23. I fiumi scorrono in te

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Nell'ultimo ricordo che James aveva di lui, Sirius stava soffiando su una tazza di caffè. Era una domenica mattina e nella Sala Grande aleggiava il tenue odore della colazione appena uscita dalle Cucine. Sirius, seduto con una tazza tra le mani, osservava distratto Emmeline Vance. I due, dopo aver troncato la loro relazione sul nascere con grande indignazione da parte di Alice, si scambiavano da allora sguardi circospetti e parole taglienti. Quel giorno, però, lo sguardo di Sirius era talmente assorto nei lineamenti di Emmeline che James pensò di scuoterlo da quella trance, colpendolo con una gomitata tra le costole. Felpato, incurante di tutto ciò, aveva abbassato gli occhi sul caffè. E vi aveva soffiato sopra.
James si maledì per quanto il ricordo fosse insignificante: l'ultimo pensiero sul suo migliore amico si limitava ad una tazza. La mente faticava a restare nel presente, nonostante tutto apparisse nitido e reale, ma vagava negli anni, con la speranza di trovare una risposta alle domande che lo stavano divorando. Nel suo passato, chissà dove, qualcuno aveva preso una scelta sbagliata, dando vita ad una serie di eventi senza alcuna spiegazione logica. Le parole di Remus erano prive di senso, impossibili da accettare. Il volto di Sirius era tutt'altro che concreto nei suoi ricordi. Al contrario, splendeva chiaro e preciso quello di un altro dei suoi amici: Peter. Il nome di Codaliscia lo ferì di nuovo, così come aveva fatto quando era stato pronunciato dalla voce ferma di Remus. Non era pronto ad accettare la morte di Sirius, così come non era pronto ad accettare il tradimento di Peter. Remus non aveva cercato di nascondergli quella parte di verità, aveva giurato che entrambi sarebbero usciti dalla Foresta senza segreti, e così era stato. I due malandrini rimasti si erano divisi i pesi da portare, nel modo in cui facevano anni prima. Lunastorta gli aveva spiegato ogni singolo passo di quella storia, come avrebbe fatto un tempo a scuola. James aveva ascoltato in silenzio, come se lo avesse sempre saputo. La perdita di Sirius Black occupava nella sua anima un posto talmente vasto da non poter essere guardato per intero da nessun occhio umano. Era talmente inspiegabile che lui stesso faticava a ricordarlo. Quando Remus gli aveva detto che sì, Sirius era morto, nessuno dei due aveva gli occhi lucidi o il cuore spezzato. Felpato non poteva semplicemente cessare di esistere, era un universo troppo immenso perfino per essere contenuto dalla Morte: sarebbe stato un tradimento mondiale prelevare l'anima di Sirius Black dal mondo dei vivi.
Ma altrettanto grande era lo sgomento per la perdita di Codaliscia: quel Peter Minus che si aggirava nell'Oscurità con Voldemort, non era il loro Codaliscia. Aveva fatto una scelta, aveva preso una decisione che James non avrebbe mai capito o condiviso, ma l'aveva accettata nel momento stesso in cui Remus gli aveva detto che Peter l'aveva venduto a Voldemort: Codaliscia aveva scelto se stesso, aveva scelto di essere Peter Minus. James sapeva benissimo che Sirius non l'avrebbe mai accettato, era consapevole del fatto che era morto nell'odio e nel senso di colpa nei confronti di se stesso. Ed era questo a dilaniarlo: non poter dire al suo migliore amico che non era colpa sua, che lui e Lily avevano scelto la morte anni prima del suo consiglio di cambiare custode. Riusciva quasi ad udire la risposta di Sirius, testardo nel suo ritenersi colpevole. A quel punto lui gli avrebbe detto che lo aveva perdonato, solo per cancellare quell'immagine disperata dal volto dell'amico.
Quando Remus ebbe finito di parlare aveva negli occhi un'ultima frase, che non riuscì a dire, ma che James comprese comunque.
Non è Lily.
Non era Lily la causa di quella storia.
Era il loro amore, lo era sempre stato.
Ma loro, da incoscienti ed egoisti, avevano continuato la passeggiata verso il baratro, ritrovandosi in un mondo in cui Harry era orfano, Sirius era morto, Peter era un traditore, Remus era solo, Alice e Frank erano confinati sul letto del San Mungo, i Vance non c'erano più e il male incombeva su tutto il mondo.
Veniva spontaneo chiedersi cosa ne fosse venuto di buono.
Gli occhi di Remus gli perforavano le spalle, mentre entrambi si dirigevano verso il Castello, nello stesso silenzio del viaggio d'andata. Le luci delle Torri erano le uniche a rischiare il cammino, poiché il cielo era privo di stelle. Sul prato, la neve si stava accumulando, in attesa di essere calpestata dai ragazzi il giorno seguente.
-L'abbiamo quasi ucciso- disse Remus, da un punto indistinto dietro di lui.
-Di che parli?-
-Di Peter. L'abbiamo quasi ucciso. Io e Sirius-.
James tacque.
-Harry ci ha fermati-.
-Harry?-
-Si, Harry..-
James rifletté sulle parole da usare.
-Non avrei voluto che i miei migliori amici diventassero degli assassini-.
Remus sospirò, come se si fosse aspettato quella risposta.
-Ti somiglia così tanto!-
-Si, lo vedo. È uguale a me, tranne gli occhi..-
Sentì quasi Remus che agitava la mano.
-No, non parlo di quello! Pensa come pensavi tu, parla come parlavi tu, sogna ciò che sognavi tu. Ama il Quidditch, odia Severus, non fa altro che mettersi nei guai. Ha un grande cuore, così grande da indurlo a chiedere pietà per l'assassino dei suoi genitori-.
James si fermò, voltandosi. -Remus ti conosco, dove vuoi arrivare?-
-Non fargliene una colpa, Ramoso. So che gli vuoi bene, lascia che il sentimento lo raggiunga. É un bravo ragazzo-.
-Non gli ho dato la colpa di niente-.
Remus sospirò di nuovo. -Non darla nemmeno a te stesso-.
O a Lily.
-Certe volte lo tratto come tratterei te, poi mi ricordo che lui è Harry.
Lo faceva anche Sirius-.
James sorrise.
-La vita è come un fiume che scorre dentro di te. Quando dai vita ad un'altra persona, esso comincia ad alimentare un nuovo corpo. Un uomo diverso, ma con la stessa acqua. Sirius ti vedeva nei suoi occhi, nei suoi gesti, nelle sue parole-.
-Harry ha dato a Sirius un po di redenzione,- continuò Remus -e in cambio Felpato gli ha dato la possibilità di avere una famiglia. Credo che entrambi, guardandosi tra loro, sperassero di vedere te. Onestamente ci speravo anch'io-.
Poi, lentamente, il sorriso di James emanò un lieve bagliore. Remus lo riconobbe subito, nonostante fosse durato qualche attimo. Era la luce che li aveva accompagnati negli anni, ciò che li rendeva i Malandrini di Hogwarts. Nonostante fossero divisi, condannati a morte o traditori, nonostante uno di loro fosse in un'altra dimensione, Remus fu certo che la sensazione che stava provando, quel brivido sulla punta delle dita, fosse arrivato a tutti e quattro. A se stesso, schiavo da anni della sua maledizione e della solitudine, a Sirius, anima vagante chissà dove, a Peter, bloccato nel peccato e nella paura, e a James, il loro Ramoso, tornato indietro dalla morte.
Quando la porta del castello si aprì, James si voltò, richiamato dalla consapevolezza della presenza di Lily. La ragazza, in piedi sulla soglia, aveva le guance arrossate, come se fosse stata fuori poco tempo prima. Remus diede una pacca sulla schiena del suo amico, e si incamminò verso il castello. Passando accanto a Lily, la guardò qualche secondo, assaporando il caldo sorriso che lei gli rivolse. Poi la superò, lasciandoli soli.
James la guardava, bloccato nel suo spazio di Parco ricoperto dalla neve.
-Sono andata da Alice- disse Lily, anche lei immobile.
-Remus mi ha detto tutto- rispose lui, cercando di decidere cosa fosse il caso di dirle: non le avrebbe dato il peso del tradimento di Peter Minus.
-Sirius..-
James annuí.
Gli occhi di Lily si inumidirono e lui provò una fitta al cuore. Non avrebbe pianto, ma il dolore che provava era sincero, James lo sapeva.
-Mi dispiace- mormorò, con la voce tremante.
-Già, anche a me-.
Lily sobbalzò, stringendosi nel mantello. L'aveva ferita, volontariamente, per nessun motivo in particolare, forse per i troppi che condividevano. Lily si strinse il labbro inferiore tra i denti, voltandosi e incamminandosi verso la Sala Grande. James la osservò andare via, con i suoi capelli rossi, il mantello nero fin troppo grande, il cuore in briciole e i sensi di colpa alle stelle. Poi delle voci si infilarono nella sua testa, voci così familiari che lo fecero sentire a casa.

-Si, James. Ma lei non vuole vederti!-
-Lei?-
-Non fare il finto tonto, Potter. Sai di chi parlo.-
-Quest'anno cederà!-
-La Evans ti ha mostrato il suo disprezzo in maniera palesemente evidente-.
-L'amore è un sentimento forte tanto quanto l'odio. Non c'è differenza!-
-James, penso che l'unica cosa che ti darà saranno insulti e calci, se non la smetti-.

-Evans-.
-Potter!-
-Ora mi spii?-
-Non ti stavo spiando. Sono capitata qui per caso-.
-Farò finta di crederci, stai assumendo la tonalità dei tuoi capelli. Uno a zero per me-.
-Che ci facevi qui? Come hai fatto a vedermi?-
-Quante domande-.
-Stai temporeggiando. Potter in imbarazzo, eh? Uno a uno-.

-Non mi bacerai, vero?-
-Sarebbe troppo scontato, Evans-.
-Questo non è stato scontato, decisamente-.

-So già che sei stato con tutta la popolazione femminile di Hogwarts!-
-Non tutta. Non sono mica Sirius-.

-Devo colpirti con uno Schiantesimo?-
-Hai paura?-
-Sì. Ho paura di farti male, Potter-.
-Okay, Evans, non fare sciocchezze!-

-Oh andiamo! Come faccio a trovare il suo nome tra migliaia di studenti in preda ad un terrore isterico che li fa correre in giro come formiche spaesate? Devo andare!-
-Potter, non puoi. È pericoloso!-
-Evans, non posso lasciarla da sola.-
-Vengo con te.-
-No, Lily..-
-Non mi importa cosa pensi! Non mi importa se devo morire-.
-Resta qui-.
-James..-
-Sei una grande strega, Lily Evans. Resta e combatti-.
-Torna da me-.
-Farò tutto il possibile-.
-Giura, Potter!-
-Te lo giuro solennemente, Evans-.

-È vivo, Lily devi aiutarlo. Ti prego. Ritorna in te Evans!-
-Se muori ti uccido, Potter.-
-Dov'è andato Remus?-
-Perché non lo ha morso?-
-Penso che tentare di uccidere il suo migliore amico abbia risvegliato la parte umana del lupo-.
-Dobbiamo cercarlo-.
-Tu guarisci James. Ci vediamo al castello-.
-Black!-
-Dimmi, Evans-.
-Fa' attenzione-.

-Devi pensare ad un momento felice, Evans-.
-Expecto Patronum!-
-Una cerva, Evans? Davvero?-

-Ma c'è un'unica cosa peggiore: perdere la ragione della tua vita. Prendo atto del nostro futuro, ma io voglio vivere il presente. Che siano anni, mesi, o minuti. Ne varrà sempre la pena. Certo, se per te non è lo stesso dovresti dirmelo ora, Potter. Se tu non vuoi..-
-Se non voglio? Ma non lo sai?-

Non è Lily.

Le voci rimbombavano ancora nella sua mente, quando senza accorgersene si ritrovò nella Sala Grande, ad osservare una figura rossa, seduta su una delle panche, con il volto tra le dita e una tazza di caffè accanto. Si inginocchiò, per poterla guardare negli occhi, le prese i polsi tra le mani e li allontanò dal suo viso. Lily aveva gli occhi arrossati.
-È colpa nostra, Potter? È per causa nostra che tutto è andato a rotoli? Credo di si. Ma non riesco a tornare indietro, tu sei ovunque. Sei talmente incastrato nella mia vita che non credo di poterne avere una senza di te. Sei in tutto quello che faccio, Potter! Io non posso...-
-Sono innamorato di te, Evans-.
Lily sgranò gli occhi. James sorrise, prendendo la tazza.
E vi soffiò sopra.

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