sul mio letto, con una coperta sulle spalle per ripararmi dal freddo che mi attanagliava stando troppo vicino a lui.

"Ho tre desideri?"

"Come? Perché dovresti avere tre desideri?"

"Beh, una cosa tipo 'genio della lampada'... ?"

Lui corrucciò le sopracciglia.
"Che?"

"Andiamo, Aladdin."

"Chi?"

"Lascia perdere."

"Hey, guarda che sono morto da molto. Potrei essermi perso molte cose."

Alzai lo sguardo e lo puntai su di lui. Su quel sorriso e quegli occhi tracciati dal nero che mi sembrarono improvvisamente tristi.
Falsi.
Spenti.
Sì, all'inizio avevo preso in considerazione l'idea di un fantasma o qualcosa del genere, ma a vederlo in quel momento...
Dio, era solo un ragazzino.

"Ne hai sei."

"Ah."

"Oh, quattro, ormai."

"Capisco."

In quel momento, prese, o meglio, spinse con un colpetto il manico della chitarra che gli spuntava dalla spalla, e quella fu invasa da una nube nera. Come quando si colora ad acquerello, e si immerge la punta del pennello in un bicchiere di acqua pulita, così si muovevano quei vortici intorno ai contorni dello strumento. Volteggiò come una piuma fino ad atterrare morbida sul suo ventre, trasportata da quel fumo. Nemmeno quest'ultima era vittima della forza di gravità, a quanto pare.
Poi, posizionò il pollice sulla terza corda e la pizzicò. E così anche con le altre tre rimanenti, riportando alla mia memoria i suoni che avevo già sentito nelle due occasioni in cui avevo "espresso i miei desideri", sebbene ognuno avesse, ovviamente, una sua intensità.
Scossi la testa, risvegliandomi dallo stato di trance in cui ero caduto in quell'ultimo attimo magico.

"Mi... mi dispiace."

"Perché? Perché sono morto? Oh, lascia stare. È stata una mia scelta."

Lo guardai, con occhi attenti e sorpresi di un lupo che ha sentito un suo simile latrare.
"Come... com'è successo?"

"Frank."

"Cosa?"

"Il mio nome. Mi chiamo Frank. Non dico a molti padroni il mio nome, perciò considerati fortunato, non saprai di più."

"O-ok."

Mi concentrai un attimo sulla parola "padrone", sul modo sprezzante in cui l'aveva pronunciata, su come i suoi occhi lasciavano andare la chitarra e cadessero persi a terra, sul fatto che si stesse rivolgendo a me. Per poi essere di nuovo catturato dalle sue mani.
Osservai le sue dita bianche muoversi sulle corde, strimpellando accordi evidentemente presi a casaccio, ma producendo una melodia che era davvero niente male. Malinconica, direi, con la consapevolezza di ora.

Restammo così per qualche secondo.

"Frank..."

"Mh?"

Gli occhi puntati sulle corde, sembravano annerirsi come facevano quando il buio della notte conquisava la stanza.
Come quelli di un gatto, la cui pupilla si allarga inondando le iridi quando sta per attaccare, concentrato e immerso, o allunga lo sguardo verso luoghi senza luce.
"Stamattina hai detto di poter 'resuscitare un cane'... puoi far tornare in vita persone morte, Frank?"

Fece spallucce e, senza distogliere lo sguardo dalle corde dello strumento, iniziò a parlare con la naturalezza con cui si parla del tempo atmosferico.

"Il cuore è un organo relativamente semplice, non ci vuole molta energia per farlo tornare a battere. Ma dipende da vari fattori. Da come è morta la persona ad esempio: non posso far tornare a battere un cuore se è carne tritata, se capisci ciò che intendo."

Annuii, con una smorfia disgustata.

La melodia continuava, e più le parole che pronunciava assumevano un significato a me comprensibile, più il ritmo mi sembrava decadere in una lentezza trasportante e soffocante, sempre più triste.

"Nè posso far tornate a battere un cuore che è morto giá da troppo tempo, ormai già entrato in stadio di decomposizione."

"Capisco..."

Dissi, a testa bassa, lo sguardo perso nel vuoto, immerso da quella musica che ormai arrivava alle mie orecchie come la più straziante tra le melodie.

Six Wishes.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora