Angel || Lashton

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Luke

Arrivai da Marlene dopo essere passato a casa a farmi una doccia e a cambiarmi, giusto per attenuare un po' la sensazione di disagio dell'avere le mutande bagnate. La mia migliore amica mi aspettava fuori alla porta di casa sua, seduta sul portico, intenta a fumare una sigaretta - una di tante, visto che aveva un posacenere accanto a lei in cui giacevano già una manciata di mozziconi. Le sue guance erano rigate dal nero del mascara e dell'eyeliner che portava sempre – e ciò confermava soltanto quanto fosse grave la situazione: insomma, Marlene che piange al punto da rovinare il suo trucco?

«Dio santo, Marlene! Cos'è successo?», sbottai, correndo sul portico per raggiungerla. Vederla in quello stato mi aveva fatto preoccupare da morire.

Marlene alzò lo sguardo dalla sigaretta che aveva lasciato a consumare dal vento, e mi guardò con occhi vitrei e spenti. «È successo che il mondo fa schifo, Luke», sbottò, facendo un tiro lungo dalla sua sigaretta, «Il mondo fa schifo e più felice sei più te lo mette nel culo».

Mi sedetti accanto a lei, ignorando il fumo della sigaretta che mi colpiva la faccia. «Hai litigato con Ray?».

La mia amica ridacchiò tossendo via del fumo. «Però, sei perspicace», mi prese in giro, lasciando che un singhiozzo sfuggisse alle sue labbra, «Mi stupisce che ci sia arrivato così presto».

Cercai di ignorare il fatto che fosse acida da morire, più del solito, e le posai una mano sul ginocchio. «Non dovresti stare così male, Ray è uno stronzo e lo sai anche tu».

Marlene scosse la testa. «T-tu non capisci, Luke – io lo amo. Certo, potevamo litigare come cane e gatto, e lui è davvero uno stronzo del cazzo che pensa solo al sesso, può anche avermi tradita per tutto questo tempo ma io lo amo lo stesso».

«E allora sei stupida», sbottai, stupendomi delle mie parole. Non ero mai stato così cattivo e diretto con Marlene, di solito era il contrario. «Sei stupida, perché sai che un ragazzo del genere non merita il tuo amore – specialmente dopo che hai scoperto che ti ha tradita – eppure sei disposta a continuare a darglielo senza fiatare. Ti facevo più intelligente di così, Marlene».

«Ma tu non-».

«E non dire che non capisco! Io capisco perfettamente, Marlene, sei tu che a quanto pare non lo fai!», la interruppi, alzando la voce, «Non importa quanto tu possa amarlo, quanto supponi possa averti reso "felice", era tutta una fottuta bugia, Marlene. Renditene conto».

Marlene scosse prima la testa, poi scoppiò a piangere e si fiondò fra le mie braccia, singhiozzando per minuti interminabili in cui io non potei fare altro che accarezzarle la testa, consapevole che niente che avrei potuto dirle l'avrebbe fatta stare meglio. Un po' mi sentivo in colpa per averle detto le cose che l'avevano fatta scoppiare, ma sapevo che, comunque, le serviva solo qualcosa per liberarla dalle lacrime, qualcosa che la aiutasse a realizzare il suo stato d'animo; conoscendola, infatti, sapevo benissimo quanto Marlene fosse brava a nascondere i suoi sentimenti. Sotto questo aspetto, più o meno, ci somigliamo.

Dopo qualche minuto Marlene si calmò, per la mia gioia e sollievo visto che guardarla piangere mi stava distruggendo. La osservai mentre si asciugava le guance macchiate di nero. La mia amica si voltò verso di me mentre si accendeva una sigaretta, guardandomi curiosa. «Mmh, ora che ci penso tu eri andato a parlare con Ashton prima - com'è andata?», mi chiese, sorridendo maliziosa.

Arrossii. Avevo come l'impressione che Marlene avesse già capito cosa fosse successo tra me ed Ashton. «Mmh, bene, alla fine abbiamo risolto tutto», dissi soltanto, facendo spallucce.

Marlene continuò a fissarmi con un ghigno malizioso in volto. «Andiamo, puoi dirmelo se è successo qualcosa di più tra di voi, hai un succhiotto enorme sul collo e tra l'altro sai di sapone quindi vuol dire che prima di venire qui ti sei fatto una doccia», mi punzecchiò, facendomi sgranare gli occhi.