XII

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Emily non aveva mai provato tanta angoscia come in quel momento, inginocchiata accanto al corpo all'apparenza incosciente di Sherlock.

Guardava il suo volto, gli occhi chiusi, mentre la sua mano ancora posata sulla spalla dell'uomo seguiva il lento moto del suo respiro. Per un lungo momento temette di non rivedere mai più il limpido sguardo celeste del detective e prima di alzarsi e chiamare un'ambulanza – o chiedere aiuto a Mrs. Hudson – fece l'ultimo tentativo per richiamare Sherlock.

«Sherlock. Andiamo svegliati!»

Lo percosse maggiormente pronunciando quelle parole, alzando anche il tono della voce. Passarono attimi che le parvero eterni, finché non sentì sotto il proprio tatto il corpo dell'uomo scuotersi debolmente. Sherlock aprì gli occhi, puntandoli vacui davanti a sé. Emily ai ritrasse per lasciargli spazio sufficiente affinché potesse muoversi, rimanendo però sempre inginocchiata sul pavimento.

L'uomo si puntellò sui gomiti, ruotò il corpo e guardò la ragazza. Non disse nulla.

Lei rispose al suo sguardo, preoccupata. Il detective aveva gli occhi lucidi, la fronte imperlata e sembrava completamente privo di forze. Emily lo stava vedendo sotto una luce a lei sconosciuta.

«S-stai bene?» gli chiese poi, incerta.

«Ti avevo detto di lasciarmi solo» disse lui, gelido. Aveva la voce bassa e roca.

La ragazza trattenne il fiato a quelle parole, preoccupata. Non riusciva a capacitarsi di ciò che stava accadendo, né di come avrebbe dovuto comportarsi. L'uomo che aveva davanti non le sembrava nemmeno lo Sherlock che aveva imparato a conoscere.

«Volevo solo... Ero preoccupata per te» gli rivelò, sperando che potesse servire in qualche modo.

Lui la guardò, austero. «Non è necessario. So badare a me stesso» replicò freddo.

Emily era in procinto di rispondergli, dirgli che da soli non si può neanche sperare di riuscire a risollevarsi da quell'umore nero in cui lui pareva essere sprofondato. Tuttavia non fece in tempo. Sherlock si mosse per potersi alzare in piedi, sollevando maggiormente il busto. In quel frangente la ragazza si accorse di qualcosa che risplendeva leggermente alle spalle dell'uomo. Si sporse appena, quel tanto che bastava per permetterle di identificare l'oggetto. Era una sottile siringa da insulina, usata e vuota.

Istintivamente tese la mano verso di essa, totalmente pervasa dalla curiosità.

Sherlock fu più veloce di lei. Intuì subito cosa stava per fare e la fermò. Afferrò il colletto del cappotto che la ragazza ancora indossava e l'avvicinò a sé.

«Non toccarla» le disse.

Emily non replicò. Spalancò gli occhi quando vide il volto del detective tanto vicino al suo, il cuore che le batteva all'impazzata mentre viveva una situazione che non avrebbe mai potuto immaginare.

«Cos'è?» chiese infine, quando si fu ripresa da quel momento di shock.

Sherlock non le rispose. Lasciò la presa dal cappotto, allontanando la ragazza e si alzò in piedi afferrando la siringa. Emily riuscì a notare il leggero barcollare dell'uomo nel compiere quel gesto e non le sfuggirono nemmeno il colorito pallido della pelle e la strana tensione dei muscoli. Si alzò anche lei, rimanendo a guardare l'uomo con crescente ed evidente preoccupazione.

«Si può sapere che ti prende?» esplose infine, non riuscendo a trattenersi oltre. Il modo in cui lui la stava ignorando le era insopportabile.

Sherlock si voltò a guardarla, ma ancora una volta non disse nulla, rimanendo a fissare Emily con intensità.

The young redheadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora