Capitolo 16.

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MARCO.

Ero in confusione totale.
Cosa avrei dovuto fare? Mollare Laura, annullare il matrimonio e tornare da Carméle?
Certo provavo qualcosa per Carméle, ma Laura era la mia ragazza, quella con cui avevo condiviso gli ultimi anni della mia vita. Mi accolse tra le sue mani e mi salvó da me stesso. Mi amava e mi aiutava in tutto, mi restava vicino anche quando il mondo intero mi lasciava da solo. Anche se aveva baciato qualcun altro ed era proprio questo che mi mandava il cervello a puttane in quel momento.
Cosa avrei dovuto fare?
Sbuffai per l'ennesima volta, portando il viso sul cuscino così soffocando un piccolo urlo che voleva fuoriuscire dalle mie labbra. Mi arresi e mi alzai dal letto.
Erano appena le cinque e decisi di mettere una tuta per fare una corsetta in giro per la città. Afferrai il telefono per poi uscire dalla mia abitazione, correndo senza metà per la periferia della città . Milano era tranquilla a quell'ora, solo piccole macchine sfrecciavano per le strade e poche persone erano già pronte per lavorare. Ammirai il cielo su di me. Era chiaro, sereno e senza nuvole, si prospettava una bella giornata da quanto vidi. Di solito non facevo questo genere di cose, di solito ci volevano le insistenti chiamate di Marta per svegliarmi, ma quella mattina ero più sveglio che mai, forse anche perché avevo passato la notte in bianco a dannarmi sulle scelte da fare. Non avevo mai preso le situazioni di petto, preferivo sempre scappare come un codardo e non restare per combattere quelle battaglie. Combattevo per mille ragioni diverse, ma quando si trattava di combattere per l'amore non ne uscivo vincitore.
Mi fermai dopo un bel po' di corsa entrando in un bar dove ero solito ad andare così che evitassi foto e autografi di prima mattina. Amavo i miei fan, ma in quelle mattine non riuscivo a fingere un sorriso e non volevo assolutamente preoccupare i miei fan.
"Marco, corsetta?". Chiese Mauro, il proprietario del bar.
"Esatto". Acennai una risata e ordinai un cappuccino e lo aspettai seduto al bancone.
Il mio telefono squilló brevemente e il rumore metallico risuonó tra le mura del bar in cui ero seduto.
Un messaggio da Laura.

Da Laura:
Ho bisogno di vederti e soprattutto di parlarti.

A Laura:
Vuoi che venga lì?

Da Laura:
No, ci vediamo tra un'ora a casa, va bene?

A Laura:
Sì, va bene.

Bloccai il display del telefono bevendo il cappuccino fumante che Mauro mi aveva appoggiato dinanzi a me.
"Hai una brutta cera". Commentó Mauro guardandomi.
"Ho una confusione in testa che nemmeno Pirandello". Risposi dopo aver ingoiato un po' del liquido.
Mauro era un adorabile signore sulla cinquantina. Avevo scoperto quel bar appena mi trasferii a Milano e lui mi trattava sempre come Marco, il ragazzo di Ronciglione e non Marco il cantante. Questo mi portava a sfogarmi spesso con lui sapendo che tutto rimanesse tra di noi.
"Si tratta d'amore?". Disse guardandomi ed io annuii, raccontandogli di due ragazze e che non riuscivo a scegliere. "Ah caro Marco, devi solo pensare qual é la donna che ti fa battere il cuore, che pensi tutti i giorni. Poi sai che a me non piace ricordartelo ma tu sei un cantante.. ma chi é la tua musa ispiratrice?".
In quell'istante mi passarono in mente tutte le canzoni scritte.
Dove si vola.
L'inedito scritto per lei, la nostra promessa.
Quando lei partì per l'Irlanda a causa mia.
«Sei stata bene su in Irlanda e ci torneresti pure in inverno. Ma davvero te ne sei andata solo per sentirti più lontana?».
Quando Laura mi guardava, ma io cercavo sempre un po' di lei in Laura.
«Due occhi che guardano i miei e non sono i tuoi».
Quando ero ad XFactor e mi mancava come l'aria.
«Mi manchi e non vorrei, col tempo guariró».
Quando lei si innamoró di un altro che non ero io.
«A quanto male ci staró che sarai di un altro, lo so ma é giusto così».
L'amore per lei che non mi passava.
«Perché so che tu non mi passerai mai».
«Ed io di te non mi scorderó mai e per sempre».
Moltre altre canzoni parlavano di lei eppure lei non ne era a conoscenza, non lo sapeva.
Sorrisi e Mauro sorrise insieme a me.
"E penso di averla già vista questa musa ispiratrice". Commentó Mauro.

