Parte 4

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"Questi dovrebbero bastare per un po'" dice mia madre porgendomi un mazzetto di banconote che io afferro strappandoglielo dalle mani. Alzo gli occhi per evitare di incontrare il suo sguardo, è l'ultima cosa che voglio vedere in questo momento.
Osservo un aereo passare sulle nostre teste e mi chiedo dove stia andando, mi chiedo quale sia il futuro delle persone che sono lì sopra ed inevitabilmente desidero di essere lì, seduto sulle poltrone di quell'aereo, ad andare nella direzione opposta rispetto a Londra, rispetto al college.

Mio padre mi porge la valigia nera che, con non poca difficoltà, ha tirato giù dalla macchina e mi sorride. Se pensa che lo perdonerò per ciò che mi sta facendo si sbaglia di grosso, se pensa che, con un sorriso, potrà sistemare le cose si sbaglia di grosso.
Mia madre si avvicina a me per abbracciarmi, ma io non rispondo a quella stretta che voleva essere affettuosa, sto lì, con le braccia stese lungo il corpo, e mi faccio stringere.
Quando però vedo che mio padre si avvicina per fare lo stesso afferro la valigia e inizio a trascinarmela dietro dicendo semplicemente: "è tardi, non vorrei farvi perdere il volo."

Entro nell'aeroporto e vado a spedire la valigia, che è fin troppo grande per essere portata sull'aereo con me, e poi mi incammino verso la mia sala d'aspetto con solo il mio zaino, ovviamente nero, sulle spalle.
Mentre mi sposto tra la gente il mio cellulare inizia a suonare insistente nella tasca dei miei pantaloni, pregandomi di rispondere, ma quando leggo il nome sulla barra decido di appendere.
Non mi va di parlare con Jace.
Salutare Izzy e Max è stato già abbastanza orribile.
Credo che loro tre saranno le persone che mi mancheranno più di tutte. Quando da piccolo cercavo di immaginare la mia vita senza Izzy... o Max...o Jace, non ci riuscivo. Mai.
Sento le lacrime pungermi gli occhi, ma le ricaccio giù. Non posso permettermi di piangere, quindi non piangerò. Anche se odio tutto questo. Anche se è l'unica cosa che vorrei fare.

Rimetto il cellulare nella tasca e riprendo a camminare, ma non faccio a tempo a tempo a fare due passi che sento qualcuno arrivarmi alle spalle e cadermi addosso.
Possibile che oggi non me ne vada bene una?
Ho sempre pensato che se uno si sveglia sapendo già che sarà una pessima giornata, automaticamente, va tutto male.

"Ehi ma guarda dove vai idiota!" Strillo alzandomi e sistemandomi lo zaino sulle spalle.
"Ehi ma che cazzo vuoi! Sei tu che ti muovi alla lentezza delle lumache, scusa se non voglio  perdere l'aereo." Ribatte lui alzandosi.
"Ehi fratello calmati" dice un altro ragazzo arrivandogli alle spalle.
Sono identici come due gocce d'acqua, stessi capelli biondo platino, stesso corpo alto ed esile.
L'unica cosa che non hanno in comune sono gli occhi: quelli del primo che ho avuto la sfortuna di incontrare sono talmente scuri da sembrare neri, mentre quelli del suo gemello sono di un verde brillante.

"Scusalo" fa il ragazzo dagli occhi verdi "ha un carattere un po' di merda" aggiunge guadagnandosi un occhiataccia dal gemello. "Io sono Jonathan e lui è Sebastian"
"Alexander"
"Si bene interessante" inizia Sebastian "ma se non ci muoviamo perdiamo il volo per Londra."
"Andate a Londra? Anche io." Dico controllando l'orologio.
Il primo volo per Londra, ovvero il mio, parte tra più di 1 ora...hanno tutto il tempo per arrivare e sedersi con calma.
"Il primo volo parte tra più di 1 ora..." Dico.
"Credo tu abbia letto male il biglietto" ribatte Jonathan mentre il fratello lo trascina per un braccio.
Afferro il biglietto per controllare e mi accorgo di aver letto 12.30 al posto di 11.30
"Cazzo"
Mi Sistemo lo zaino sulle spalle e inizio una gara contro il tempo.

Dopo aver sistemato il mio zaino in uno degli scompartimenti dell'aereo, faccio un piccolo cenno con la testa per salutare Jonathan e Sebastian, che siedono 3 posti dietro al mio, e mi siedo mentre un'hostess illustra i sistemi di sicurezza.

"I gentili passeggeri sono pregati di spegnere ogni tipo di apparecchio elettronico."
Afferro il cellulare per metterlo in modalità offline ed è allora che la sento.
"Ma guarda chi si vede."
Alzo lo sguardo verso la persona che mi sta seduta accanto e incontro due occhi
verdi-dorati che mi scrutano da vicino.
"Ciao Magnus"
"Come mai qui?" Chiede lui.
"E tu?"
Lui sorride e poi dice: "vado a Londra a trovare la mia ragazza."
Lo guardo un attimo cercando di evitare che la mia mandibola cada a terra, poi capisco.
Non si può mentire a persone che hanno mentito tutta la vita, caro mio. Stai pur certo che lo capiscono.
Annuisco facendo finta di aver creduto alla sua storia.
"Tu perché stai andando a Londra?"
"Una vacanza" dico con semplicità "seguo il corso di architettura nella mia università e il professore mi ha consigliato di andare a vedere gli edifici di Londra."
Sembra che se la sia bevuta, infondo mentire è una delle cose che mi è sempre venuta meglio.
"La tua ragazza?" Faccio per cambiare discorso. "Come si chiama?"
"Si chiama Camille."
"E com'è?"
Lui afferra il cellulare e mi fa vedere una loro foto insieme.
"Allora esiste davvero..." Penso.
"Stiamo insieme da tanto , circa 4 anni ed è fantastica...davvero fantastica. La amo tanto."
Lo osservo mentre parla, era quasi convincente, a parole si intende.
I suoi occhi dicevano altro. Non brillavano, neanche un po'. Erano piuttosto spenti come se stesse parlando di una persona scomparsa da tempo.


Dopo aver sistemato lo zaino sulle mie spalle afferro il manico della valigia e inizio a trascinarla all'interno dell'enorme edificio.
Sull'entrata c'è un enorme lastra di marmo con incise le parole 'IDRIS UNIVERSITY, COLLEGE MASCHILE DI LONDRA'
È ancora più grande di quanto me lo immaginassi, quindi sarà ancora più difficile orientarsi in questo posto.

Mi dirigo verso la segreteria che, essendo la metà dell'anno, è completamente vuota.
C'è solo una donna abbastanza giovane con, attaccato alla camicia, un cartellino con su scritto 'Jia Penhallow' in un carattere ordinato.
"Buongiorno, sono Alec Lightwood"
"Buongiorno, benvenuto alla Idris UNiversity." Mi squadra un secondo e poi si dirige verso l'armadio che sta in un angolo e afferra un piccolo pacchetto trasparente. "Questa è la tua uniforme da mettere nelle occasioni speciali, gite, gare ecc... Per uscire durante la settimana avrai bisogno del permesso scritto della preside Imogen Herondale e-"
"Ha detto Harondale?" Dico pensando a Jace.
"Si. Dicevo, durante il weekend si può uscire liberamente, ma bisogna rientrare prima delle 22.00 di domenica sera. Se non sei presente a una lezione devi giustificarti. La tua stanza è la 126, per trovarla basta che segui i numeri delle stanze, corridoio a sinistra."

Finalmente arrivo davanti alla mia porta, se sapevo che sarebbe stata così lunga la strada fino alla mia stanza non avrei mai portato una valigia così grande.
Uso la chiave per aprire la porta ed entro.
"Oh fantastico" penso mollando le valige "non è neanche una camera singola."
Uno dei due letti è già occupato quindi occupo il secondo che sta vicino alla finestra.

"Gita scolastica eh"
Merda.

Malec || SecretsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora