I Wish I Were A Ghost.

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Potrei sparire.
Tornare quando le acque si siano calmate.
Posso farlo, ma non voglio. Non so se odiarmi o congratularmi con me stesso per questo.
Sono sempre stato troppo codardo, il modo migliore pet risolvere un problema per me è evitarlo. Così scappavo ogni volta che la situazione mi andava scomoda.
Ma no, non questa volta.
È troppo distrutto, troppo esausto.
Io certe cose le noto.
Specialmente in lui, per qualche motivo.
Passo il dito sull'orlo della scrivania, calpestando con lo sguardo disegni, fogli e tutto il disordine che ne tappezza la superficie.
Cercando di non farmi vedere, di fingere indifferenza, lo guardo.
Ha la testa all'indietro, arresa, la bocca aperta, labbra lascive, troppo stanche, luccicanti di sangue, le palpebre chiuse ma le sopracciglia leggermente corrucciate, come se non volesse vedere quello che aveva davanti: me.
Mi dirigo verso la finestra, spalanco le tende e tento di concentrarmi sullo squallido paesaggio di cemento all'esterno, mi piego con le braccia sul bordo e schiaccio fronte e naso sul vetro.
Ecco.
Sta per sommergermi di domande.
Come hanno fatto quei ragazzi a vedermi, perché mi comporto in quel modo con Lynz, come mai me ne ero andato via all'improvviso nel giardino della scuola, dove andavo quando sparivo.
Domande di cui nemmeno io conosco la risposta.
Ma lui non lo fa.
Sento i suoi passi avvicinarsi a me, in un crescendo di rassegnazione disarmante.
Sentii il calore del suo corpo su di me -non dovrei riuscirci- una sua mano sulla mia spalla e l'altra sulla mia vita. La sua testa precipita sull'altra mia spalla.
Erano gesti che di norma mi avrebbero dovuto far scattare sul posto. Ma avrebbe significato guardarlo in faccia.
E poi, avevo dimenticato quanto fosse bello sentire del calore. Non l'afa estiva, calore umano, calore del sangue che pulsa nelle vene nel suo percorso verso un cuore battente.
E mi pone un unica, mortale domanda.

°°°

Aveva smesso di nevicare.
Il cielo, come la mia mente, si stava aprendo, le coperte di nuvole grige stavano piano scoprendo il sole.

Il quadro della situazione, a grandi linee, era questo:

Kurt voleva Lynz.
L'aveva avvicinata più volte, erano usciti insieme, ma lei non si era mai interessata a lui come lui lo era con lei.
Molti ragazzi non osavano rivolgerle la parola per paura delle conseguenze che Kurt avrebbe causato loro.
E poi sono arrivato io.
Non che Lynz fosse una facile, aveva accettato di uscire con me nonostante mi conoscesse così poco perché non succedeva mai.
E poi Kurt ci ha visti.
Un giorno mi ha seguito, spinto in un bagno e preso a pugni.
Mentre io ero sul filo tra il rimanere sveglio e cosciente e lo svenire, il bagno si riempie di fumo nero.
"È difficile ricordare... è come se la mia mente avesse voluto cancellarlo. Ma non posso lavarmi via dalla testa l'immagine di quel mostro." Dice Rick.
Corsero via, si fermarono un attimo fuori la scuola, un momento in cui dubitarono collettivamente di quello che avevano visto.
Fu allora.
Fu in quel momento, quel maledetto momento, che io espressi il mio desiderio.
Tutti e tre furono falciati come grano dallo stesso pensiero. Dovevano correre alla polizia. Dovevano far rinchiudere quella cosa. Dovevano farlo. Subito.
"Non so cosa diamine ci saltò in testa. Intendo, cosa avremmo dovuto raccontare?"
Corsero. Sentivano una fretta intollerabile agitarsi in tutto il corpo come un anguilla in una pozzanghera.
Avevano fretta.
Dovevano correre.
Attraversarono la strada.
E solo due di loro si risvegliarono.

Rick si passa una mano sulla fronte, su cui vedo scorrere una goccia di sudore che mi prende alla sprovvista. Vedere quel ragazzo gelido, fermo e distaccato scomporsi farebbe venire i brividi a chiunque.

Rick è uno di poche parole, ma se le fa bastare. Dice lo stretto necessario ed indispensabile. Come se avesse la perenne ed agghiacciante paura di cadere in una conversazione troppo approfondita. Osservandolo di sfuggita si potrebbe semplicemente etichettarlo come un tipo silenzioso, ma parlandoci seriamente certe sfumature appaiono in maniera più che evidente.

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