CARMÉLE.
"Marco, sto per scoppiare.. non ho mai mangiato così tanto". Sussurrai portando una mano sulla mia pancia appena uscimmo dal ristorante accennando un piccolo sorriso dovuto al pensiero della serata.
Avevamo mangiato tante pietanze davvero buone ed infine ci siamo concessi anche una fetta di torta quella al pistacchio e nutella, il nostro gusto preferito, che dividemmo dato che non potevo mangiarla interamente.
"Non ti lamentare sempre". Mormoró accennandomi una risata per poi tornare serio. "Dai vieni, ti porto in un posto". Mi disse afferrando la mia mano.
Una scarica di adrenalina mi percorse la schiena dalla base fino al collo costringendomi a stringere la sua mano, anche se avrei stretto la sua mano comunque.
"Ma Marco.. é quasi l'una". Risposi a mia volta portando lo sguardo sull'orologio che portavo all'altro polso, quello della mano libera.
"Che te frega.. mica domani devi andà a scuola".
E così iniziammo a camminare per le lunghe stradine, quasi isolate, di Milano.
Non conoscevo quelle strade e a quell'ora mi sembravano tanto quelle dei film horror. Un piccolo sentiero con alberi ad entrambi i lati, lampioni qua e là, alcuni distanti di metri e poi i raggi lunari a dare l'ultimo effetto della luce. Se avessi avuto una penna e un foglio ne avrei ricavato senz'altro un bel disegno. In qualsiasi altra circostanza mi sarei allontanata da questo sentiero spaventata dal buio e dai mille pensieri negativi che mi attraveravano per la testa, ma in quel momento sentendo il contatto della pelle di Marco sulla mia mano, sentendo il suo respiro e sentendo quasi i suoi battiti del cuore grazie al silenzio che si era creato intorno a noi, non avevo paura. Ci sarei restata anche tutta la vita, basta che sia insieme a lui. Con lui non avevo paura di nulla, non avevo timori. Mi sentivo protetta da tutti i mali che questa vita poteva darmi, mi sentivo protetta da tutto e tutti.
Marco si fermó venendo dietro di me per poi portare le mani sui miei occhi costringendomi a chiudere gli occhi.
"Ma che stai facendo..". Mormorai fermandomi anche io.
"E' una sorpresa". Mi sussurró all'orecchio per poi condurmi verso il posto da lui indicato.
Camminammo per altri minuti, forse ne erano di meno di quelli che sembravano e finalmente ci fermammo. Marco tolse lentamente le mani dai miei occhi. Li strizzai appena per poi sbattere più volte le palpebre per potermi abituare al contatto con la luce.
Dinanzi a noi c'era Milano illuminata. Si vedevano tutti i palazzi illuminati, tutti i lampioni che illuminavano le strade e si vedeva il Duomo in lontananza, tutto ció era sotto la luce della luna che quel giorno era rotonda e piena e ai nostri occhi di un bel colore giallo carico.
"Prima che tu possa iniziare a parlare devo farti vedere un'altra cosa". Disse Marco prendendo il suo telefono così da aprire la torcia del telefono illuminando la panchina davanti a noi.
Mi fece avvicinare alla panchina illuminando un pezzo di legno.
«Avessi un altro modo».
Lessi quella frase portando l'indice su di esso per sfiorare la frase scritta con una penna nera.
"Qui sono venuto il giorno dopo che tu partisti.. quando ti spezzai il cuore e nemmeno me ne resi conto. Qui mi sono seduto con un foglio e una penna e ho scritto, ho scritto quello che volevo che accadesse, quello che volevo che fosse realtà. Scrissi di te in Irlanda, di me qui ad aspettarti, anche se mi sentivo tanto egoista. Ero nella stessa situazione in cui eri tu giorni prima quando io non c'ero, mi stavi aspettando ed io avevo infranto la nostra promessa. Certo, tornai.. mai tornai con un'altra ragazza e questo spezzó la promessa che ci eravamo fatti. Mi dispiace e nemmeno so come fartelo capire, perché un semplice 'mi dispiace' non rende assolutamente. Dovevo tornare da te, da solo.. ma non si puó tornare indietro e forse il destino ha voluto così".
Marco portó una mano sulla mia guancia per asciugare quella piccola lacrima che mi era scesa durante le sue parole. Per l'ennesima volta Marco era riuscito a farmi mettere a nudo davanti a lui, era riuscito a farmi esprimere tutte le emozioni che avevo dentro, anche se ne era una sola. Era la tristezza.
"Io ti ho aspettato ed é vero. Ero qui, ferma alla solita vita, facevo cose che facevo tutti i giorni, ma non provavo le stesse emozioni. Non le provavo perché non c'eri tu.. non le provavo perché non c'eri tu a farmi provare tutte quelle sensazioni bellissime. Ma Marco, ora va tutto bene, ti sposerai ed io sarò al tuo matrimonio a piangere di felicità insieme a te, perché quello che ti meriti e lo penso davvero". Sussurrai portando una mano su quella che lui aveva sulla mia guancia così da stringerla dolcemente, sfiorando con le mie dita la sua pelle.
"Sarai felice?".
"Lo saró". Sussurrai forzando un sorriso. "Ora torniamo a casa".
Facemmo nuovamente il percorso di poco prima tornando alla macchina.
Per tutta la durata del tragitto dal ristorante a casa mia nessuno dei due parlò, entrambi avevamo troppi pensieri da dar conto e ascoltare. Il silenzio ci stava letteralmente uccidendo.
Pensavo a noi due, a come sarebbe stata la nostra vita insieme, se lui non fosse tornato a Milano con Laura. A quanto sarei stata felice in quell'attimo, a tutti i baci rubati la mattina ancora mezzi addormentati nel letto. A quanto sarei stata felice di averlo con me.
Arrivammo sotto casa mia e Marco si fermó spegnendo il motore dell'auto.
Slacciai la mia cintura di sicurezza afferrando lo zainetto dai sedili posteriori e mi voltai verso di lui ancora in silenzio.
"Bhé.. buonanotte". Sussurrai guardandolo.
"Buonanotte, Mél". Sussurró Marco portando le labbra sulla mia guancia per poter lasciare un piccolo bacio su di esso. Accennai un sorriso per poi scendere dall'auto e tornare nella mia abitazione.
Un'altra notte che non avrei mai più scordato, anche se con essa avevo perso totalmente le speranze.Mi svegliai, ma non avevo la stessa vitalità delle altre giornate, non sapevo nemmeno come ci arrivai in bagno per fare quella doccia mattutina che ci stava sempre d'incanto.
Erano passati quattro giorni da quando avevo dato il mio consenso a Marco di sposare Laura, avevo dato la mia benedizione ad entrambi e mi sentivo davvero una stupida. Non stavo facendo nulla per cambiare la situazione, per averlo di nuovo, per sentirlo di nuovo mio e di questo mi dannavo. Erano anche quattro giorni che non sentivo Marco e non lo vedevo. Quando veniva a casa fingevo di dormire o uscivo appena sapevo del suo arrivo, delcinavo tutte le sue chiamate ed evitavo di parlare di lui con gli altri. Ero solo una stupida e nulla di più.
Sbuffai pesantemente ancora una volta per poi uscire dal box della doccia, tornando in camera mia. Presi l'intimo nero e una t-shirt che mi stava abbastanza larga così da portarla come un vestitino e incalzai le mie converse nere; pettinai i capelli e li asciugai in modo naturale per poi scendere in cucina dove mi aspettavano gli altri.
"Oggi torna il fratello di Davide e devi conoscerlo assolutamente". Mi disse Céline affiancandomi in cucina.
"Mh.. com'é?". Chiesi prendendo un po' di succo per berlo.
Di solito la mattina, quando ero abbastanza nervosa, non mangiavo mai nulla, bevevo solo del succo o raramente del caffé.
"Allora.. abbastanza alto, ciuffo castano scuro, occhi color nocciola, quasi scuri e ha ventitré anni". Rispose Céline masticando nel frattempo il suo biscotto.
"Si chiama Riccardo". Aggiunse Giovanni posando la tazza nel lavabo della cucina.
Io e i miei due fratelli dopo quella breve chiacchierata iniziammo ad incamminarci verso le strade di Milano per arrivare a casa di Davide dove ci attendeva con gli altri e suo fratello.
Dovevamo disctutere e prenotare la nostra vacanza. Ognuno di noi avrebbe detto una meta e io la mia l'avevo ben stampata in mente e speravo che passasse davanti a quella di tutti. Arrivammo a casa di Davide ed entrammo in salone dove trovammo tutti.
"Riccardo lei é Carméle mia sorella, Carméle lui é Riccardo il fratello di Davide". Disse Giovanni indicandomi il ragazzo dinanzi a me.
Non era affatto come me lo immaginavo.
Era davvero un bellissimo ragazzo e rimasi incantata dal sorriso che sfoggió non appena mi vide.
"Piacere di conoscerti". Dissi porgendo la mano che lui subito afferó per stringerla.
Accennai un piccolo sorriso e lui fece lo stesso sussurrando un 'Piacere tutto mio'.
Davvero non riuscivo a staccare il mio sguardo dal suo sorriso.
Ci sedemmo nel salone di casa Sollazzi, chi sul divano, chi sul tavolino piccolo, chi per terra come me o chi aveva preso delle sedie per sedersi.
Iniziammo a parlare delle varie mete ed io e qualcun altro ce ne stavamo in silenzio ascoltando le idee degli altri. Marco e Laura non si unirono alla vacanza, perché lei era ancora a Venezia e lui non voleva venire senza la sua fidanzata.
"Santorini". Dissi velocemente.
"La Grecia é bellissima, mi unisco". Ripose Riccardo strizzando leggermente l'occhio dalla mia parte guardandomi.
"Va bene per tutti?". Chiese Marta guardando uno ad uno.
Tutti annuirono.
La nostra vacanza era quella.
Passammo quasi tutto il pomeriggio a ridere, scherzare e ad organizzare la nostra vacanza.
Stavo per uscire da casa Sollazzi quando una mano mi afferró il braccio delicatamente per farmi aspettare.
"Ehy". Sussurrai dopo essermi voltata verso Riccardo.
"Mi chiedevo se qualche giorno prima di partire ti andava di prendere un caffé insieme o magari una cena, qualsiasi cosa". Rispose guardandomi giocando distrattamente con una ciocca dei miei capelli.
"Certo, mi farebbe piacere".
"Stasera alle otto?". Mi chiese accennando un piccolo sorriso.
Di nuovo quel dannato sorriso.
"Ti aspetto".HOLA ESERCITO!
Sono tornata con un nuovo capitolo e sento già l'odio di tutte contro di me. Ma tempo al tempo mie care!
Comunque volevo sapere cosa pensate di questa storia. Se vi sta piacendo, se vi sta annoiando o semplicemente cosa pensate dei personaggi.
Mi aspetto i vostri commenti, non deludetemi!
Un bacio, alla prossima.
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Avessi un altro modo// MM.
Fanfiction«Stai attenta ha avuto tutto inizio in questa stanza». Carméle and Marco.