Belle si svegliò tardi quella mattina.
Il motivo era che aveva passato metà della notte a piangere e a pensare al padre.
Erano le undici e ventitré, si alzò, andò a prendere dei vestiti dall'armadio e vide che ce n'erano di nuovi. Vide una camicia nera con sopra stampate delle rose rosse, la afferrò insieme ad un paio di jeans grigi nuovi. Andò in bagno e si lavò poi si vestì e scese giù.
Sebastian era in salotto a disegnare su uno sketch book, Belle si avvicinò ma lui chiuse l'album prima che lei potesse vedere cosa stesse disegnando.
«La colazione è alle otto e mezza della mattina, ti ho lasciato delle fette biscottate con la marmellata»
«Grazie...» lei abbozzò un sorriso. «Posso ved...» allungò la mano per aprire l'album da disegno.
«No» disse lui.
Belle ritrasse in dietro la mano.
Delusa andò nella sua camera, prese il suo vecchio album ormai con quasi tutte le pagine piene e decise di andare a disegnare fuori il giardino della villa.
Mentre stava per uscire la voce di Sebastian la interruppe.
«Dove vai?» lei si voltò. Si disse che, ripagarlo con la sua stessa moneta non sarebbe stato tanto male.
«Non ti riguarda» esclamò lei aprendo la porta. Lui la afferrò per il polso con una tale forza che le fece girare la testa.
«Oh invece si che mi riguarda! Ho promesso a tuo padre che mi sarei preso cura di te e non posso permettermi di perderti di vista!» il suo tono di voce era spaventoso. Sembrava che da un momento all'altro lui si sarebbe trasformato in un mostro e l'avrebbe mangiata.
«Io non sono una bambina, so badare a me stessa».
Lui la guardò, non sapeva cosa dirle.
«Vai in camera tua» abbaiò lui.
«Tu non sei mio pa...»
«Sbrigati!» gridò.
«Sei un insensibile!» gridò Belle con gli occhi lucidi.
Lui la afferrò per le spalle e la sbatté con la schiena contro la parete, mise le mani sul muro ai lati della sua testa e fulminandola con lo sguardo ringhiò:
«Tu non sai nulla di me e dei miei sentimenti! Non dirlo mai piu» prima urlò, poi la sua voce divenne dura e fredda come la pietra.
Belle corse via con l'album e le matite in mano passando sotto il suo braccio destro, fece volare via alcuni fogli ma non ci fece caso. Era troppo impegnata a correre via nella sua stanza per evitare di mostrare a quel mostro le sue lacrime.
Si sbatté la porta alle spalle e chiuse a chiave. Buttò a terra quel che aveva in mano senza pensare che le mine delle matite si sarebbero rovinate.
Si fiondò verso il letto e pianse.
«Non può darmi ordini!» gridò lei con la bocca sul cuscino per non farsi sentire. «Lui non è mio padre! Non può dirmi cosa devo fare e dove devo andare!»
Saltò il pranzo. Passò metà del pomeriggio a piangere.
Quel mostro è un insensibile. Pensò.
L'altra metà del pomeriggio la passò di fronte la finestra a disegnare la foresta dietro il giardino della villa.
Non voleva presentarsi neanche a cena. Aveva una fame da lupi ma non voleva rivedere Sebastian.
Sapeva che non avrebbe potuto continuare così a lungo ma poco le importava, decise che avrebbe mangiato quando lui era nella sua stanza e lei non lo avrebbe incontrato.
Alle 21 sentì bussare alla sua porta.
«Belle...» borbottò lui. La ragazza non rispose. Era una questione di... orgoglio. «Perdonami per quel che è accaduto oggi. Mangia qualcosa...» aspettò a lungo una risposta lei, che si avvicinò alla porta più silenziosamente possibile e si attaccò ad essa senza far rumore.
«Rispondi, so che sei sveglia» lei non diede cenno di risposta. Si chiese se le scuse fossero vere.
D'un tratto il rumore dello stomaco affamato della ragazza rovinò tutto. Si portò subito le mani sulla pancia cercando di farlo smettere.
Sebastian si accorse che lei era proprio dietro la porta, bussò ancora ma non ricevette risposta, fece per andarsene poi tornò in dietro.
«La cena è in sala da pranzo...» sembrava triste. Se ne andò.
La ragazza sentì la porta della camera del ragazzo aprirsi e poi chiudersi.
Sembravano davvero convincenti quelle scuse...
Aprì la porta e senza far rumore andò in sala da pranzo lasciando la porta della sua camera aperta.
Si sedette e mangiò la carne rossa che lui aveva preparato.
Bevve dell'acqua, sentì un rumore alle sue spalle. Si voltò immediatamente e vide il ragazzo.
Si girò nuovamente e continuò a mangiare fingendosi indifferente.
Si avvicinò a lei, le porse un album da disegno nuovo e i disegni che aveva lasciato cadere a terra mentre correva in camera sua.
«I... i miei disegni... ma come hai fatto ad...»
«Ti erano caduti»
Si vergognò di aver perso i disegni mentre correva in camera sua per sfuggire allo sguardo penetrante di Sebastian.
«Sei brava» ammise lui. «Ho visto che il tuo album è quasi finito... quindi volevo dartene uno nuovo» lei lo guardò negli occhi.
Poi involontariamente passò ad osservare le cicatrici sul suo volto, lui naturalmente se ne accorse e posò l'album sul tavolo andando in camera sua.
Lei finì di mangiare, lavò il piatto e andò nella sua stanza, pensò al padre.
Si mise il pigiama, andò in bagno a fare una doccia e tornò in camera infilandosi sotto le coperte.
«Chissà come stai...» sussurrò con la testa sul cuscino.
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La bella e la bestia •||storia modernizzata||•
RomanceBelle era una giovane diciassettenne che aveva costato la vita a sua madre al momento del parto. Viveva con suo padre, ma lui andò in bancarotta, affidò la figlia ad un ragazzo ricco figlio di un amico di un suo collega dato che non aveva più i sol...