Quella mattina John raggiunse il 221B di Baker Street intorno alle nove. Aveva spento la sveglia e si era riaddormentato prima di trovare la forza di alzarsi dal letto, cosa che lo aveva portato a essere in ritardo sulla sua tabella di marcia immaginaria.
La sua intenzione di raggiungere il suo ex appartamento era legata principalmente al giorno precedente, a quello che era avvenuto nell'obitorio e a ciò che ne era seguito. Dopo che Molly e Lestrade avevano informato i presenti di ciò che era accaduto al giudice Walker ben poche cose erano rimaste tranquille. Sherlock si era improvvisamente fatto serio, aveva raccolto quante più informazioni possibili e si era allontanato da solo, prendendo un taxi e dirigendosi da qualche parte, probabilmente con l'intenzione di rinchiudersi nel proprio Palazzo mentale il più a lungo possibile. John aveva quindi riaccompagnato a casa Emily - anche lei fattasi improvvisamente seria - solo per appurare che Sherlock non era rientrato nel proprio appartamento. Quando aveva lasciato il 221B due ore più tardi dell'amico non c'era ancora traccia. Non era rimasto sorpreso da quell'atteggiamento, conosceva Sherlock, tuttavia sapeva anche bene che le lunghe assenze dell'uomo erano legate a qualcosa in grado di tenere impegnata la sua mente e non sempre si trattava di un bene. In quel caso, poi, non poteva di certo esserlo. Erano trascorsi mesi dall'ultimo messaggio di Moriarty, dal video che aveva costretto Sherlock a fare ritorno a Londra meno di cinque minuti dopo il suo esilio, e l'omicidio di Walker poteva essere ben più serio e importante di quanto già non fosse.
John superò in fretta la porta d'ingresso, urlò un rapido saluto a Mrs. Hudson, dopodiché salì di corsa le scale ed entrò nel soggiorno di Sherlock. Trovò il detective fermo, seduto sulla sua poltrona, le gambe accavallate, le mani congiunte davanti alle labbra, gli occhi celesti fissi in un punto imprecisato; non spostò neanche lo sguardo quando sentì John e continuò a rimanere impassibile anche dopo. Il medico individuò Emily nella stanza, seduta sul divano con il portatile in grembo, intenta a scrivere qualcosa. Lei salutò l'ultimo arrivato con la mano, sorridendo. John le si avvicinò, sempre fissando Sherlock.
«È così da questa mattina» volle informarlo Emily, guardando il detective. «Quando mi sono svegliata era lì. Gli ho preparato del tè, del caffè, non ha preso niente.»
«È nel suo Palazzo mentale» le rispose John. «Quando avrai imparato a conoscerlo meglio questo suo atteggiamento non ti sorprenderà più. Piuttosto è strano che ti consenta di rimanere nella sua stessa stanza» osservò infine, incuriosito.
«Non gli ho parlato molto, l'ho solo guardato» precisò lei osservando Sherlock con rinnovato interesse. Il Palazzo mentale? Poteva essere ottimo materiale per il suo lavoro.
John acconsentì, perplesso. Trovava Emily sempre più curiosa. Ciò che lo sorprendeva di più era il fatto che la ragazza non pareva mai stupita o infastidita dagli atteggiamenti di Sherlock. Viveva sotto il suo stesso tetto da pochi giorni, eppure sembrava già essere completamente assuefatta alle cose che rendevano Sherlock Holmes, Sherlock Holmes. Sotto molti punti di vista Emily si stava dimostrando una persona unica - forse addirittura preziosa.
Accanto a lui la ragazza chiuse il portatile, si voltò verso il medico e chiese: «John posso parlarti un momento?»
«Sì, certo» rispose lui.
«Non qui, però. Possiamo andare in camera mia.»
Si avviò al piano di sopra seguita dal medico. Lo introdusse in quella che per tanto tempo era stata la sua stanza e John poté osservare quanto fosse cambiata. Gli abiti, gli oggetti, la disposizione del mobilio, perfino la luce erano diversi.
«È così diversa da come la ricordavo» si lasciò sfuggire l'uomo, sorridendo.
«Devo ancora finire di sistemarla, ma c'è tempo» rispose lei, strofinandosi le mani sulle cosce, come imbarazzata. Guardò un momento il medico, dopodiché abbassò il tono di voce: «Tu sai cosa prende a Sherlock meglio di me, vero?» domandò dopo aver chiuso la porta della stanza.
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The young redhead
Fanfiction«Bisogna avere pazienza quando si svolge un'indagine. Se l'assassino vuole comunicare con me troverà il modo di farlo ancora una volta» disse, lanciando un'ultima occhiata sicura alla ragazza. «Ma non temere, continuerò comunque a indagare su questa...