FLASHBACK.
"Marco, ma sono le sette di mattina, ho sonno". Sbottó Mél mentre la trascinavo con me nel bar in cui andavo spesso. Aveva un maglione che le avevo prestato io, i capelli raccolti, ma era comunque bellissima.
"Ti porto a mangiare i miglior pancakes di Milano, altro che MC".
Entrammo nel locale e il caldo accogliente ci fece rilassare tutti i muscoli contratti a causa del freddo.
"Marco, chi si rivede!". Esclamó Maria, la moglie di Mauro.
Presentai ad entrambi Mél e lei arrossii leggermente nascondendo il volto nella sciarpa.
Ordinammo dei pancakes e due cioccolate calde.
Era Gennaio e fuori Milano era invasa da fiocchi di neve.
"Marco, devi portarmi". Disse Mél sfogliando un catalogo dove c'erano rappresentati i miglior musei nel mondo intero. Come avevo previsto, Carméle aveva fermato la pagina sul museo dedicato a Van Gogh ad Amsterdam.
"Un giorno ci faró un concerto lì, così poi ti porto in quel museo". Dissi velocemente bevendo il liquido scuro e amaro della cioccolata calda.
"Poi mi porti anche nella casa di Anna Frank". Continuó lei guardandomi.
"Ti porto ovunque". Risposi dolcemente allungando la mano per afferrare la sua e stringerla.
"Davvero?".
"Carméle, ti porto anche sulla luna".
Mi sorrise guardandomi e in quei due occhi, in quel sorriso ci vidi tutto l'amore che provava per me.
Passammo un ora in quel bar a scherzare, a mangiare pancakes e a guardarci come solo noi sapevamo fare. Non ne avevo dubbi, io provavo un qualcosa di troppo forte per lei.
FINE FLASHBACK.

"Quindi mi stai dicendo che la persona che hai baciato è il mio migliore amico". Sbottai guardando Laura dinanzi a me.
"Marco so di aver sbagliato a baciarlo e non devi assolutamente prendertela con lui, lui si è staccato".
Laura aveva baciato Giovanni, ma lui si era staccato appena aveva realizzato tutto. Era questa la storia che mi si era presentata davanti quella mattina.
"Penso sia giusto annullare i preparativi per il matrimonio". Dissi portando lo sguardo altrove.
"I-io penso di provare qualcosa per lui".
Una fitta allo stomaco. Dovevo aspettarmi una cosa del genere, mi avevano messo in guardia eppure io non avevo capito quanto avessero ragione. Avrei dovuto ascoltare i consigli di mia mamma, di mio padre. Dovevo rallentare tutto e non dovevo correre. Laura c'era sempre stata, ma in quel momento aveva deciso di lasciarmi anche lei. Mi sentivo come se il mondo intorno a me si stancasse della mia presenza nella sua vita, tutti prima o poi facevano qualcosa per lasciarmi andare.
"E va bene, Laura, va bene così.. spero tu possa essere felice".
"Lo spero anche io per te, Marco.. e so come la guardi, so che ne sei ancora innamorato".
E in un battito di ciglia Laura aveva lasciato quella che poco prima era la nostra casa, lasciandomi da solo con la delusione.
Dovevo aspettarmelo, dovevo capirlo prima.
Non ero abbastanza per lei, come lei non lo era per me.
Non ero assolutamente arrabbiato con Giovanni, lui per me non aveva colpe. Perchè l'essere innamorato di una persona non è una colpa. Succede e nemmeno ti accorgi realmente di esserlo.
Voltai lo sguardo verso il muro del salone e la mia attenzione la catturò un disegno.
Parigi.
La firma di Carméle.

HOLA ESERCITO!
Sì, avete ragione.. sono pessima e non ho aggiornato per un mese. Ma ho le mie buonissime ragioni! Ho lavorato tantissimo in questo mese e ho preparato dei bambini alla mia scuola di teatro e in più ho anche fatto lo spettacolo con loro. Quindi penso di essere perdonata!
Comunque un nuovo capitolo interamente dedicato a Marco.
Voglio assolutamente i vostri commenti.
Cosa pensate che Marco farà ora?
Cosa ne penserà Marco quando scoprirà che Carméle sapeva di Laura e Giovanni?
Aspetto i vostri commenti.
Un bacio, alla prossima!

PS: Non vi ho ancora augurato un buon anno nuovo!

Avessi un altro modo// MM.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora