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"Che ne dici se non andiamo a scuola? Un po' di shopping non fa mai male!" proposi alla mia amica, che provava, da almeno una mezz'ora, a fare una treccia decente.
Si girò, con i suoi capelli in mano, e una faccia disperata: era segno che, quella maledetta treccia, gliela avrei dovuta fare io.
Ero una vera potenza nel fare acconciature o linee di eye-leiner perfette, di certo non ero come Corine, ma...ehy, non era di certo un gioco da ragazzi.

Continuai a intrecciare i suoi capelli, quando lei afferrò il telecomando della radio e la accese, facendo partire a tutto volume My songs know what you did in the dark, dei Fall Out Boy, una delle poche band in comune, sia con Zoe che con  Corine, cominciando a farmi domande sulle sedute dallo psicologo.
"Beh..la domanda importante è...C'è qualche bel ragazzo?"
"Oddio..pensi solo a quello!" dissi, volendolo rimangiare all'istante... non ero proprio la persona adatta per affermare ciò.
Si alzò, mettendo una mano su un fianco, e un'altra la usava per indicarmi.."Tu." mi puntò un dito sul mio metto, fasciato da una camicia di flanella verde.
"Proprio tu insulti me. L'avrei capito da Zoe, o da chiunque altro, ma non da te, "Abigail scopereiunpalosesipotesse Scott". "
"Grazie Clar, sempre gentile." pensai, per poi ricordare due occhi verdi e delle labbra rosse che avrei tanto voluto assaggiare.
"Ma dai!" le lanciai in faccia il mio Winnie The Pooh, colpendola in piena fronte con la batteria che faceva canticchiare il pupazzo.
A volte avevo proprio una mira perfetta.
"Non andrei mai a letto con un palo.." ridemmo, mentre la ragazza davanti ai miei occhi continuava a massaggiarsi le tempie.

"Clar, sei pronta?" le pregai, appuntandomi mentalmente di non lanciarle mai più niente in testa: le era rimasta una macchia rosso fuoco, che la fece completamente impazzire.
Sentii il mio telefono vibrare nella tasca del pantalone, segno che Calum aveva notato la mia assenza, invece, con mia sorpresa, a chiamare era proprio Ashton.
"Ash, va tutto bene?" chiesi, leggermente preoccupata, e, sentendo un silenzio tombale dall'altra parte del telefono, spezzato a volte dal suo respiro, cresceva dentro di me una strana sensazione, come se una piccola corda si stesse spezzando piano piano.
"Ash...ti prego rispondimi!" lo supplicai, decidendo di chiudere e raggiungerlo in macchina.
"Clar, non mi interessa se hai ancora la felpa del pigiama, dobbiamo correre a casa di Ashton. Ho uno strano presentimento.." cominciai ad annaspare, correndo fuori casa, senza rendermi conto di essere uscita struccata.
Per Ashton Irwin ero uscita senza nemmeno un filo di trucco, momento piu unico che raro.

Parcheggiai la macchina, non interessandomi nemmeno di aver buttato giù un cassonetto della spazzatura.
La porta era socchiusa, così corremmo subito al
piano di sopra, trovando un buio pesto, dato dalle finestre chiuse, e Ashton sul punto di svenire, che farfugliava parole senza senso. Le sue pupille erano scomparse, lasciando intravedere solo bianco.
"Che cos'ha?" andò in panico Clarissa, camminando avanti e indietro, per poi uscire dalla stanza e fare il giro della casa.
Era più forte di lei, l'ansia e la paura facevano intensificare il suo problema.

"Devo chiamare un ambulanza.." mormorai, con le lacrime agli occhi, ma un braccio bloccò la mia presa sul telefono.
"Ti prego non far-" si bloccò, per poi vomitare tutto ciò che aveva in corpo.
Feci qualche passo indietro, facendo sbattere la
schiena contro la scrivania, aggiungendo alla disperazione anche un forte dolore.
Mi alzai, aiutando a fare la stessa cosa al
riccio, per poi stenderlo sul letto.

Intrecciò la sua grande e calda mano con la mia, piccola e fredda.
Non potevo perderlo.
Non potevo perdere l'unica mia vera luce, in questo mondo buio e triste. 
Non ero una persona che riusciva a provare sentimenti forti, avevo un carattere autodistruttivo, destinato a rimanere solo: appena una persona si affezionava a me, rompevo ogni legame, anche contro la mia stessa volontà.
Non dicevo mai veramente "ti voglio bene", eppure, ora avevo bisogno di urlarlo.
Stavo esprimendo un desiderio in un buio incerto, in cui non era sicuro ciò che sarebbe successo. Quel buio bugiardo, che prima o poi mi avrebbe lasciato un segno.

"Non chiamare nessuno, ti prego." sussurrò, accarezzando con il pollice il dorso della mia mano, per poi addormentarsi in un sonno profondo.

"Non è morto vero?" chiese Clarissa, ritornando all'improvviso dalla sua passeggiata.
"Cazzo no!" quasi urlai, sentendo poi mormorare il ragazzo, che ancora non aveva lasciato la mia mano.
"Scusatemi.." sussurrò Ashton.
"Di cosa?" chiedemmo in coro, per poi avvicinarci ancora di più a lui.
"Per avervi fatto spaventare. Non era mia intenzione." piagnucolò.
"Ash, non ti preoccupare. Solo...che cosa hai preso?" disse Clarissa, con tono materno.
"Eroina." sussurrò così piano, per la vergogna, che noi sentimmo appena.
Okay...dovevo respirare.
Dovevo respirare e contare fino a 5.
"1, 2...gli do uno schiaffo così forte da farlo svenire di nuovo.
3, 4...schiaffeggio prima me, per non essermi resa conto di ciò che stava accadendo.
5...era ancora in questo mondo, si era ripreso velocemente, era cosciente e ora lo avrei rimesso in riga io." riflettei.

"Tu da oggi starai 24h su 24 sotto la mia supervisione, e non metterai nessuna, e dico nessuna medicina, in bocca, prima di non averla controllata io stessa." lo minacciai, con voce ancora tremolante per la preoccupazione.
"Oh...e se provi a farti un altra volta di eroina, ti faccio arrivare io con uno schiaffo in un altro mondo."

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