Sarai il mio scopo.

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QUESTA NOTA È UN PO' LUNGA MA LEGGETELA VI VOGLIO BENE OK CIAO

Inutile star qui a scusarsi, eh? Almeno questo capitolo è lunghissimo. Wattpad mi stava iniziando a dare problemi per via dei troppi caratteri, dovevo prima scrivere il testo da un'altra parte e poi copiarlo e incollarlo. Come ho già spiegato ad alcune persone, cercavo qualcosa di diverso per questo capitolo, ma più lasciavo passare il tempo e più perdevo interesse per la storia. Grazie a persone che hanno continuato a salvarla in bacheca, commentarla, e a inviarmi messaggi mi sono deciso ad aggiornare. Mi sono divertito divertiti molto a leggere i vostri commenti e le vostre teorie, e alcuni di voi ci hanno anche azzeccato. Mi scuso se ci sono alcuni errori, soprattutto per quanto riguarda tempi verbali,(a volte userò il passato altre il presente _-_) ma ho scritto questo capitolo in modo molto frammentario, e molto spesso ho aggiunto frammenti dopo molto tempo rispetto a quelli precedenti perciò sì scusate.
Non è finita qui, ci sarà un altro capitolo, perciò non toglietela dalla biblioteca.
Spero vi piaccia, e ricordate che commenti, e soprattutto critiche, mi motivano e sono accolti a braccia aperte.

Dicono che la persona giusta la devi scegliere. E devi scegliere bene, perché passerai con lei il resto della tua vita. La devi cercare, trovare, ci devi fare l'amore, dei figli, devi invecchiare e morire con lei.
Ma per me non è stato così.
Io ci sono caduto, sopra la persona giusta. Sono inciampato sul mio cuore e gli sono rotolato addosso.
Cadere è inevitabile dopo essere inciampati. L'atterraggio fa male. Fa molto male. Ma poi siete così vicini e non vorresti alzarti mai più.
Puff, è amore, e tu ci sei cascato in pieno.

Potevo scegliere tra sette miliardi di persone su questa terra, lo so. Ma il mio cuore si è messo tra i piedi, mi ha fatto inciampare.
Che bastardo.

"Ma sei scemo?"

Mi volto e le mie gambe iniziano a correre senza preavviso, così inciampo, mi rialzo e corro ancora.
Corro, perché i tre passi che ci dividono sembrano quell'eternità che temevo avrei trascorso senza di lui. Corro perché, nello stesso momento in cui mi sono alzato in piedi, ho giurato a me stesso che non avrei rischiato mai più di perderlo.
Mi aggrappo al suo collo e percepisco ogni cosa attorno a me.
Produce un breve e secco lamento quando i nostri petti si scontrano.
"Ciao, ragazzino." mormora Jamia.
Mi accorgo che stiamo cadendo, sento avvolgermi da un telo gelido e poi non stiamo più cadendo verso il basso.
La mia schiena sbatte contro una parete.
L'aria è diversa, non siamo più a casa di Jamia, ma non ci faccio molto caso: le sue labbra stringono le mie.
Sento il suo torace sul mio, sento la sua mano spostarmi i capelli dalla fronte per poi afferrarli e tirarli leggermente.
Lo sento. Lo sento vicino a me.
E, dopo aver creduto di non poterlo più nemmeno vedere, è una sensazione indescrivibile.
La mia schiena inizia a scivolare lungo quella parete, ma le sue labbra mi seguono, fin quando non ci troviamo entrambi a terra, l'uno sull'altro.
Potremmo rimanere così per sempre, perché no.
Poi le sue labbra mi abbandonano, abbiamo entrambi il fiato corto, le nuvole del nostro respiro si fondono. Porta anche l'altra sua mano dietro la mia nuca e si aggrappa al mio collo, poggiando la fronte sulla mia spalla.
"Credevo di perderti." Bisbiglia, la voce trema. Stringo le braccia sulla sua schiena, e gli dico che non lo perderò mai, non lo lascerò mai, glielo prometto. "Ti amo." Gli dico infine. Lo dico e lo ripeto, ti amo, ti amo, ti amo. Quante volte dovrò dirlo perché renda giustizia a quello che provo?
Rimaniamo in quella posizione per... non so quanto, ma sicuramente non abbastanza.
E poi suppongo che Frank ci abbia fatti apparire nella mia stanza, sul mio letto, dove trascorremmo la notte, l'uno aggrappato all'altro

Non sappiamo cosa ci aspetta, non sappiamo come andare avanti, cosa ci riserva il futuro.
Quindi decidiamo di ignorarlo, pur di goderci un attimo di respiro, di pace, di beata indifferenza scandita da quel sottile senso di disagio e di colpa.
Il nostro futuro è quel compito andato male di cui non vuoi assolutamente parlare, è la visita dal medico che continui a rimandare.
E ogni volta che ci guardiamo, leggiamo la stessa domanda, cucita negli occhi dell'altro: e adesso?

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