VIII

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Il lunedì trovava sempre un modo per essere detestabile a qualcuno e ci riusciva puntualmente. In quello specifico caso era toccato a Emily.

La ragazza si era svegliata di buon'ora come era solita fare all'inizio della settimana. Si era fatta una doccia, aveva preparato il tè sia per lei che per Sherlock mettendo la sua parte di bevanda in un thermos e, afferrata una manciata di biscotti, si era avviata fuori di casa, l'ombrello giallo agganciato al gomito.

Arrivata alla London Metropolitan University, un sole pieno sopra la testa, Emily aveva raggiunto l'aula pronta per la lezione solo per scoprire che il suo professore era ammalato. L'università aveva avvertito tutti gli studenti dell'annullamento della lezione prontamente, tramite e-mail, ma nel caso della ragazza la sua mail era finita nello spam e lei non aveva avuto modo di visionarla. Terminato il lungo elenco di imprecazioni soffocate che Emily aveva recitato in seguito alla scoperta, la ragazza si era diretta verso la caffetteria del campus con l'intenzione di farsi una dose extra di caffè nelle speranza di poter essere sollevata nell'umore. Ottenuta la sua bevanda si era sistemata nel tavolino più isolato che aveva trovato e aveva affondato il naso in uno dei suoi libri di criminologia, pur non riuscendo ad afferrarne una sola parola.

Si sentiva giù di corda da un paio di giorni, esattamente dal sabato sera in cui aveva deciso di aprirsi a Sherlock Holmes. Da quella sera loro due non si erano quasi più rivolti parola, principalmente perché lei tendeva a evitare l'uomo. Era certa che Sherlock avesse capito ben più di quello che lei gli aveva detto, sebbene lui si ostinasse a dire che i sentimenti non erano il suo settore. Il desiderio di Emily di riuscire a vivere una storia come quella di John e Mary racchiudeva un significato ben più profondo, anche se era più corretto dire che nascondesse la sua paura più grande: la paura di rimanere sola. Le avevano sempre insegnato a essere se stessa e lei aveva fatto tesoro di quell'insegnamento, tuttavia, a venticinque anni, era arrivata a domandarsi perché essere sé fosse così sbagliato.

Scosse improvvisamente la testa, con forza, cercando di non pensarci più. Non si era mai trascinata così a lungo le sue tristezze e non avrebbe certo iniziato ora. Decise di smetterla di rimuginare sulla faccenda e dedicarsi allo studio, che l'aveva sempre fatta sentire realizzata, ricordandole qual era il suo scopo. Avrebbe lasciato da parte quella spiacevole sensazione di malinconia mista a tristezza che l'aveva pervasa nelle ultime ore - e che era stata poi arricchita dalla frustrazione per il suo viaggio a vuoto in facoltà - e sarebbe rientrata a casa per studiare e trascorrere nuovamente del tempo con Sherlock il quale, dopotutto, non aveva commesso niente di male e non meritava di essere evitato come gli era successo - sebbene, e Emily ci avrebbe giurato, la cosa pareva lasciarlo indifferente. Aveva raggiunto Londra con uno scopo ben preciso, che esulava completamente dalla propria vita sentimentale ma c'entrava esclusivamente con quello che era il suo desiderio: vivere facendo ciò che le piaceva di più. C'era tempo per trovare qualcuno con cui mettere su famiglia o con cui trascorrere in casa le piovose serate gallesi e non dubitava che un giorno, quel qualcuno, sarebbe arrivato.

Improvvisamente la ragazza si sentì rinata. Ringraziò mentalmente il caffè, che ingollò fino all'ultima goccia, guardò il limpido cielo che si affacciava fuori dalla finestra e si dipinse un sorriso in volto, pronta a rientrare al 221B.

Per lasciarsi dietro le spalle qualcosa di brutto niente era meglio di lavoro e amici ed entrambi - sebbene la seconda cosa forse valeva solo per lei - si trovavano a Baker Street.

Mise il libro nello zaino e si alzò dal suo posto. Appena fu in piedi si accorse di un giovane comparso accanto a lei. Lui la guardò e le sorrise. Non si trattava di Eddie - Emily non lo aveva più incrociato dopo la sua rocambolesca uscita di scena al loro primo incontro - ma di un altro ragazzo che lei non aveva mai visto. Doveva essere di poco più grande e, la ragazza non riuscì a non notarlo, era sorprendentemente affascinante. Aveva lineamenti sfuggenti e piacevoli, nascosti appena sotto una lieve barba incolta. Gli occhi scuri e limpidi e i capelli castani facevano risaltare notevolmente il suo sorriso.

The young redheadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora