Capitolo 1 - Le origini

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Inghilterra, Londra, 1840

Da qualche anno era iniziata l'epoca Vittoriana. Con l'ascesa al trono della regina Vittoria il paese, dopo le guerre civili, aveva ritrovato finalmente la stabilità economica e commerciale, anche grazie ai numerosi insediamenti coloniali.

Era un giorno come un altro a Londra, il cielo pieno di nuvole pronte a scatenare un temporale, il rumore degli zoccoli dei cavalli per le strade ed io James Melbourne, sulla mia carrozza diretta a casa.

La mia incantevole dimora! Come sempre i domestici presero i miei bagagli e mi diedero il benvenuto. Appena varcata la soglia un odore di biscotti e di piatti della mia infanzia mi mandò in visibilio; sapevo bene che mia madre aveva fatto preparare un' ottima cena per il mio ritorno.

La prima cosa che notai fu che mio padre, Lord Melbourne, era come al solito da sua maestà, al castello. Come suo mentore doveva proteggere la regina Vittoria da tutti gli usurpatori e allo stesso tempo insegnarle a governare.

Eravamo una delle famiglie più importanti del regno con il dovere di comportarsi in un determinato modo ed era quello che mi era stato insegnato fin da piccolo. Ricordo ancora le parole dei miei genitori "un lord non si comporta così James".

La parte divertente erano le "feste" a corte, consigliate dai vecchi sostenitori dei precedenti sovrani. Queste facevano sì che i nobili si divertissero per stare alla fine dalla parte della regina, ma per come la vedevamo io e mio padre, erano anche il modo perfetto per trovare i punti deboli della corona.

Il mio pensiero fu interrotto dalla mia cara madre, che, scendendo le scale con il suo maestoso vestito, mi venne incontro per salutarmi.

Come sempre lei mi aggiustò la giacca, poi ordinò al maggiordomo di portare i miei bagagli in camera. Non era cambiato niente dentro quella casa: mentre aspettavamo mio padre George, ne approfittai per andare in giardino, un immenso terreno confinante con un piccolo ruscello, e respirai a pieni polmoni; intanto i miei occhi si posavano sulla scuderia.

Avevo un sacco di ricordi felici legati al quel posto, andare a cavallo era la mia liberazione dai doveri di un lord, così decisi di andare a dare un'occhiata. Appena arrivato alla porta, una gioia mi pervase il corpo come la felicità che provavo da ragazzo. Purtroppo, prima di entrare, una voce mi chiamò per avvertirmi dell'arrivo di mio padre.

Appena si sentì il rumore della porta che si apriva, mi feci trovare sul pianerottolo. Entrò con il suo vestito elegante, la sua barba grigia e la sua pipa e mi salutò con una insolita felicità, che mi sorprese a tutti gli effetti, perché era il tipo di padre, che non ti mostrava affetto, ma rispetto.

Durante la cena, mentre mi raccontavano brevemente le loro novità, vidi che mio padre era ansioso e felice di darmi una certa notizia.

«Figliolo, mi hai reso molto fiero con i tuoi viaggi per gli affari di famiglia e ora mi sembra il momento di parlarti di una cosa: da domani mattina verrai al castello con me; sua maestà è alquanto ansiosa di rivederti» mi disse guardandomi con aria fiera.

Io risposi pacato e con un tono moderato «Sarebbe un onore padre» e continuai a mangiare. Io e Vittoria ci conoscevamo fin da piccoli ed era una gioia per me sapere del nostro incontro.

Finita la cena salutai per andare a dormire. Arrivato davanti a camera mia, aprii la porta piano, entrai e mi stesi nel letto a baldacchino: l'odore delle lenzuola nuove e quell'aria di casa mi fecero chiudere gli occhi in un senso di pace e protezione e subito mi addormentai.

Il mattino seguente raggiunsi il castello con mio padre, avevo messo uno dei miei abiti più belli. Arrivati davanti al portone con la carrozza, le guardie si spostarono per farci passare. Camminammo fino alla sala del trono dove sua maestà ci aspettava sorridente, così giovane e inesperta, non una grande bellezza, ma si poteva definire un' anima buona. Mi accolse facendomi un inchino e offrendomi la mano da baciare, io con rispetto lo feci e la invitai a passeggiare nel giardino.

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