0.7

13 2 0
                                    

Clarissa.
Coprii il mio collo con la mia sciarpa preferita, uno dei pochi oggetti che mia madre dimenticò in casa, misi il cappello di lana e lo zaino in spalla.
La primavera era appena iniziata, e la natura era così poetica e d'ispirazione, sopratutto alle quattro di mattina: cominciavano a volare i primi uccellini, rimaneva una leggere brina sulle foglie e il paesaggio era così tranquillo e silenzioso.
Scesi le scale, cercando di non farmi sentire da mio padre, che aveva un sonno molto leggero, anche una singola goccia di pioggia riusciva a svegliarlo: in questo eravamo estremamente uguali, dato anche dalla mia voglia di scoprire il mondo di prima mattina.

Scesi le scale, ricordando due sere prima, quando Abigail, ritornò, cioè, mi fece ritornare a casa così ubriaca da farmi addormentare sugli scalini, con Ashton svenuto nel porta-ombrelli.
Per fortuna che se ne andò in fretta, dopo un mese di divertimento sfrenato, finalmente era arrivato un po' di quiete con la mia venuta.
Ancora un po' tremolante, mi diressi verso il parco vicino al centro sportivo.

"Stupendo.." sussurrai, facendo una piccola giravolta per ammirare a 360° il panorama.
Mi sedetti a terra, pronta a togliere fuori dallo zaino tutto l'occorrente: un pacco di biscotti, la tela, i colori e un pennello.
Cominciai a dipingere ciò che più mi affascinava, come l'alba che stava per sorgere, leggermente coperta da alcuni alberi che stavano di nuovo diventando rigogliosi e pieni di foglie.

Era passata un'ora quando sentii il rumore di ramoscello calpestato.
Mi girai, non trovando nessuno.
Cominciò a salirmi un po' di ansia..Perché una persona dovrebbe correre al parco alle 5 di mattina?
Presi i colori e il pennello e li misi velocemente nello zaino, sperando di aver solo avuto un'allucinazione.
A volte, le medicine mi causavano questo effetto collaterale, facendomi passare ancora di più per una pazza.
A questo pensiero mi calmai, sedendomi a terra, continuando a guardarmi intorno: la tranquillità di questo posto mi provocava un senso di pace.

Sentii, ancora una volta dei passi, che interruppero i miei pensieri.
Mi voltai di scatto e trovando ,finalmente, un viso a fissarmi.

Le occhiaie le scavavano il volto, le labbra secche, date per il freddo mattutino, e per i suoi pantaloncini.
I suoi occhi erano neri come la pece, proprio come i suoi capelli, legati in una coda disordinata.
"Correre alle 5 di mattina..non è molto normale." pensai.
"Forse è solo un'allucinazione"
Mi avvicinai, e le diedi un pizzicotto.

"Ma che cazzo fai?" fece qualche passo indietro, massaggiandomi il punto dove avevo pizzicato.
"Scusa, volevo solo vedere..." dissi io imbarazzata.
"Vedere cosa?"
"Se tu fossi solo un'allucinazione." spiegai, grattandomi la nuca, mi avrebbe preso sicuramente per una matta.
Per non finire lì la conversazione, mi sedetti, presi un biscotto e le feci cenno di fare lo stesso.
Quella ragazza mi incuriosiva, mi assomigliava molto, anche essendo completamente l'opposto di me in fatto fisico.
Cominciò a sgranocchiare il biscotto e io cominciai a parlare..."Perché stai correndo alle 5 del mattino?"
"Beh..non ne parlo con nessuno di questa cosa.." sussurrò, abbassando il capo.
"Ti assicuro che io, non solo ne ho sentite, ma anche vissute cose molto strane. Anzi, continuo a viverle.." la rassicurai, vedendola sorridere leggermente.
"Emh, allora, io soffro di questo disturbo chiamato Dromomania, che mi costringe a camminare, per ore e ore, senza una meta. Io odio la sensazione di sottomissione dal mio stesso cervello." spiegò, facendomi capire che cosa io, sin dall'inizio, avevo notato nel suo sguardo.
"Tu invece?" chiese.
"Beh..io sono solo una ragazza che è venuta a dipingere un panorama mattutino." feci spallucce, per poi sorridere.
"Comunque io sono Clarissa.." mi porse la mano, con le unghie perfettamente laccate di nero.
"Io sono Corine.." le porsi invece la mia, con le unghie tutte mangiucchiate e piene di colore, dato dalla pittura di qualche minuto prima.

Mentre continuavamo a parlare del più e del meno, scoprimmo di frequentare la stessa scuola, e Clarissa mi raccontò qualche storia divertente che le era capitata,grazie al suo disturbo.
All'improvviso, si alzò e prese la mia tela, ammirando ciò che avevo fatto.
"Che talento.." affermò, poi spiegarle di aver avuto una borsa di studio, e di essere stata riconosciuta tra le più talentuose del sobborgo in cui vivevo.
Rimase impressionata da tutto ciò: una 15enne con così tanta dote, non era nemmeno normale, ancora di più dopo averle raccontato di riuscire a disegnare emozioni interiori.

"Scusa se te lo chiedo...ma cosa intendevi prima con "continuo a vivere cose strane"?" domandò con un luccichio di curiosità nei suoi occhi.
"Diciamo che è...una mia caratteristica che si nota con molta evidenza. Te ne potrai accorgere tranquillamente da sola.." le spiegai, sparando di rimanere più tempo possibile, o almeno, di non farle conoscere subito Viola o Cara.

Wrong » mgcDove le storie prendono vita. Scoprilo ora