XIII

632 58 3
                                    




Era un cielo serale plumbeo quello sotto al quale Emily era ferma in attesa, l'ombrello giallo piantato a terra usato come sostegno sebbene non ve ne fosse alcun bisogno. Davanti a lei l'ingresso di casa della famiglia Watson, a cui aveva appena suonato.

Dopo tre giorni di allontanamento volontario dal civico 221B – da cui usciva al mattino e rientrava la sera tardi, salendo direttamente in camera sua e senza degnare di attenzione il soggiorno – la ragazza aveva deciso di raggiungere la casa di John e Mary, pronta finalmente a parlare di ciò che era accaduto con Sherlock. Nei giorni precedenti il medico le aveva scritto tutta una serie di messaggi in cui la pregava di farsi viva, dicendole che aveva discusso con il detective per ciò che aveva fatto ed evidenziando anche quanto, sia lui che la moglie, fossero preoccupati per il suo improvviso allontanamento.

Emily, dal canto suo, non aveva mai risposto, continuando a studiare in facoltà e trascorrendo quanto più tempo possibile con Richard. Quest'ultimo era da ormai tre giorni l'unica cosa in grado di farla sentire bene. Insieme a lui non pensava a Sherlock, a quello che si era fatto e alla lite che avevano avuto. Richard la faceva stare bene anche se, nonostante tutto, lei non l'avesse ancora informato della sua convivenza con il detective, ne tantomeno delle reali motivazioni per cui lei e il suo coinquilino avevano litigato.

Tuttavia, allo scadere del terzo giorno, Emily aveva deciso che non poteva continuare a tenersi tutto dentro.

Attese pazientemente che la porta si aprisse e appena avvenne si trovò davanti Mary. Il viso della donna si distese in un sorriso quando incrociò gli occhi di Emily e subito dopo l'abbracciò affettuosamente.

«Grazie per essere venuta» le disse poi, invitandola a entrare.

La ragazza la seguì dentro casa, osservandosi intorno. Rivedere Mary le aveva fatto piacere, non avrebbe potuto essere altrimenti, così come sapere che a breve avrebbe anche rincontrato John la caricò di nuova euforia. Non poté mentire a se stessa per l'ennesima volta: John e Mary le erano mancati anche solo in quei tre giorni e, nonostante tutto, anche Sherlock le mancava.

Il medico era in soggiorno, intento a leggere alcune carte a sedere su una poltrona. Si alzò in piedi quando vide entrare Emily e le andò in contro.

«Grazie al cielo ti sei decisa a farti viva» la rimproverò pacatamente.

«Mi dispiace» rispose lei, senza aggiungere altro.

Mary le fece cenno di sedersi e la ragazza si sistemò sul divano dopo aver lasciato ombrello e cappotto su una sedia lì vicino. Si sentiva nervosa per motivi che le sfuggivano.

Mary e John se ne accorsero, capendolo dal modo in cui Emily evitava accuratamente di guardarli.

«Vuoi qualcosa, Emi?» si offrì Mary, cercando di stemperare un po' l'atmosfera.

«No, grazie» rispose prontamente l'altra.

A quel rifiuto i coniugi presero posto di fronte a lei.

«Come stai?» domandò John dopo un breve silenzio.

La ragazza si strinse nelle spalle. «Fisicamente sto bene» rispose, dopodiché un lampo di determinazione attraversò i suoi occhi azzurri. «John, non girare intorno all'argomento, ti prego. Tu sai perché Sherlock si è comportato a quel modo? Sapevi che faceva uso di droghe?»

La nota di dolore era perfettamente intuibile nella sua voce. John e la moglie si guardarono per un momento.

«Te l'avevo detto di arrivare subito al punto» disse infine Mary al marito, sorridendo. Subito dopo si rivolse alla ragazza, posandole una mano sul ginocchio, cercando di confortarla. «Lo sapevamo» ammise infine.

The young redheadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora