❀ XXIV ❀

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Luke


I nostri compagni di scuola ci guardavano straniti, ma poi ci superavano come se niente fosse successo. E in effetti, non stava succedendo niente. Ero soltanto abbracciato ad Ashton, in un impeto di coraggio che dopo la giornata di domenica era andato a crescere sempre di più in me. Ormai ero bello che andato, il mio cervello era in panne e il mio cuore partito in quarta, riuscivo soltanto a pensare ad Ashton e all'averlo accanto a me il più possibile, ragion per cui in quei giorni ero morbosamente attaccato a lui, forse risultando patetico sotto ogni punto di vista. Ma avere Ashton accanto a me mi faceva stare bene, il suo minimo tocco riusciva a farmi sentire al settimo cielo, felice come mai lo ero stato in vita mia. Era una cosa completamente nuova, per me, provare certe sensazioni grazie ad una persona, e volevo nutrirmi di quelle sensazioni e di quell'effetto positivo che avevano su di me. Ultimamente mi ritrovavo a sorridere da solo come un coglione, felice soltanto pensando ad Ashton.

«Mi piace che tutti ci guardino, lo sai?», borbottò Ashton, facendomi alzare lo sguardo verso di lui, «Così adesso tutti sanno che sei mio».

Arrossii, scoppiando a ridere e scuotendo la testa. «Sei consapevole che oltre te nessuno mi vuole, no?».

Ashton mi guardò male. «Dio, quando la smetterai di sminuirti così?», borbottò contrariato, «Ho già notato gli sguardi languidi di molti ragazzi».

Mi appoggiai di nuovo alla schiena di Ashton, tenendo gli occhi sul cielo terzo e senza nuvole. «Se lo dici tu - io continuo a dire che sei esageratamente geloso, ma dettagli», dissi, ancora scettico, mentre chiudevo gli occhi.

Ashton posò un morbido bacio sulla mia fronte. «Sai com'è, tendiamo ad essere gelosi delle cose preziose che ci appartengono», sussurrò contro la mia pelle, «E tu, mio caro Luke, sei la cosa più preziosa che abbia mai avuto il piacere di entrare nella mia vita».

Sorrisi a trentadue denti, sentendo le mie guance riscaldarsi a quelle parole. Ashton mi faceva sentire così dannatamente speciale che a volte dimenticavo del mondo esterno circostante, proprio come in quel momento. A riportarmi con i piedi per terra fu la voce saccente e piena di sufficienza di Marlene.

«Ma quanto siete carini. Tra poco mi fate vomitare».

Aprii gli occhi, guardando male la mia amica adesso seduta di fronte a me e intenta a fumare una sigaretta. Mi stupiva il fatto che Calum non fosse con lei, ultimamente quei due facevano coppia fissa. «Sempre molto delicata, tu. Ti sei svegliata dalla parte sbagliata del letto, stamattina?», la presi in giro, facendole alzare gli occhi al cielo.

«Sto benissimo», rispose soltanto, dandomi l'impressione di non stare affatto bene mentre distoglieva lo sguardo dal mio e lo puntava a terra.

«Calum dov'è?», chiese Ashton, dubbioso, «Di solito ultimamente sta sempre con te».

Marlene sbuffò in risposta, confermando il mio dubbio che fosse successo qualcosa con Calum. Beh, era piuttosto ovvio. «Perché non lo chiami e glielo chiedi? Io non voglio avere niente a che fare con lui».

Alzai un sopracciglio e sorrisi malizioso. «Uhm, quindi avete litigato», notai, facendo sbuffare la mia amica per l'ennesima volta.

«Esatto, Sherlock», rispose, indispettita come suo solito ma con la tristezza negli occhi che la tradiva.

«Calum non me l'ha detto. Perché avete litigato?», chiese Ashton, curioso, facendo sospirare Marlene.

«Una cazzata, non sto a raccontarvela», disse Marlene in risposta, agitando la mano con noncuranza, «È... strano, comunque. Mi ero già abituata così tanto alla sua presenza che adesso non averlo accanto a me sembra così strano».

Angel || LashtonWhere stories live. Discover now