Sei

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Sei. Al sicuro.

Gerard P.O.V.

Per un secondo pensai che avrei speso il resto del mio tempo da solo, a pensare e pormi delle domande, a cercare di capire il senso della vita, ma improvvisamente bussarono alla mia porta.

"Gerard posso entrare?" La voce di Mikey echeggiò da dietro la porta. Stare da solo era al momento la cosa migliore per me, e le persone sapevano di non dovermi disturbare quando ero chiuso in camera mia. E con 'persone' intendo Mikey, a pensarci lui era l'unica persona che avevo. "Gerard?" Mi alzai dal bordo del letto e lentamente camminai verso la porta, aprendola e rivelando un Mikey in lacrime.

Gli feci cenno di entrare e sedersi, mentre io rimasi davanti la porta. "Gerard, stai bene?" Mi chiese con tono agitato, facendomi sentire in colpa per avergli urlato contro poco prima.

"Si, va tutto bene." Risposi, ma la mia risposta non sembrò convincerlo.

"Senti Mikey, non preoccuparti per me. Posso badare a me stesso, non ho bisogno che nessuno mi controlli come se fossi un bambino."

Dopo aver guardato il suo viso, dovetti stringerlo in un saldo abbraccio per fargli sapere che gli volevo bene nonostante il mio comportamento facesse capire tutto il contrario. "Ti voglio bene Mikes, e non posso prometterti niente ma cercherò di aggiustarmi."

"Ti voglio bene anche io fratellone, e grazie per voler provarci."

Sapevo che le cose non sarebbero cambiate. Sarei rimasto lo stesso schifo che ero.

"Adesso vado a letto, dato che domani abbiamo scuola." Disse sbadigliando.

"Ok. Buonanotte."

"Notte."

Di nuovo, la solitudine tornò nella mia stanza. Dormire non era necessario per me, mi ero abituato a stare sveglio per cercare di stare lontano dagli incubi. Per me era difficile chiudere gli occhi e riaprirli solo la mattina seguente come fanno tutte le persone. Penserete che io non fossi normale. Le uniche cose che mi tenevano lontano dalla noia erano carta e penna. Mi piaceva disegnare. Era il mio unico modo di esprimermi senza che le persone mi giudicassero.

Dopo aver disegnato per ore senza pausa, il mio disegno venne fuori in maniera viva. Era una persona, qualcuno che sembrava così familiare, che però non ricordavo. I suoi occhi erano bellissimi, le sue labbra sottili si allargavano sul suo volto in un sorriso, i capelli ricoprivano parte del suo viso, in pratica era il più bel disegno che avessi mai fatto. Ero sicuro di averlo visto in qualche sogno, o meglio, in qualche incubo pieno di dolore.

"Woah."

Mi girai velocemente per vedere chi aveva parlato ma non c'era nessuno, solo ombre. La mia mente a volte mi distruggeva. Non potevo sopportarlo, soffrivo così tanto.

"Hai un gran talento."

Finalmente lo vidi, il ragazzo dei miei incubi, quello che avevo disegnato, quello con cui avevo parlato al cimitero e che mi aveva fatto diventare pazzo. "Chi diavolo sei? Perché continui a farmi questo?"

"Io- uhm, volevo solo vedere se stavi bene."

"Beh tu sei qui, quindi la mia mente non sta affatto bene."

"Mi dispiace per essere spuntato dal nulla ed averti spaventato in quel modo."

"Cosa vuoi da me? Che cosa sei? Da dove sei venuto?" Tutto sembrava uno di quegli stupidi, scadenti telefilm di fantascienza.

"Non voglio farti del male o causarti dell'altro dolore, davvero, quindi me ne andrò."

"No, non voglio che tu te ne vada prima di avermi dato delle risposte!"

"Mi dispiace." Sussurrò per poi dissolversi nell'ombra.

Quella sarebbe stata davvero una lunga notte.

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"Gerard, svegliati o arriveremo in ritardo."

"Cosa?"

"Hai dormito troppo."

Spalancai gli occhi a quelle parole. Non dormivo una notte intera da un sacco di tempo. Girai la testa verso la sveglia e lessi 7:30. "Calmati Mikes. La scuola non comincia prima delle 8:05."

"Si ma non stai considerando il tempo che ci metti per prepararti e per guidare fin lì. Arriveremo in ritardo."

"Ok, ok. Mi sto alzando. Esci fuori così posso cambiarmi."

"Non metterci troppo."

"Non lo farò."

Non appena mi lasciò solo, mi cambiai con dei jeans ed una maglietta. Non mi preoccupavo mai di sistemarmi i capelli, quindi li lasciai così com'erano. Quando fui pronto, vidi Mikey aspettarmi davanti la porta d'ingresso.

"Ci hai messo troppo."

"Saranno stati cinque minuti al massimo. Hai tu le chiavi?"

"Si, andiamo."

Salimmo in auto e guidai il più velocemente possibile dato che Mikey mi metteva fretta. All'improvviso il mio piede premette il freno, facendoci fermare di botto.

"Ma che diavolo Gerard?"

Mi girai a guardarlo. "Scusa, quel ragazzo si è messo in mezzo alla strada."

"Quale ragazzo? Non c'è nessuno qui."

I miei occhi tornarono sulla strada, esaminando ogni angolo che potevano, ma di quel ragazzo neanche l'ombra. Erano di nuovo i miei incubi?

"Gerard?"

"Scusa."

"Hai preso le tue medicine?"

"Si." Lui aggrottò le sopracciglia, non sembrava convinto. "Ti giuro che l'ho fatto."

Lasciò andare un lungo respiro prima di parlare ancora. "Sono molto preoccupato per te." Scossi la testa e continuai per la strada. Quando arrivammo, vidi le stesse, solite persone che amavano farmi del male. Camminai lungo il corridoio principale, evitando il contatto visivo.

"Corri prima che possano prenderti." Mi girai ma non vidi nessuno. "Ti sto avvertendo, corri via da qui." E poi lo vidi, il ragazzo dei miei disegni, la personificazione della mia condizione mentale, mi stava avvertendo di andare via dal dolore.

"Eccolo qui!" Esclamarono.

Girai i tacchi, e cominciai a correre più forte che potevo. Non ero per nulla atletico, il che mi diede qualche problema, ma non mi sarei fermato, non questa volta.

"Vieni, da questa parte." Lo seguii, sperando di arrivare in qualche posto sicuro. Dopo aver corso per minuti interi, iniziai a realizzare dove stessimo andando. L'unico posto in cui potevo sentirmi al sicuro e di cui sentivo di far parte. Il cimitero.

Quando ci fermammo, caddi a terra in cerca d'aria. Non avevo mai corso così tanto in tutta la mia vita, ma era comunque meglio del dolore che avrei provato se fossi rimasto in quella scuola.

"Stai bene?" Chiese improvvisamente.

"Si, sto bene. Come facevi a sapere che mi avrebbero picchiato in quel momento?"

"Li ho sentiti parlarne."

"Che cosa sei?"

"Diciamo solo che non sono come te." Abbassò lo sguardo sul terreno, non volendo incontrare il mio.

"Sei- Sei morto?"

"Ecco... Si. Sono morto."

Like Ghost In The Snow.// Frerard.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora